Benito Mussolini
Tra il 1921 e il 1922 si assiste alla progressiva opera di
abdicazione dello Stato liberale, costituzionale e parlamentare. Ai primi del
‘22 fu formato il più debole dei governi liberali, presieduto da un giolittiano
quanto mai mediocre come Facta.
La "marcia su Roma"
Quando ai primi di agosto del ‘22 i socialisti organizzarono
uno "sciopero legalitario" contro le violenze, i fascisti si sostituirono alle
autorità nell’organizzare i servizi pubblici. Quello sciopero fu poi definito
"la Caporetto dei socialisti". L’azione squadristica si scatenò.
A questo punto Mussolini cominciò a stringere i tempi per il
colpo di Stato. Messa nuovamente da parte la "tendenzialità repubblicana"
(discorso di Udine, 20 settembre), facendo qualche avance verso il mondo
cattolico e il Vaticano, cercando di conquistare la fiducia del mondo economico,
illudendo separatamente i capi liberali Giolitti, Salandra, Nitti, Facta di essere disposto a entrare in un governo presieduto da uno di loro, il
16 ottobre 1922, in una riunione a Milano del gruppo dirigente fascista,
concordò il piano insurrezionale; e dopo la rassegna generale delle forze
fasciste fatte affluire al Congresso fascista riunito a Napoli (22-24 ottobre),
dove disse "o ci daranno il governo o lo prenderemo calando a Roma", diede il
via alla "marcia su Roma". Essa consisté in un ultimatum lanciato contro la
vecchia classe di governo, ormai in gran parte connivente, rassegnata o
prigioniera di fronte alla volontà eversiva del fascismo. Soltanto
all’ultim’ora, cioè dopo la mezzanotte tra il 27 e il 28 ottobre 1922, Facta si
decise a convocare il Consiglio dei ministri e a predisporre il decreto di stato
d’assedio, che passava all’esercito il compito di reprimere l’insurrezione degli
squadristi. Ma Vittorio Emanuele III, che alle due
del mattino aveva espresso il suo accordo con la decisione del governo, quando
di prima mattina ricevette Facta con il decreto (che era già stato affisso nelle
strade della capitale), si rifiutò di firmarlo. In quelle poche ore aveva
ascoltato il parere naturalmente
negativo di Salandra e di altre
personalità del suo gruppo e aveva cambiato opinione.
Da parte sua Mussolini, che aveva fatto credere, nei giorni
precedenti,di accontentarsi di far entrare i suoi in un governo presieduto da
uno dei capi liberali, scartata ormai una soluzione di compromesso, di fronte
alla provata decisione di non resistere che veniva dall’establishment, forzò la situazione esigendo di essere convocato dal re per la formazione di
un suo governo. Il che avvenne il 28 ottobre.
Vi sono però alcuni retroscena che vanno messi in rilievo.
Nella nunione tenuta a Milano il 16 ottobre, nella quale era stata decisa la
costituzione di un quadrumvirato per la direzione della presa del potere,
formato da De Vecchi, De Bono, Balbo e Bianchi, la versione più verosimile è che
l’impulso ad agire con decisione non venisse da Mussolini, ma da Balbo; e nella
stessa giornata del 28 ottobre, quando venne definitivamente scartata la
soluzione di compromesso sotto l’incubo delle possibili gravi conseguenze per il
fascismo, Mussolini non giocò la carta del "duce", ma fu piuttosto al rimorchio
degli altri capi del fascismo. Attraverso queste giornate decisive vengono in
luce due caratteristiche del temperamento di Mussolini: la tendenza a perdersi
d’animo di fronte a grosse difficoltà, e la capacità di recupero, che èanche
capacità di credere e far credere agli altri, a cose passate, éhe lui, e solo
lui, abbia spinto la situazione verso una determinata soluzione. Il fare e il
dire di non aver fatto, o il non fare e il dire di aver fatto, gli lasciava
sempre aperte le vie della ritirata, come si vedrà nuovamente dopo il delitto
Matteotti.
Comunque, il modo in cui il fascismo, nel ‘22, era diventato un
importante movimento politico, attraverso l’appoggio dei ceti capitalistici; il
modo in cui era andato al potere, sostenuto dalle forze conservatrici nel
Parlamento e presso la Corona; la stessa fisionomia politica di Mussolini, che
aveva ormai spinto la propria posizione personale verso le estreme punte
dell’antisocialismo: tutto ciò offriva alla vecchia classe dirigente sufficienti
garanzie che con Mussolini e con il fascismo il pericolo del socialismo sarebbe
stato decisamente scongiurato: ed è ciò che per quella classe dirigente
contava.
Nonostante la successiva
mitizzazione della "marcia su Roma", le squadre fasciste giunsero nella capitale
ventiquattr’ore dopo che Mussolini aveva ricevuto l’incarico di formare il nuovo
governo; ed egli stesso arrivò a Roma in vagone-letto la mattina del 30 ottobre
e la sera salì al Quirinale per sottoporre al re la lista dei suoi ministri.