Benito Mussolini
La guerra in Russia

Il 19-20 gennaio 1941, nel momento in cui le sorti dell’esercito italiano in Albania volgevano al peggio, si era avuto un nuovo incontro, come si è detto, tra il dittatore italiano e quello tedesco. All’inizio di giugno i due s’incontrarono nuovamente al Brennero. Fu quello il momento in cui il disperato bisogno che Hitler intervenisse per salvare la situazione costrinse Mussolini ad accettare l’intervento delle forze armate tedesche sul fronte greco-albanese, ponendo termine alla sua "guerra parallela" e sancendo definitivamente la subordinazione politico-militare dell’Italia rispetto alla Germania.

Il 22 giugno 1941 Hitler attaccò inaspettatamente l’Unione Sovietica. Mussolini si affrettò a offrire truppe italiane, non richieste dal Fuhrer, per la guerra su quel nuovo fronte, perché si trattava di un’impresa che ai suoi occhi si presentava relativamente facile, in quanto, pensava, i russi erano una razza inferiore. E il corpo di spedizione italiano in Russia fu aumentato gradualmente di numero. Il 25 agosto 1941 Mussolini si recò ancora una volta in Germania per incontrarsi con Hitler presso il suo quartier generale e discutere sulle prospettive della pace, che il Fuhrer riteneva imminente. In quella occasione il Duce visitò le truppe italiane impegnate in quel lontano fronte. Durante quel viaggio, Mussolini, sempre vanitoso, chiese e ottenne di pilotare personalmente l’aereo di Hitler e volle che il fatto fosse annunciato nel comunicato ufficiale dell’incontro. Di mese in mese continuò ad aumentare il numero dei soldati italiani inviati e impiegati sul fronte russo. La collaborazione italo-tedesca in Russia accrebbe la reciproca gelosia e diffidenza tra i due alleati. I tedeschi si fidavano sempre meno degli italiani, ai quali comunicavano i loro piani all’ultimo momento per non vederseli svelati dalle indiscrezioni italiane; gli italiani si vedevano trattati come subalterni poco affidabili. Personalmente, Mussolini era sballottato tra pulsioni contrastanti e contraddittorie, ora sognando una vittoria-lampo, ora addirittura auspicando che i tedeschi fossero umiliati sul fronte russo come gli italiani lo erano stati sul fronte greco e su quello africano. Nel ‘41 giunse ad augurarsi che la Germania non stravincesse e, con una guerra il più possibile lunga e spossante, fosse costretta a una pace di compromesso, per salvare l’indipendenza italiana. E durante quell’anno fece proseguire i lavori di fortificazione al Nord, verso la Germania. La condizione subordinata degli italiani era sottolineata anche dall’impiego in Germania di lavoratori italiani, che raggiunsero il totale di 350 mila: adoperati non sui fronti di guerra ma nelle retrovie.


TORNA ALLA PAGINA PRECEDENTE