Benito Mussolini

L ‘intervento in Spagna e l’alleanza con la Germania

  Abbandonata la prudenza che nel complesso aveva caratterizzato la sua politica estera fino al 1935, Mussolini, dopo la conquista dell’Etiopia, si gettò nella guerra civile spagnola. A Ciano fu affidato l’impegno di organizzare l’intervento italiano a favore di Franco, intervento che, attuato dapprima con pochi aeroplani, assunse gradualmente un peso sempre maggiore. Migliaia di "volontari", che tali per lo più non erano, furono inviati a combattere dalla parte di Franco, che aveva iniziato il pronunciamento contro il governo legittimo della Spagna. All’inizio dell’intervento italiano, furono occupate le isole Baleari, dove venne inviato come proconsole Arconovaldo Bonaccorsi, un capo della Milizia rozzo e brutale, che instaurò un regime di vero e proprio terrore (oltre che di corruzione). Incomparabilmente maggiore l’impegno italiano rispetto a quello della Germania, che si limitò a inviare alcuni aeroplani.

I passi preliminari per la costituzione di un’alleanza italo-tedesca cominciarono nell’autunno del 1936. In ottobre Ciano si recò a Berlino e a Berchtesgaden, dove vantò la potenza militare dell’Italia fascista, in grado, disse, di battere contemporaneamente la Francia e l’Inghilterra. Furono in linea di massima stabilite le due zone d’influenza: alla Germania l’Europa orientale e il Baltico, all’italia il bacino mediterraneo. Ciano tornò a Roma molto soddisfatto, affermando di aver trovato i tedeschi "assai più arrendevoli e malleabili" di quanto avesse immaginato; mentre il ministro degli Esteri di Hitler, von Neurath, disse ai suoi che se l’era "messo in tasca con facilità".

Mussolini cominciò a pensare concretamente a quella che immaginava sarebbe stata una "guerra lampo", da risolvere nel giro di sette settimane. Concepiva un grande disprezzo per gli inglesi, che considerava imbelli e decadenti, illusione in lui favorita dall’esperienza della guerra d’Etiopia, durante la quale l’Inghilterra, con un governo conservatore, aveva effettivamente temuto di spingere a fondo l’ostilità contro l’Italia. Sottovalutava però anche il potenziale militare della Francia e della Gran Bretagna, mentre la realtà era che proprio le forze armate italiane erano state esaurite da due guerre consecutive, in Etiopia e in Spagna, come più tardi, nel messaggio inviato a Hitler per spiegare le ragioni della "non belligeranza" dell’Italia allo scoppio della seconda guerra mondiale, Mussolini stesso sarà costretto a riconoscere. Inoltre egli faceva gran conto del fattore demografico, cioè del basso tasso di natalità dei paesi democratici, inclusi gli Stati Uniti, che vedeva, nel giro di pochi anni, ridotti a una popolazione dimezzata; anche se la sua idea di poter pianificare e dirigere l’andamento demografico italiano, con una politica di incentivi che ne facesse aumentare rapidamente la popolazione, era destinata a ricevere una dura smentita dalla realtà. Con le idee di Mussolini sulla demografia si legava la sua concezione del ruolo della donna nella società:

niente parità tra l’uomo e la donna, quest’ultima confinata entro le mura di casa, soprattutto a far figli e a occuparsene. Non poteva tuttavia, soltanto con un atto di volontà e con un wishfull thinking, impedire che in Italia le nascite decrescessero e che anche in Italia aumentasse il numero delle donne lavoratrici, poiché si trattava di tendenze proprie di qualsiasi paese moderno.

