Benito Mussolini Benito Mussolini era stato il pacifista che voleva
bloccare i trasporti di truppe per la conquista giolittiana della Libia, poi era
stato l’interventista e il combattente della prima guerra mondiale. Ma diventò
guerriero, ossia Dux nel significato di condottiero
d’eserciti, con la campagna d’Etiopia. Che fù un capolavoro
diplomatico prima ancora che una notevole impresa militare (soprattutto sotto
l’aspetto logistico). "Un giorno si saprà" disse a Bottai "come io abbia anche
tecnicamente diretta questa guerra. C’è un mucchio di documenti". E lo stesso
Bottai annotava: "E evidente l’aspirazione del suo spirito a manifestarsi
nell’arte militare, e darvi prova e misura di sé. Il Duce, uguale capo di
governo più capo d’eserciti. E questo l’aspetto che anela di mostrare al mondo".
L’abito aveva fatto il
monaco, l’abitudine alle uniformi aveva fatto lo stratega.
Il
Guerriero
"Oggi fatto
l’Impero" pontifìcava "bisogna fare gli imperialisti. Bisogna essere sempre
spiritualmente e materialmente pronti ad approfittare di tutte le circostanze,
che possono offrirsi, per accrescerlo, perché la storia non si mummifica." E
ancora: "Pensa" si rivolgeva a Bottai "alla sorpresa degli italiani il giorno in
cui si svegliassero e leggessero sui giornali questa notizia: una squadra aerea
italiana ha bombardato la squadra navale inglese a Malta. Si ritiene che numero
tot di navi sia colato a picco [...]". Immaginava le prime pagine, con i titoli
di scatola. "I problemi militari" sentenziava "sono i fondamentali, e a essi io
dedico la massima parte della mia giornata".
Gli esiti di tanta fatica
furono in verità mediocri. Delle condizioni in cui versavano le Forze armate si
rendeva ben conto anche lui: ma poi rimuoveva la realtà, e si abbandonava a
sogni di grandezza militare.
Il caporale ambiva ad avere galloni adeguati al
suo ruolo di Dux. Ma dovevano essere galloni speciali. Il 30 marzo 1938 furono
discussi in Senato i bilanci dei ministeri militari. Una formalità. Mussolini
intervenne ed era inconsueto con un discorso che metteva alcuni punti sulle i.
"Nell’Italia fascista il problema del comando unico che tormenta altri Paesi è
risolto. Le direttive politico-strategiche della guerra vengono stabilite dal
Capo del governo [...]. In Italia, come lo fu in Africa, la guerra sarà guidata,
agli ordini del Re, da uno solo: da’ chi vi parla". Camera e Senato approvarono
allora una legge che attribuiva al Re e Imperatore e al Duce il grado inedito di
Primo Maresciallo dell’Impero, con due ingombranti greche, l’una sovrapposta
all’altra. Il Re commentò mellifluo che "forse non ce n’era bisogno". Ma era
furioso.
Pochi giorni prima dell’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno
1940, Vittorio Emanuele III dovette con amarezza accettare un’altra umiliazione
e firmare un "rescritto" che affidava al Duce il Comando supremo delle Forze
armate. "Poche volte" commentò Cia-no "ho visto Mussolini così felice. Ha
realizzato 11 suo vero sogno: quello di diventare condottiero militare del Paese
in guerra." Molte altre occasioni d’essere felice, nell’esercizio di quel
Comando supremo tanto agognato, Mussolini non le ebbe. La campagna di Grecia, la
"sua" guerra, voluta per il dispetto dei trionfi hitleriani, fu un disastro. E
la visita che Mussolini fece in Albania, nel marzo del 1940, nella speranza
d’assistere a una offensiva che finalmente "spezzasse le reni" ai greci gli
diede solo delusioni. Così come fu una delusione il soggiorno in Africa dove
sperava, sulla scia dell’Africakorps di Rommel e delle divisioni italiane, di
fare il suo trionfale ingresso in Alessandria d’Egitto.
Il guerriero era più
che disposto a spogliarsi, nel Gran Consiglio del 25luglio 1943, d’ogni gallone
e d’ogni comando. Troppo tardi. La sconfitta gli era precipitata addosso. Il
Mussolini della Repubblica di Salò, vassallo, smunto e triste, tornò a uniformi
sobrie, addirittura dimesse. Il guerriero era stato messo a riposo: restava
l’ostaggio.