La "finanziaria 2000" non fa riferimenti espliciti
all'handicap. Viste le esperienze precedenti questa cosa potrebbe essere registrata come un
fatto positivo. Vista invece nella prospettiva di costruzione di nuove
politiche di rafforzamento dell'integrazione delle persone disabili e
di sostegno alle loro famiglie ciò costituisce un fatto decisamente
negativo. Questo fatto, ancora una volta, è stato messo in evidenza
dai rappresentanti dell'associazionismo dei familiari delle persone con
gravi handicap. Tra le tante questioni rimaste irrisolte dai
provvedimenti adottati negli ultimi tempi, ricordiamo due pesanti
problemi che le famiglie chiedono, senza successo, che vengano presi in
considerazione.
1. Pensionamento agevolato.
Da molto tempo i familiari delle persone con handicap in situazione di
gravità chiedono la possibilità di ritiro dall'attività lavorativa
per
potersi dedicare a pieno tempo all'assistenza dei loro congiunti.
A questa richiesta vari governi hanno risposto scuotendo la testa.
Ricordiamo che la questione è stata all'origine della formulazione del
famigerato (per l'ambiguità dell'enunciazione) ma utilizzatissimo
articolo 33 della legge 104/92, quello che prevede permessi orari o
giornalieri ai lavoratori. All'origine di questa norma vi era infatti
una preoccupazione sostanzialmente diversa: quella di concedere ai
lavoratori ed alle lavoratrici familiari di persone con handicap grave
- che si ritirano dall'attività lavorativa per assistere i propri
familiari - la facoltà di versare contributi per maturare il diritto,
una volta raggiunta l'età di riferimento, di conseguire un trattamento
pensionistico. Questa norma però fu considerata troppo gravosa per la
finanza pubblica e il legislatore si limitò ad approvare la norma dei
permessi, che oggi consente (con costi molto più alti di quelli inizialmente previsti) benefici frammentati anche
per familiari di handicappati dalla situazione non sempre del tutto chiara. Norma che
comunque va considerata non equa, dal momento che viene gestita in
maniera differenziata nei comparti dell'impiego pubblico e di quello
privato, senza che il Governo si decida a richiamare le amministrazioni
competenti al rispetto delle linee guida suggerite dalla Commissione
interministeriale per l'handicap. E' però ormai molto probabile che la
questione venga risolta dalla normativa in via di approvazione sui
congedi parentali.
Va ricordato poi che la stessa legge 335/95 (riforma del sistema
pensionistico) contiene una norma che dà una risposta insufficiente
(tra l'altro utilizzabile solo dai lavoratori per i quali si applica il
sistema contributivo) consistente nel riconoscimento di un accredito
figurativo a copertura delle assenze (per assistenza ali figli, al
coniuge, al genitore che siano in condizione di handicap) per un
periodo massimo di venticinque giorni complessivi l'anno, nel limite massimo
complessivo di ventiquattro mesi. Rimane quindi aperto il problema del pensionamento anticipato dei
familiari di persone con grave handicap e si registrano invece
interventi di freno da parte dei ministri competenti nei confronti
degli emendamenti ( tesi alla concessione ai genitori di disabili in
situazione di gravità, di periodi di contribuzione figurativa per
permettere loro di anticipare il pensionamento per curare i loro figli)
proposti al disegno di legge contenente "Disposizioni per il
sostegno della maternità e della paternità per il diritto alla cura e alla
formazione e per il coordinamento dei tempi delle città".
2. Assistenza economica
L'anno scorso avevamo previsto (o meglio preso atto) che la partita
vera a riguardo della riorganizzazione delle prestazioni assistenziali di
tipo economico per le persone disabili si sarebbe giocata tutta nell'ambito della riforma generale dell'assistenza.
In questa sede si sta cercando di ancorare le prestazioni a progetti di
inserimento, di sostegno dell'autonomia personale, di sostegno del
nucleo familiare. L'idea è da noi condivisa. Eppure ci sembra che nella ricerca di soluzioni pratiche si sia lontani
dall'idea di realizzare strumenti di supporto alle famiglie che si
ritrovano sole a far fronte al problema dell'assistenza alle persone
con grave
handicap.
Nel disegno di legge in questione, infatti, si prevede l'istituzione di
un'indennità per l'autonomia di disabili gravi o
pluriminorati. Dall'altra parte viene prevista un'indennità di cura e di assistenza
per ultrasessantacinquenni totalmente dipendenti.