Con mossa caratteristica del suo modo di procedere contraddittoriamente nella politica estera, o forse per calcolo di prudenza, il 2 gennaio 1937 Mussolini fece firmare un patto italo-britannico detto Gentlemen agreement, in base al quale i due governi dovevano rinunciare a qualsiasi modificazione dello status quo nel Mediterraneo. Per togliere un ostacolo a questo atto diplomatico, Mussolini negava ostinatamente che gli italiani continuassero a combattere in Spagna, e i rappresentanti italiani sedevano nel Comitato del non intervento societario. Ma proprio in Spagna l’Italia fascista incorse in un grave incidente di percorso, quando, nel tentativo di avanzare in fretta affinché fossero gli italiani a vincere la corsa per Madrid, nel marzo 1937 esse furono sconfitte nella battaglia di Guadalajara, dove si trovarono di fronte altri italiani delle brigate antifasciste. Per arginare la perdita di prestigio che gliene derivava, Mussolini manovrò la stampa italiana, contemporaneamente bloccando o limitando l’ingresso della stampa britannica in Italia. Ora, più ancora che alla Francia, pensava di muovere guerra alla Gran Bretagna. E si nutriva dell’illusione che la forza militare italiana, in terra, in mare e nell’aria (egli era ministro della Guerra, della Marina e dell’Aeronautica) fosse di molto superiore a quella inglese. L’Italia disse possedeva "Otto milioni di baionette". Ma la realtà era che l’Italia poteva mettere in campo, al massimo, un milione di soldati.

Nello stesso periodo, cioè nel giugno 1937, per ordine che attraverso i servizi d’informazione militare (SIM) discendeva da Ciano, vennero assassinati in Francia, a opera di cagoulards francesi che ne avevano appaltato l’esecuzione, i fratelli Carlo e Nello Rosselli (i due cadaveri furono scoperti due giorni dopo): il primo era attivissimo nell’antifascismo e nella guerra di Spagna, e rappresentava un incubo per Mussolini — come a suo tempo lo era stato Matteotti; il secondo, un valente storico, fu ucciso perché in quel momento si trovava insieme al fratello. Rimane dubbio se Mussolini fosse personalmente consenziente, ma, come nel caso Matteotti, la responsabilità morale del delitto risaliva certamente a lui. L’andamento della guerra di Spagna ossessionava Mussolini, che diede anche ordine di silurare senza preavviso navi neutrali sospettate di trasportare rifornimenti per i repubblicani spagnoli, e in queste azioni vennero impiegati una quarantina di sottomarini. Nel novembre 1936, in un discorso a Milano, il Duce adoperò per la prima volta la fatale parola "Asse" per indicare la concordanza di vedute tra Roma e Berlino e il proposito di svolgere un’azione internazionale comune. Nel 1937 egli era ormai deciso a fare dell’Asse lo strumento di una guerra, trasformandolo in una vera e propria alleanza italo-tedesca. Nel marzo di quell’anno si recò in Libia, dove, a cavallo, impugnò teatralmente "la spada dell’Islam". In agosto il generale von Blomberg, ministro della Guerra tedesco, assisté alle manovre militari italiane, e nonostante le vanterie nostrane ne riportò un ‘impressione negativa sulle condizioni dell’armamento e dell’addestramento delle truppe italiane. Nel settembre Mussolini accettò l’invito di Hitler a recarsi in Germania, dove i tedeschi fecero sfoggio di manovre militari grandiose. La visita si concluse con un discorso pronunciato da Mussolini, in tedesco, in un raduno di massa a Berlino. L’accoglienza era stata senza dubbio tale da lusingare la vanità del Duce. Ciano lo incoraggiava a osare fino in fondo, anche se occorreva attendere la fine della guerra civile in Spagna, dove intanto l’aviazione fascista compiva bombardamenti terroristici sulle città e la popolazione civile. Quanto agli antifascisti fatti prigionieri, Mussolini ordinò che fossero passati per le armi,.

Nel dicembre 1937, in una riunione del Gran Consiglio durata pochi minuti e senza discussione, fu decisa l’uscita dell’Italia dalla Società delle Nazioni, che Mussolini annunciò la sera dell’11 dal balcone di Palazzo Venezia. Contemporaneamente l’Italia firmava con la Germania e il Giappone un patto tripartito contro il comunismo, questa volta senza neppure riunire il Gran Consiglio. Sempre alla fine del ‘37 l’Opera Nazionale Balilla e i Fasci giovanili furono fusi nella Gioventù Italiana del Littorio, che inquadrava così tutti gli italiani dalla più tenera età fino all’età sufficiente per entrare nel PNF.

All’inizio del 1938, oltre all’abolizione del "lei" sostituito dal "voi" e della stretta di mano sostituita dal saluto col braccio levato, cominciò l’imitazione della Germania: nell’esercito fu introdotto il "passo dell’oca", ribattezzato "passo romano", che Mussolini disse mutuato dalle antiche legioni romane, e soprattutto il Duce cominciò a pensare a introdurre anche in Italia una legislazione antisemita.


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