Benito Mussolini 
La condanna a morte e la fucilazione


Nel pomeriggio del giorno seguente, 28 aprile, arrivò a Bonzanigo un ufficiale del Comando generale Volontari della Libertà, colonnello Valerio secondo il suo nome di battaglia, Walter Audisio secondo lo stato civile, con l’ordine di arrestare il dittatore fuggiasco. Un decreto del Comitato di Liberazione Alta Italia emanato il 25 aprile comminava la pena di morte "per i membri del governo fascista e per i gerarchi del fascismo colpevoli di aver contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, di aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del paese e di averlo condotto all’attuale catastrofe".

Il colonnello Valerio convocò il comando della brigata partigiana in funzione di tribunale di guerra, il quale, dopo rapidissimo processo, pronunziò la condanna a morte di Mussolini e dei diciassette gerarchi che erano rimasti rinchiusi nel municipio di Dongo. Poi il colonnello Valerio andò in automobile da Dongo a Bonzanigo, fece uscire Mussolini insieme alla Petacci che non volle separarsi dal suo amante, e avviatisi per la strada comunale, a Giulino di Mezzegra fece scendere dall’auto i due, lesse la condanna a morte di Mussolini e uccise lui e la donna con una scarica di mitra. Erano le 16,30 del 28 aprile 1945. Mussolini aveva 61 anni.

Questa che è stata narrato è la versione ufficiale di quanto avvenne in quelle ultime ore di Mussolini. Ma bisogna dire che su di esse si sono accavallate tante differenti versioni, con particolari differenti, tra memoriali, presunte testimonianze e rivelazioni, così che una luce assolutamente accertata e sicura non si è mai potuta stabilire.

A Dongo vennero fucilati i gerarchi che lì erano rimasti, tra i quali Pavolini, Mezzasoma, Bombacci e Marcello Petacci. Finirono fucilati anche Buffarini-Guidj, Farinacci e Starace, catturati nelle vicinanze del Lago di Garda o a Milano.

I cadaveri di Mussolini e della Petacci, trasportati a Milano, furono appesi per i piedi a Piazzale Loreto, dove qualche mese prima erano stati uccisi alcuni partigiani. Ivi rimasero esposti al ludibrio della folla per tutta la giornata del 29 aprile.


TORNA ALLA PAGINA PRECEDENTE