Il CENTRO STUDI SULLA COMUNICAZIONE FACILITATA
(Via
Ezra Pound, 14 - 16030 Zoagli Tel. 0185 – 233118 0348 - 2697222),
in accordo con la filosofia e le tecniche del Facilitated
Communication Institute dell’Università di Syracuse, si colloca
in Italia quale punto di riferimento per l’informazione, la
formazione e la raccolta dati su questo metodo di comunicazione.
La
Comunicazione
Facilitata
è stata introdotta in Italia da un genitore, Patrizia Cadei, la cui
formazione è stata curata direttamente dal Prof. Biklen, Direttore
del suddetto Istituto all’Università di Syracuse. Inizialmente,
onde evitare appropriazioni scorrette del metodo, l’informazione e
la formazione sono state seguite direttamente dalla Sig.ra Cadei
attraverso l’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti
Autistici). I risultati sono stati talmente incoraggianti da indurre
il Prof. Biklen a sollecitare la formazione di gruppi di
supervisione al metodo in vari punti d’Italia.
I
Gruppi di supervisione alla Comunicazione Facilitata, a cui
rivolgersi per una corretta applicazione del metodo sono:
- ANGSA
MARCHE – D.ssa A. Foglia, Biologa – Sig.ra L. Dottori
- -
ANGSA LIGURIA / CENTRO STUDI SULLA CF – Sig.ra P. Cadei
- Dott.
Raffaele LUCERINI, Psicologo – NAPOLI
·
- Neuropsichiatria Infantile – OSPEDALE GIOVANNI XXIII – BARI
Dott.ssa Silvana Bitetto, psichiatra
Sig.ra Luisa Tricarico, psicomotricista
- USL
20 – VERONA – Centro Ricerca Autismo – Dott. M. Brighenti,
Neuropsichiatra
- Istituto
A. QUARTO DI PALO – Dott.ssa T. Calvario, Neurologa – ANDRIA
- COOP.
DIDASCO – ROMA – Francesca Benassi, Logopedista
- CENTRO
STUDI FUTURA – OTTAVIANO (Na) - Prof. R. Ascione
- ASL
5 – BARI – D.ssa A. Dellarosa, Neuropsichiatra
- COOP.
DI INTERVENTO – MESTRE – Sig.ra Zambon, Psicomotricista,
Sig.ra Orvieto, Logopedista, Dott. S. Vitali, Neuropsichiatra
- ANGSA
PIEMONTE – D.ssa M. Millari, Pedagogista
- COOP.
CULTURA E LAVORO – TERNI – D.ssa M. Garotti, Psicologa
- COOP.
OLIS – CARRARA – Sig.ra Isa Piccini, Psicomotricista
COSA
E’ LA COMUNICAZIONE FACILITATA
LA
COMUNICAZIONE FACILITATA (CF) E’ CONSIDERATA UNA STRATEGIA DI
COMUNICAZIONE AUMENTATIVA/ALTERNATIVA.
- Il
suo utilizzo consente ad una persona con problemi di
comunicazione di esprimere, attraverso un intervento graduale,
il pensiero intrappolato a causa di una comunicazione verbale
nulla, insufficiente o stereotipata.
- La
CF comporta l’utilizzo di un "mezzo", fotografie,
simboli, tastiera di carta, tastiera elettrica, ecc.
- Utilizza
inoltre un accesso diretto e dipendente per costruire un futuro
accesso diretto ma indipendente.
GLI ELEMENTI DELLA TECNICA
INCLUDONO:
Supporto fisico
* mai una guida al movimento,
semmai un allenamento ad un ben preciso ed individualizzato.
Lavoro strutturato
* iniziando con risposte
semplici e prevedibili per arrivare ad una conversazione aperta e
spontanea.
Richiesta continua di attenzione
* ignorando, interrompendo o
correggendo il linguaggio stereotipato, intervenendo sul
comportamento ossessivo incoraggiando il contatto oculare con
l’obiettivo
La
comunicazione facilitata altro non é che il supporto fisico
iniziale mano-su-mano oppure mano-su-braccio, per permettere al
soggetto con sindrome autistica o comunque alla persona con problemi
di comunicazione, di compiere scelte esatte nell’indicare delle
figure, degli oggetti o delle lettere. Il facilitatore NON GUIDA il
facilitato nella scelta, ma piuttosto stabilizza il movimento e, in
alcuni casi, effettivamente rallenta la mano della persona che si
accinge a compiere una scelta.
IL
SUPPORTO FISICO AIUTA IL SOGGETTO A SUPERARE ALCUNE DIFFICOLTA’
FISICHE ( NONCHE’ EMOTIVE) SPECIFICHE, QUALI UNO SCARSO
COORDINAMENTO OCCHIO-MANO, UN BASSO TONO MUSCOLARE, UN ELEVATO TONO
MUSCOLARE, PROBLEMI NELL’ISOLARE O ESTENDERE IL DITO INDICE,
PERSEVERANZA NELL’ESECUZIONE DI UN COMPITO, UTILIZZO DI ENTRAMBE
LE MANI PER ESEGUIRE UN COMPITO CHE NE RICHIEDEREBBE UNA SOLA,
TREMORI, INSTABILITA’ MUSCOLARE, PROBLEMI NELL’INIZIARE UN
COMPITO SU COMANDO, IMPULSIVITA’ (Crossley 1990). Con il passare
del tempo il supporto regredisce ad un semplice tocco sulla spalla
fino ad arrivare all’indipendenza nello scrivere.
