I DOCUMENTI

"Cosa è successo a Greggio e a Vercelli nel maggio del '45 ?"

Sono ormai trascorsi 55 anni da un fatto che, molti di noi, ancora oggi commemorano ogni anno sul ponte del canale Cavour a Greggio e nel piazzale dell'ex-Ospedale Psichiatrico di Vercelli, ma in realtà, quanti sanno cosa è realmente accaduto in quei luoghi nella notte tra il 12 ed il 13 Maggio del 1945? Quello che state per leggere è il resoconto di una giornata, Sabato 13 Maggio 2000, trascorsa con il giornalista Paolo Pisanò, fratello del recentemente scomparso Giorgio, e Giuseppe Crosio, ricercatore storico vercellese (che, come lui stesso sottolinea, non nutre sentimenti politici affini al mondo fascista) a cui andrebbe fatto un solenne encomio per il lavoro svolto, inerente questo fatto allucinante che sto per raccontarvi. Avevo sentito parlare di questa vicenda fin dai miei primi giorni di attivismo politico a Vercelli, assai prima della "svolta di Fiuggi", furono Alberto Cortopassi e Massimo Bosso infatti a raccontarmi che, nel Maggio del '45 a guerra finita, una settantina di Fascisti internati allo stadio di Novara, furono prelevati tra i tremila lì deportati, per essere condotti a Vercelli dove avrebbero trovato una morte orrenda. Un Sabato soleggiato, da far girare la testa, ci troviamo con Pisanò in attesa di Crosio, proprio di fronte all'ex-Ospedale Psichiatrico di Vercelli; mentre aspettiamo arriva la giornalista del Giornale, Maria Grazia Grippo, unica rappresentante della stampa ad interessarsi a questa vicenda. Di lì a poco giunge Giuseppe Crosio, massimo esperto di quei giorni del '45: fatte le presentazioni, ci avviamo in quattro - Pisanò, un operatore televisivo, Crosio, e chi vi parla - verso l'entrata dell'ex-Ospedale: prima difficoltà, la segretaria infatti non capisce cosa vogliamo fare e non può farci entrare. Pisanò ha la testa dura e insiste: "Signorina, stiamo facendo un servizio televisivo inerente ad un fatto storico qui avvenuto nel '45: ci serve soltanto fare qualche ripresa, di fronte al luogo in cui esso avvenne". Quell'uomo andrebbe comunque ritrovato e -posto fosse ancora in vita- processato , proprio come è stato fatto, ad esempio, con Priebke. All'esterno del luogo ritroviamo Maria Grazia Grippo che, raccogliendo ulteriori elementi, prepara l'articolo che uscirà il giorno dopo sul Giornale. Ci congediamo dalla dolce giornalista per raggiungere Larizzate, dove Crosio spiegherà alla telecamera che lì, altri dieci malcapitati saranno fucilati proprio di fronte a quel muro: l'operatore riprende tutto. Ci spostiamo sul ponte di Greggio, situato a poche centinaia di metri dal casello omonimo dell'autostrada Torino-Milano dove, nel frattempo, centinaia di persone si sono radunate per l'annuale commemorazione in omaggio ai venti Fascisti lì condotti, fucilati, e gettati nel canale Cavour: un cippo realizzato dai combattenti della Repubblica Sociale ricorda l'episodio, proprio nel luogo in cui esso avvenne. Mentre ciò accade, Crosio racconta ancora che all'ex-Ospedale uno dei Fascisti si salvò: credendolo morto, infatti i partigiani non si accorsero che l'uomo riuscì a raggiungere un canale e, seguendolo, ad uscire dalle mura del posto. Alcuni decenni più tardi, questi riuscì a sapere dove uno degli esecutori materiali della strage lavorasse: lo raggiunse e, spiegandogli subito che non era lì né per far del male né per vendetta, chiamandolo con il nome di battaglia, chiese a lui dove il suo Tenente, Danilo Ferro, "quello a cui proprio voi avevate fracassato la testa con dei mattoni", fosse sepolto: superata la sorpresa, l'uomo comunque non indicò il luogo. Sono un ricercatore storico e sto, con altre persone, tentando di ricostruire quello che accadde nel Maggio del '45 a Vercelli. Comunque grazie lo stesso". Giro a Crosio, vero ed unico studioso del caso, la notizia.
Questo comunque è ciò che accadde in alcuni giorni del Maggio del 2000, ora attendiamo il lavoro televisivo di Pisanò girato proprio nei posti di cui s'è parlato e che-appena realizzato- sarà disponibile presso la nostra federazione del Fiamma di Vercelli: per non dimenticare, per non ignorare, per non soprassedere.
 

Lodovico Ellena


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