Benito Mussolini
La Politica Estera

Concluso con la Jugoslavia, nel gennaio 1924, l’accordo col quale Fiume veniva annessa all’Italia, e mentre il governo fascista, con Volpi e poi con De Bono, conduceva a fondo la riconquista della Libia iniziata nel ‘22 da Amendola, Mussolini guardava soprattutto all’Albania come terra in cui si sarebbe esercitata l’egemonia italiana, fino alla possibile annessione. Re Zog d’Albania, che assunse il potere verso la fine del 1924, divenne un fantoccio del governo italiano largo di sovvenzioni. Un successo indiscutibile fu per Mussolini il riconoscimento da parte della Russia sovietica, nei confronti della quale il suo sentimento era bivalente: odio profondo per il contenuto della rivoluzione comunista, ma al tempo stesso una certa propensione a considerare fascismo e comunismo come appaiati dalla comune avversione al liberalismo e una certa ammirazione per la forza di Stalin. Sopraffattrice fu la politica di "italianizzazione" del Sud-Tirolo o Alto Adige, annesso al nostro paese dopo la prima guerra mondiale, nonostante il fatto che la sua popolazione era etnicamente e linguisticamente tedesca.

Quando nell’ottobre 1925 si riunì a Locarno la Conferenza internazionale per discutere come garantire la frontiera franco-tedesca sul Reno, Mussolini vi arrivò teatralmente in motoscafo, vi presenziò a una sola seduta, ma poi fece scrivere nella stampa fascista che il suo arrivo era stato il fattore cruciale per il successo della Conferenza.

La politica coloniale fascista fu inaugurata con la nomina di De Vecchi, uno dei quadrumviri, comandante della Milizia e autore di feroci atti di violenza nella sua Torino, a governatore della Somalia, dove egli instaurò un regime di sopraffazione e di terrore nei confronti degli indigeni, i cui villaggi ribelli vennero saccheggiati e i prigionieri fucilati in massa, a centinaia alla volta. La mira era di partire dalla Somalia per instaurare in Etiopia un protettorato italiano di fatto, anche lì, come in Albania, in vista di una possibile futura annessione di quel grande paese all’Italia. Anche in Libia fu inaugurata una politica di sistematica repressione, non senza l’espropriazione di terre di proprietà di arabi a favore dei coloni italiani. Nel 1926 Mussolini stesso, come si è accennato, si recò in Libia, con due corazzate e quindici navi da guerra; ma questa esibizione di forza non fece che acuire il ribellismo arabo, sicché la colonia divenne teatro di una guerriglia permanente, nonostante il fatto che nelle colonie (Libia, Somalia ed Eritrea) il governo fascista avesse profuso molto denaro e avesse lottato contro le epidemie e la schiavitù.


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