Ora non si capisce cosa fare delle persone handicappate in situazione
di gravità e bisognose di assistenza permanente continuativa e globale
(terzo comma dell'articolo 3 della legge 104/92) al di sotto dei 65
anni. Quelle persone, giovani o meno, le cui prospettive di autonomia
personali nessuno può escludere in maniera definitiva ma che rimangono
come un sogno nel vissuto quotidiano dei loro familiari.
E' lecito pensare ad un'indennità per i disabili motori, sensoriali o
anche intellettivi e psichici che hanno bisogno di accompagnamento (o
di sostegno) per il compimento degli atti della loro vita quotidiana (tra
cui quelli relativi al lavoro). E' altrettanto lecito riconoscere il
diritto all'indennità per gli ultrasessantacinquenni "totalmente
dipendenti" (ahinoi! ad ogni passaggio si trova un nuovo concetto
che poi occorrerà definire). Non si capisce però perché quest'ultima
indennità non possa essere riconosciuta alle persone di età diversa.
Perché, in altri termini, legislatori e suggeritori governativi non
accettano di prevedere una prestazione di assistenza economica per la persona il cui handicap comporta un bisogno di
assistenza "permanente continuativa e globale"?
Ora, se può essere accettabile un segmento di assistenza riservato
agli "over 65" - che costituiscono la maggior parte dei
beneficiari dell'attuale "indennità di accompagnamento" - non può
essere accettabile che si sia persa (per via degli abusi) la specificità delle
prestazioni già previste per i "gravi" (pensiamo all'indennità di
accompagnamento ancora in essere e pensiamo a gran parte dei permessi concessi ai sensi
dell'articolo 33 sopra citato). Non è accettabile inoltre che dopo
l'approvazione di una legge specifica per i "gravi" (la
162/98, che ha integrato la legge-quadro "handicap") ci sia ora qualcuno che
pensi a provvedimenti specifici per i "gravissimi", dal momento che
gran parte dei disabili "veri" si sentono autorizzati ad impossessarsi
di ciò che è
destinato ai "gravi".
Sulla legge 162/98, poi, occorrerebbe
richiamare (più che la scarsezza
delle risorse finanziarie ed organizzative) il ricorso ad una delega,
ad un decentramento (ma non è spirito di
sussidiarietà) agli enti locali
senza che nessuno si preoccupi di verificare se questi sono in
condizione di elaborare e gestire specifici progetti di sostegno alle
condizioni di vita della persona gravemente handicappata.
Nonostante, quindi, i controlli e le verifiche che si succedono non si
arriva mai a focalizzare le opportune risposte alle diverse
specificità vissute all'interno della condizione di "handicap".
Intanto, tardano ad essere definiti i nuovi criteri e procedure per
l'accertamento delle condizioni di disabilità (ma nel disegno di legge
di riforma dell'assistenza si continua a parlare di "invalidità
civile") richiesti anche dalla recente legge 68/99 (norme per il diritto al
lavoro dei disabili). Il ritardo non è però attribuibile
all'incompetenza degli esperti chiamati in causa quanto, tra l'altro,
alle continue pressioni esercitate dagli enti previdenziali ed
assicurativi che stanno giocando una pesante partita per impossessarsi
a tutto raggio delle competenze (riabilitative, assicurative,
previdenziali, oltre che preventive ed altro) esercitabili in questo
ambito. Su altre cose occorrerebbe ugualmente riflettere sempre pensando alle
famiglie dei "gravi", quali la irrisolta questione delle
agevolazioni fiscali per l'acquisto di autoveicoli - anche quando la natura della
minorazione non richiede adattamento agli stessi veicoli - e nonostante
che proprio queste famiglie, in rapporto alla natura "psichica o
intellettiva" della minorazione sono maggiormente vincolate
all'uso di
veicoli privati. Preferiamo rimandare però questa riflessione ad
un'altra occasione.
Intanto, ci si appresta tutti a celebrare la Conferenza nazionale per
l'handicap. Qualcuno aspettava questa iniziativa come un'occasione per
riflettere a tutto campo e per impegnare le diverse organizzazioni di
partecipazione sociale per vedere come nella società può essere
possibile riorganizzare le risposte specifiche e come partire da queste
per costruire una nuova cultura dell'integrazione.
Numerosi segnali fanno capire però che ci si è illusi ancora una
volta.
|