Benito Mussolini
La Creazione della
Milizia
In Italia, mentre per tutto il 1923 continuavano gli incidenti
provocati dalle violenze squadristiche, dei quali alcuni molto gravi, Mussolini
promulgò un’ amnistia per le migliaia di fascisti su cui gravavano imputazioni
di illegalità. 1112 gennaio 1923, nella prima riunione del Gran Consiglio del
Fascismo, tenuta nel suo appartamento privato, Mussolini trasformò le squadre in
una Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, posta sotto la sua diretta
autorità, ma al tempo stesso a carico dello Stato e "costituzionalizzata".
Precisò poi che il Gran Consiglio non interferiva con
le funzioni del Consiglio dei ministri in quanto il primo
era "un organo squisitamente politico",, così abbassando il Consiglio dei
ministri a organo puramente amministrativo o tecnico. E quando vennero precisate
le funzioni del Gran Consiglio, esso fu legittimato perfino a pronunciarsi sulla
successione al trono, ledendo così in modo gravissimo le prerogative statutarie
della Corona. Nel marzo del ‘23 Mussolini decise l’ingresso nel partito fascista
dei nazionalisti, tra i quali vi erano uomini preparati e capaci, cosi poco
presenti nelle sue stesse file. Per conciliarsi le forze conservatrici del
paese, nell’aprile 1923, come si è già accennato, licenziò i ministri e i
sottosegretari del Partito Popolare e prese una serie di decisioni favorevoli al
clero cattolico e al Vaticano, il quale ordinò a don Sturzo, segretario del
Partito Popolare, di abbandonare quella carica e poi di espatriare,
incoraggiando il ralliement dei clericali al
fascismo.
Violenze squadristiche, uso di parte della polizia, interventi
censori nei confronti dei giornali rendevano la vita impossibile agli
oppositori. Tutto ciò si svolgeva nella passiva rassegnazione della maggior
parte dei capi liberali. Il solo che mostrò un atteggiamento più dignitoso fu
Nitti, che non mise più piede alla Camera.
Con poco più di una cinquantina di
deputati, compresi i nazionalisti entrati nelle sue file, Mussolini dominava il
Parlamento e il paese; ma era logico che intendesse avere una rappresentanza
parlamentare più proporzionata alla sua forza. In vista di nuove elezioni, il
21luglio 1923, grazie alla passività o alla connivenza degli altri gruppi,
riuscì a far passare — con 223 voti favorevoli e 123 contrari — la cosiddetta
legge Acerbo, dal nome del sottosegretario fascista alla presidenza del
Consiglio, legge che sopprimeva ogni serio criterio di proporzionalità: la lista
che avesse ottenuto un quarto dei suffragi avrebbe avuto alla Camera i due terzi
dei seggi. Contemporaneamente emanava norme restrittive della libertà di
stampa.
Intanto all’interno del partito fascista favoriva di volta in volta
l’ala moderata o quella estremista, che faceva capo a Farinacci, il "ras" di
Cremona, quest’ultima scatenata in vista delle elezioni del ‘24, durante la cui
preparazione Nitti, il solo dei capi liberali e democratici che avesse assunto
una posizione antifascista, ebbe il villino romano invaso e devastato. Anche
Giovanni Amendola fu fatto oggetto della violenza fascista mediante
un’aggressione per strada.