Benito Mussolini
La perdita dell'impero

In Africa, nel dicembre 1940 il corpo d’esercito inglese, numericamente inferiore a quello italiano, ma tecnicamente molto superiore, inferse alle nostre truppe una grave sconfitta, con la caduta successiva di Sidi el Barrani, Bardia e Tobruk, costringendo Graziani, invece di avanzare come chiedeva insistentemente Mussolini, a una precipitosa ritirata. L’armata della Cirenaica fu praticamente distrutta, malgrado episodi eroici di resistenza, come a Giarabub. Così, anche in Africa Mussolini dovette accettare l’aiuto e l’intervento tedesco, che nel febbraio 1941 si concretizzò nell’invio del generale Rommel, il quale assunse il comando delle operazioni. Vero genio della guerra nel deserto, Rommel (che col grado di capitano si era messo in luce nel lontano 1917 durante la battaglia di Caporetto) utilizzò le sue divisioni corazzate ben munite di carri armati (che Mussolini aveva detto inutili in un terreno sabbioso) e realizzò una spettacolare avanzata fino ai confini dell’Egitto. Questo notevole successo, però tutto da attribuire ai tedeschi, fu controbilanciato, nell’aprile 1941, dalla resa di Addis Abeba e di Massaua di fronte a una forza alleata mista e dalla perdita immediatamente successiva, dopo l’estrema difesa sull’Amba Alagi, che cadde a metà maggio, di tutto l’Impero italiano nell’Africa orientale a cinque anni dalla sua conquista. Si avverava così il giudizio di chi aveva previsto che in caso di guerra quella conquista avrebbe costituito per l’Italia più un peso che un vantaggio.

In presenza difatti concreti così negativi, i rapporti tra Mussolini e i suoi ministri, i suoi gerarchi, i suoi collaboratori divenivano sempre più difficili. Nessuno osava contrastano apertamente, ma tutti si accorgevano della sua caparbia volontà e al tempo stesso della sua incapacità di tutto comandare, della imprevedibilità delle sue sempre cangianti opinioni e decisioni, del suo vizio di badare soltanto alle apparenze e mai guardare alla sostanza, della sua abitudine di mentire per salvaguardare il proprio prestigio, esponendo però l’Italia a una continua perdita di credibilità.


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