recensione
bruce lindsey, "Gehry digitale", ed. testo e immagine

l'architettura di gehry è da considerarsi tra quelle che presentano una forte quanto evidente interazione con la tecnologia e le risorse digitali.
il paradosso però sta proprio nel fatto di trovarsi di fronte ad un architetto che ha impiegato molti anni per entrare nel mondo dell'informatica applicata all'architettura, per accettarlo, per servirsene.
servirsi di un mezzo che aveva il grande vantaggio di realizzare un progetto vedendolo continuamente cambiare nella sua tridimensionalità, di vederlo evolversi nello spazio, in uno spazio il più possibile coerente con la realtà.
servirsi di un mezzo che avrebbe aperto degli orizzonti tali da spingere lo stesso gehry a misurarsi con le sue potenzialità, che rischiavano di non poter essere completamente espresse con i sistemi tradizionali del pensare l'architettura.
lo skin-in, ossia il metodo attraverso il quale si cominciava la fase progettuale con una griglia rivolta verso l'interno, metodo su cui gran parte del pensiero di gehry si basava, riusciva a trovare un'applicazione innovativa nel mondo digitale.


una serie di infiniti incroci tra le parti che costituivano lo scheltro del progetto, una serie di punti nello spazio che i vari esperti di informatica studiavano tridimensionalmente, per poterli trasformare in nodi fondamentali su cui la struttura andava materialmente a reggersi, per poter essere  quindi realizzata.
la digitalizzazione del progetto divenne così il tramite per avvicinare alla realtà un'idea spesso astratta, che verteva su aspetti estetici e di forma sbalorditivi ma che sembrava quasi non pensare alla reale fattiblità e a tutti i problemi che poteva comportare a livello statico, strutturale e di assemblaggio.
l'astrazione grafica, più era contorta, e più non riusciva ad avere una corrispondenza con il mondo reale; lo stesso gehry, pure se ha fatica, si rese conto che il suo modo di concepire architettura richiedeva il passagio cruciale, il salto nella digitalizzazione dei suoi pensieri con lo scopo di renderli fisicamente esistenti.
 
 

il pesce nel villaggio olimpico di barcellona è la prova dell'efficacia di un mezzo volto a definire superfici con l'aiuto di equazioni matematiche, con l'unico scopo di arrivare ad un progetto che partendo da un'idea apparentemente imperfetta perchè irrealizzabile, risultasse realizzabile perchè perfetto... o ai limiti della perfezione ("su migliaia di connessioni due erano sbagliate di tre millimetri" , questo il commento di jim glymph).
la digitalizzazione dell'architettura forniva notevoli risultati , anche se rimaneva per certi versi un qualcosa accessibile soprattutto a coloro che di architettura si occupavano o quantomeno si interessavano, ed è questo uno dei motivi per cui gehry ha sempre preferito utilizzare i modelli, costruiti in serie nel suo studio, dal momento che offrivano una maggior comprensione del progetto da parte del cliente, oltre che un imprescendibile mezzo con cui valutare fattori come la resistenza dei materiali, o l'impatto delle forme progettuli nella realtà.
un modo di pensare che ha avuto un riscontro evidente in molti dei suoi lavori, primo fra tutti il guggenheim di bilbao; un'infinita produzione, quasi maniacale, di plastici, corredata da tavole realizzate a mano, quelle presentate al concorso vinto,proprio nel periodo di transizione dai metodi tradizionali alla digitalizzazione.
 

digitalizzazione a cui gehry è stato costretto ad arrendersi perchè schiavo della sua stessa architettura, di un modo di concepire le forme architettoniche tale da trovare la sua completezza nel mezzo tecnologica. alcuni progetti di gehry non sarebbero stati possibili, e comunque non si sarebbero potuti presentare così come appaiono, senza l'aiuto dei vari programmi grafici che sono riusciti a valorizzare, rendendole realizzabili in pieno, le idee dell'architetto.