Benito Mussolini
La Legislazione Antisemita

Dopo che Hitler nel maggio del 1938 restituì la visita venendo in Italia,  Mussolini, contraddicendo tutte le sue precedenti affermazioni, annunciò l’introduzione in Italia di una legislazione razziale. E' vero che egli aveva più volte alluso a una presunta purezza della razza italiana (che in realtà, data la storia della penisola, era una delle più miste d’Europa), e alla volontà di difenderla; ed è vero che negli anni precedenti vi erano sempre stati filoni di razzismo e di antisemitismo fascisti; ma Mussolini aveva sempre operato perché rimanessero minoritari e non ricevessero alcun sostegno. Non più tardi di un anno prima aveva affermato che i circa settantamila ebrei italiani non potevano costituire un problema.

E' stato dimostrato che non vi furono pressioni tedesche su Mussolini perché si affiancasse ai tedeschi nella persecuzione degli ebrei. La sua iniziativa va dunque ascritta, oltre che al suo autonomo desiderio di stringere di più l’alleanza con la Germania, anche e soprattutto a uno dei miti tipici del Duce, la convinzione che si dovesse rendere il popolo italiano, anche sul piano interno, duro e bellicoso, e che l’indicargli un nuovo nemico, gli ebrei ,servisse a questo scopo. Nell’animo di Mussolini si fece nuovamente strada un sentimento di violenza, ch’egli nutriva in sé fin dall’adolescenza e che ora voleva infondere anche nell’animo degli italiani. Nel luglio 1938 il Duce emanò la "Carta della Razza", in cui si affermava che arabi, etiopici ed ebrei costituivano razze inferiori a quella "ariana", cui appartenevano gli italiani, che da allora in avanti dovevano proclamarsi "francamente razzisti". La campagna razziale, che dal punto di vista legislativo ebbe inizio nell’autunno del 1938, che privò gli ebrei dei loro diritti civili e che innestò le più turpi speculazioni su "discriminazioni" e "arianizzazioni", incontrò netta ostilità nella maggior parte degli italiani, abituati a sentimenti di tolleranza e di umanità, e forti riserve da parte del Vaticano, che però ufficialmente furono limitate al vulnus inferto ai Patti Lateranensi in quanto proibivano i matrimoni tra cattolici ed ebrei, anche se questi ultimi convertiti al cattolicesimo. Comunque, l’opposizione della Santa Sede, per quanto circoscritta alla questione dei matrimoni, irritò Mussolini, che si disse intransigente, alimentando in lui una ripresa dell’antico anticlericalismo. La "bonifica" antisemita si estese alle biblioteche e ai libri. Da notare che per quanto riguarda la cultura e la scuola il "mite" Bottai fu il più duro e intransigente in senso antisemita, influenzando lo stesso Mussolini, il quale però, prima della riunione del Gran Consiglio del 6 ottobre 1938, dedicata alla questione ebraica, aveva detto a Ciano: "Anche se stasera sarò conciliativo, sarò durissimo nella preparazione delle leggi".

Il 1938, anno in cui fu iniziata la politica antisemita, fu anche quello in cui Mussolini si scagliò in varie occasioni contro la borghesia, dichiarata il 25 ottobre al Consiglio nazionale del PNF "nemica del regime", e anche contro la religione e la Chiesa. Era una ripresa dei suoi antichi furori nel quadro del suo utopistico progetto di rendere gli italiani bellicosi, e perfino di ottenerne una mutazione genetica. 


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