Tempio
Fortuna Primigenia
Cinta muraria in opera poligonale risalente al VI
secolo a.C. includeva l’abitato e l’acropoli (oggi Castel S. Pietro). I
resti archeologici più significativi sono quelli del grandioso santuario della
Fortuna Primigenia , uno dei luoghi di culto più importanti del mondo romano. In
posizione dominante sul Foro e sulla città, si articola su terrazze artificiali
collegate da rampe e scalinate, culminanti in un’ampia cavea di forma
teatrale, coronata da un portico e da un tempietto circolare. Il santuario
costituisce l’esito più straordinario dell’influsso di modelli
architettonici dell’Oriente ellenitico, caratterizzati da una scenografica
monumentalizzazione del paesaggio. La datazione è fissata alla fine del II°
secolo a.C.
Tutto il complesso del santuario si articola in una serie di terrazze sovrapposte, collegate da rampe e scalinate, perfettamente assiali al tempio
superiore e alla statua di culto, che rappresentava il centro ideologico di
tutto il sistema.
Le prime due terrazze, di cui la seconda munita di un portico colonnato e di
cinque ninfei ad emiciclo, sono costruite da giganteschi muri in opera
poligonale e separano il vero santuario dal cosiddetto "santuario
inferiore" corrispondente in realtà al foro della città, collegato
urbanisticamente al complesso sacro da una serie di scalinate laterali, oggi non
più visibili. Queste conducevano alla terza terrazza (la prima del santuario) e
terminavano contro due esedre tetrastile munite di fontane, le vasche lustrali
da cui aveva inizio il santuario vero e proprio. Ai lati delle due esedre sono
stati scoperte vari ambienti decorati con pitture.
Sulla terza
terrazza è situata una gigantesca rampa doppia, costituita da due scalinate
laterali, per metà coperte e per metà colonnate, al centro libere per
consentire una visione prospettica della parte superiore. Si tratta in realtà
di un portico colonnato, coperto a volta e decorato all'interno con semicolonne
ioniche a capitelli inclinati. Il portico costituiva l'accesso principale del
santuario e permetteva di raggiungere la quarta terrazza, che è la cosiddetta "terrazza degli emicicli". Al
centro di quest’ultimo ha inizio una scalinata assiale che conduce ai livelli
superiori; ai lati della scalinata sono due grandi emicicli (che danno il nome
alla terrazza) affiancate da due serie di quattro ambienti per lato. Entro gli
emicicli presumibilmente sedevano i fedeli in attesa di consultare l’oracolo.
La sede dell’oracolo infatti era proprio davanti all’emiciclo di destra,
dove è stata rinvenuta una base di statua, decorata con un fregio dorico, che
doveva sostenere il simulacro della Fortuna con Giove e Giunone in grembo. Dell’immagine
di culto si conserva solo la testa. Accanto al simulacro era, secondo Cicerone, il luogo di ritrovamento delle
sortes,
qui infatti è stato scavato un pozzo all’interno del quale sono stati
scoperti i resti di un’edicola circolare e la testa della Fortuna. Si tratta
di un monoptero di travertino con sette colonne corinzie su alto podio,decorato
con fregio dorico. Il sacello serviva a ricoprire il luogo di ritrovamento delle
sortes, ritenuto sacro.
La scalinata assiale situata al centro della terrazza degli Emicicli permette di
accedere alla quinta terrazza detta "dei Fornici a semicolonne"
perché caratterizzata da una serie di ambienti inquadrati da semicolonne
ioniche. La terrazza degli Emicicli e quella dei Fornici costituivano il
cosiddetto "santuario inferiore".
Segue la sesta ed ultima terrazza, quella "della Cortina", che costituiva
invece il "santuario superiore". L’area è delimitata su tre lati da
un doppio portico di colonne corinzie; il lato meridionale invece è aperto, in
direzione del complesso sottostante.
La parte centrale della terrazza è occupata a nord della cavea di un teatro,
conclusa in alto da un portico a doppia fila di colonne. Al di sopra del teatro
era il tempio di cui restano solo i muri di fondazione. E’ questo il luogo sacro dove, secondo Cicerone, l’olivo
avrebbe trasudato miele; qui era l’altra statua di culto della Fortuna,
ricordata da Plinio, che rappresentava l’aspetto giovanile e guerriero della
dea in contrapposizione a quello materno del santuario inferiore.
La ricostruzione in forme monumentali del santuario della Fortuna Primigenia fu dovuta alle famiglie più ricche ed importanti
di Palestrina, (Auli, Saufeii, Feidenatii, Dindii, Magulnii) famiglie che scomparvero con la conquista e distruzione
Sillana della
città. Questi personaggi sono sicuramente da identificare con i ricchi mercanti prenestini che operarono a Delo tra
la fine del II secolo a.C. e l'età Sillana.
Di chiara
ispirazione ellenistica è infatti la soluzione architettonica adoperata per la
ricostruzione del santuario secondo una visione urbanistica unitaria, che
collegava la città al tempio e sottolineava l'importanza del centro di culto.
Romano è invece l'uso dell'opera cementizia, che rendeva possibile
l'utilizzazione della grande manodopera schiavile e permetteva una realizzazione
veloce ed economica dell'opera.
Sembra quindi sicura una datazione del complesso ai decenni finali del II secolo
a.C., confermata del resto dalle decorazioni pittoriche di I stile e
dall'analisi stilistica dei capitelli e delle statue.
Fonte
del testo
" Città Sepolte -Origine e splendore delle civiltà antiche"