STRATEGIE INIZIALI
PARLARE
AL SOGGETTO ESATTAMENTE COME SI PARLEREBBE AD UN SOGGETTO NON
DISABILE DELLA STESSA ETA’;
SPIEGARE
AL SOGGETTO CHE IL SUPPORTO MANO-SU-MANO o MANO-SU-BRACCIO o POLSO
SI E’ MOSTRATO EFFICACE CON ALTRI RAGAZZI /RAGAZZE CON
DIFFICOLTA’ DI ESPRESSIONE;
AIUTARE
INIZIALMENTE IL SOGGETTO A NON FARE ERRORI, TIRARE VIA LA SUA MANO
DA UNA SELEZIONE CHIARAMENTE ERRATA (SE INDICA AD ESEMPIO PER LA
TERZA VOLTA UNA STESSA LETTERA);
RICORDARGLI
IN CONTINUAZIONE DI FOCALIZZARE L’ATTENZIONE SUL COMPITO ASSEGNATO
(TASTIERA O ALTRO OBIETTIVO);
INIZIARE
SEMPRE E SOLO CON DOMANDE STRUTTURATE, UNA ALLA VOLTA; FATEGLI
RIEMPIRE GLI SPAZI VUOTI DI UNA FRASE OPPURE COMPLETARE UNA FRASE
INTERROTTA.
La
facilitazione permette di compensare i problemi neuromotori la cui
importanza non è stata sufficientemente sottolineata nei casi di
handicap mentale. E’ un pezzo del rompicapo che mancava al quadro
clinico e che ci rivela l’altra faccia dell’autismo. Questi
problemi neuromotori sono passati inosservati nelle persone con
sindrome autistica, le quali, molto spesso, sono agili nei movimenti
riflessi ed automatici. Ma è il controllo volontario del movimento
che è in discussione, sia a livello dei movimenti ampi che dei
movimenti fini necessari all’esecuzione della parola.
Le
persone con autismo possono essere considerate disprassiche e non
sono sempre in grado di eseguire movimenti su richiesta; ci mettono
troppo tempo a programmarli, non riescono ad iniziarli, continuarli
o fermarli.
Queste
difficoltà sono state osservate da diversi autori già da anni (Maurer
e Damasio, 1982 - Wing e Atwood, 1987), e
corrisponderebbero, in parte, a delle anomalie del cervelletto. Un
recente studio neuro-anatomico (Courchesne)
rivela che 50 soggetti autistici su 53 presentano una ipoplasia dei
lobuli 6 e 7 del verme cerebellare e, a volte, una iperplasia. Le
lesioni del cervelletto rallentano i movimenti, li rendono imprecisi
e obbligano la persona a fare uno sforzo per "pensare" in
sequenza alle fasi di preparazione ed esecuzione di una azione.
PERCHE’
E’ NECESSARIO IL CONTATTO FISICO?
Ipotizziamo
che alla base del disturbo ci sia un difetto di programmazione e
sequenziazione. Tale disturbo influirebbe sulla capacità di
organizzare e riadattare in modo volontario i programmi motori. I
ragazzi con sindrome autistica presentano una dissociazione
automatico-volontaria: chiediamo loro di saltare e non lo fanno,
come se non lo sapessero proprio fare, o non comprendessero il
comando, ma, dopo un po’ verosimilmente, li vediamo saltare.
Chiediamo di pronunciare una lettera e non otteniamo risposta, ma,
poco dopo li sentiamo pronunciare una frase che contiene diverse di
quelle lettere con le quali aveva fallito la ripetizione, e via
dicendo.
Quando
si ha un difetto di programmazione, per iniziare un programma
motorio è necessario l’aiuto di uno "starter". Il
facilitatore ha questa funzione di "starter" che esercita
sia con il contatto fisico che con la sollecitazione verbale e il
messaggio empatico.
La
programmazione di un movimento è una concatenazione e sinergia di
eventi e capacità quali:
- avere
una corretta informazione sulle caratteristiche della
stimolazione esterna in entrata (corretta integrazione
sensoriale)
- corretta
integrazione centrale dello stimolo
- decisione
di agire in un certo modo (intenzionalità)
- previsione
dello schema motorio necessario per agire
- attivazione
dello schema motorio e controllo di esso durante il corso
dell’azione (corretta propriocezione per il feed-back)
- feed-back
di ritorno che confermi il fatto che l’atto motorio è stato
compiuto secondo le previsioni.
La
non funzionalità o l’imperfetta sinergia di una di queste
componenti genera la scorretta motricità che, alla fine porterà ad
una caduta dell’intenzionalità stessa e al rifiuto di
concentrarsi sull’azione da compiere.
COME SI ACCEDE IN ITALIA
ALLA COMUNICAZIONE FACILITATA?
Attraverso
progetti individualizzati. Una persona esperta nell’uso del
metodo
Effettua una valutazione di ogni
singolo futuro candidato stilando un progetto iniziale e,
contemporaneamente, istruendo, attraverso una formazione specifica,
ogni singola persona (il facilitatore) che inizierà ad utilizzare
la CF con il ragazzo/a facente parte del progetto.
Come
già indicato, l’accesso alla CF in Italia avviene unicamente
attraverso uno dei punti di supervisione
nominati.
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