Dino Grandi. "Il mio paese. Ricordi autobiografici" a cura
di Renzo De Felice. Il Mulino, Bologna,1985
Il mattino del 22 luglio, a casa di Bottai, incontravo Ciano il
quale aveva domandato insistentemente di parteciare alla nostra
azione. Feci presente a Ciano la sua posizione delicata di
genero di Mussolini. Ciano rispose: "Perché non mi volete? Se
mio padre fosse vivo sarebbe con voi". Egli avrebbe parlato in
Gran Consiglio sul tradimento tedesco.
A questo punto si fece vivo in me il desiderio di conferire col
duce prima della riunione del Gran Consiglio. Domandai di essere
ricevuto. L'udienza fu fissata per le ore 17 del 22 luglio.
Nell'anticamera della sala del Mappamondo incontrai il
maresciallo Kesserling per il quale il duce aveva riservato un
colloquio di un'ora. Per me 15 minuti. Il mio colloquio col duce
sarebbe durato invece un'ora e un quarto.
Mentre io parlavo, anticipando a Mussolini quello che avrei
detto in Gran Consiglio, mi accorsi che aveva sotto gli occhi il
testo del mio ordine del giorno, evidentemente trasmessogli dal
segretario del partito. Nessuna ambiguità, nessun infingimento.
Il duce doveva sapere, primo fra tutti, le ragioni e lo scopo
della nostra azione.
Ricordo le parole esatte che il duce, pacatamente, disse prima
di congedarmi. "Hai finito?" mi domandò glacialmente. "Ho
finito". "Ebbene sappi - replicò - alcune cose che dovrai ben
fissarti in mente e sulle quali ti invito a meditare quando
sarai uscito di qua:
1. La guerra è ben lungi dall'essere perduta; avvenimenti
straordinari si verificheranno fra poco nel campo politico e
militare, tali da capovolgere interamente le sorti della guerra.
Germania e Russia si accorderanno, l'Inghilterra sarà distrutta.
2. Io non cedo i poteri a nessuno; il fascismo è forte, la
nazione è con me, io sono il capo, mi hanno obbedito e mi
obbediranno.
3. C'è, è vero, molto disfattismo in giro, fuori e dentro il
regime, ma esso sarà curato a dovere come si merita, non appena
io giudicherò che sarà venuto il momento.
4. Per tutto il resto, arrivederci dopo domani in Gran Consiglio.
Puoi andare". [...]
Palazzo Venzia, il cortile, lo scalone, l'anticamera della sala
dove si riunisce il Gran Consiglio è presidiato [il che non è
mai accaduto] da reparti della milizia fascista in pieno assetto
di guerra.
Nel presentare e illustrare il mio ordine del giorno, dichiaro:
"Non parlo per il duce, al quale ho comunicato 48 ore or sono il
mio pensiero e le mie idee, ma bensì per voi camerati del Gran
Consiglio".[...]
La drammatica riunione dura 10 ore.
Ciano si alza in piedi con una proposta assurda, quella di
fondere insieme l'ordine del giorno Grandi con l'ordine del
giorno Scorza, La proposta cade fortunamente nel vuoto. E' a
questo punto che il duce, giudicando di avere in pugno la
maggioranza dell'assemblea, decide di mettere ai voti il mio
ordine del giorno.
La deliberazione da me proposta, quale surrogato di un voto
parlamentare è approvata a grande maggioranza: 19 contro 5.
Con voce stupefatta il segretario del partito comunica
all'assemblea i risultati della votazione.
Dopo un attimo di silenzio il duce si alza e si avvia a passo
lento verso l'uscita. Ferma con un gesto del braccio il
segretario del partito, mentre questi si accinge a dare il
consueto saluto al duce. Sulla soglia della sala del Mappamondo
il duce si volge verso l'assemblea e dice: "Il Gran Consiglio
stasera ha aperto la crisi del regime".[...]
Prego il ministro della Real Casa di recapitare il documento
immediatamente nelle mani del Sovrano. Insisto sulla necessità
di decisioni immediate per prevenire l'inevitabile rappresaglia
tedesca. Insisto sul nome del maresciallo Caviglia come
eventuale successore di Mussolini, quale Primo Ministro e di
Alberto Pirelli come ministro degli esteri.[...]
Il ministro della Real Casa osserva: "Perché Caviglia e non
Badoglio? [Durante la prima guerra mondiale d'Acquarone era
stato per molto tempo ufficiale dell'allora generale Badoglio e
aveva mantenuto con lui dimistichezza di rapporti.] Gli rispondo
spiegando gli ovvi motivi di questa mia convinzione. [...]
Alle ore 12 il ministro della Real Casa mi fa sapere che il
Sovrano ha affidato poco prima al maresciallo Badoglio il
compito di succedere a Mussolini nella carica di Primo Ministro.
Il Re riceverà a VR>Il duce non è più dittatore d'Italia.