"GIRA LA CHIAVE (ovvero 1720 parole su un'estate in grecia)"
Inviato da chiarodiluna il 31-Oct-00 alle 00:35 AM
Ricevo e pubblico da plipla il primo RACCONTO DI VIAGGIO del forum...

Gira la chiave, metti il piede sulla pedivella, schiaccia forte. Qualcosa, di fianco a te, è partito. Fa rumore, odora e vibra…è la tua Vespa blu che è accesa. Sali sopra, accendi le luci, metti la prima, allenta la frizione. Sei tu che ti stai muovendo e vedi l’asfalto davanti alla piccola ruota venirti incontro…sei partito per un nuovo viaggio, anzi per il tuo primo viaggio in Vespa. Non sei convinto per niente, proprio per niente. Fa freddo anche se è fine luglio, e tu hai i guanti corti, e la mente non è così elastica da coprire questo strappo che hai fatto con la tua realtà di ogni giorno. Senti infatti che si lacera come quando si tira un elastico troppo, e si vedono tante piccole crepe comparire sulla sua superficie. Così mi sentivo a fine luglio quando partii per la Grecia. Sentivo freddo quel giorno, ma forse era il freddo mio e della Vespa che veniva fuori. Avevo studiato il percorso la sera prima, nella mia camera, con un atlante regalato dalla mia banca. In cambio di un preventivo su una polizza sanitaria regalavano uno stupendo atlante stradale dell’Italia. Io appena letto la lettera pensavo fosse uno scherzo, e solo quando mi arrivò pensavo a cosa avesse spinto i banchieri a regalare qualcosa…già questo era un segno premonitore e di incoraggiamento per un viaggio… Il primo giorno feci un gesto di pietà, raccogliendo dalla strada un piccione moribondo investito da un’auto. Fu, a tutti gli effetti, il mio primo passeggero di quel viaggio, anche se non assomigliava proprio a un esemplare femminile della mia specie…Questo desiderio era sempre presente sulla Vespa, materializzato sotto forma di un casco che avrebbe nelle mie speranze protetto e attorniato chissà quali belle testoline femminili…Diedi il piccione ad una contadina assorto in questi pensieri e vidi che la povera bestia aveva una gamba spezzata e non poteva guarire. La stessa cosa pensò forse la contadina e allora se lo mangiò…sul momento…Scherzo ovviamente…mi chiese invece dove stessi andando e io le dissi in Grecia e forse allora lei pensò che tu eri matto. Quei pensieri ora si accavallano , ma tu ti ricordi tutto, veramente tutto di quei giorni. Ti ricordi di quei primi giorni il sapore della strada che cambiava, della foto fatta vicina al Duomo di Milano. Arrivai a Bergamo, dove conobbi un americano con il quale pensai ti fare un giro a Bergamo alta a caccia di donne…ma mi arresi quando gli chiesi :” che possibilità hai secondo te di conoscere una ragazza da qui a mezz’ora?” e lui “ tre su dieci”. Alla velocità di uno Space Shuttle al decollo lo riaccompagnai all’ ostello e ritornasti a Bergamo. Conoscesti una ragazza che portava a spasso un cane e decidesti che doveva portare a spasso anche te oltre al cane. Così fu…e forse adesso sta portando a spasso lo stesso cane nella stessa via…E quel giorno era il 30 luglio 2000. Il giorno dopo dovevi andare dritto a Padova, ma a Verona ti fermasti perché nell’ostello vedesti arrivare solo ragazze, sempre ragazze, queste promesse di vita eterna che si aggirano per il mondo…belle e non, ricche o povere, disponibili oppure che se la tirano, ecc ecc. La Vespa aveva il cavalletto rotto e questo ti preoccupava, ed era successo che un pezzo si era staccato giorno prima e tu non avevi visto che era un pezzo nascosto del cavalletto stesso. Adesso, dopo qualche giorno, il pezzo invisibile aveva fatto sentire la sua mancanza alla Vespa, e questa pendeva come la torre di Pisa che avresti visto nel viaggio di ritorno. Deve succedere così anche quando uno cresce, perde i pezzi e non se ne accorge, o meglio se ne accorge dopo un po’ di tempo quando incomincia a sentire che gli manca qualcosa. Allora cosa si fa? Si salda? Naaa…meglio cambiare tutto…Proprio così…allora cambiai tutto il cavalletto. Le tre tedesche e l’australiana che conoscesti divorarono l’uva che avevi comprato sotto un loggiato nel centro di Verona, con una grazia pari solo alla loro voracità. L’ostello era una villa settecentesca immersa nella collina, ma non successe niente quella notte, almeno dalle mie parti. Andai a dormire tardi per sentire un messicano suonare un vecchio pianoforte che era coperto da una coperta (ovvio no) . E quel giorno era il 31 luglio del 2000.
Ti eri divertito il giorno prima, e adesso portavi la tua Vespa verso Padova, dove dovevi essere il giorno prima. Quando arrivasti in prossimità dell’ostello vedesti due ragazze inglesi andavano verso l’ostello. Le aspettasti all’uscita dell’ostello facendo e rifacendo al contrario i gesti che facevi ad occhi chiusi per togliere i bagagli dalla vespa. Sembrava una moviola calcistica della domenica sportiva. Con le ragazze inglesi bisogna essere scaltri, e tu non lo eri o se lo eri non lo eri a sufficienza. Una di loro era fenomenale alla sera, fasciata stretta in un abito da vespa da record mondiale di velocità…ma tu avevi la concorrenza di un sudafricano…Sembrava di essere al sei nazioni… E quel giorno era il 1 agosto del 2000. Nella sala d’aspetto del terminal di Venezia vidi Joke, detta Jokina. Carina, giovane, con genitori e fratello al seguito. La conobbi due giorni dopo sul bordo della piscina della nave, sotto un sole bollente e in mezzo all’adriatico. Adesso mi piacerebbe rivedere la nave nella quale ero dall’alto, da un aereo con il motore d’avviamento simile a quello della via Vespa, e vedermi dall’alto in mezzo a tante altre persone. In fondo il mare, come la strada, era come un non luogo, un posto dove si scorre, si scivola via. Eppure anche un metro di strada può diventare significativo, così come un punto nel mare…è destino degli elementi infiniti. Con Joke uscii insieme una sera, sulla nave ovviamente. Ma non capii niente. Non capivo se tu timido, se lei era timida, oppure se tutti e due eravate timidi. Quel giorno, che era il 3 agosto 2000, in mezzo all’adriatico c’erano i delfini.
Si sbarcò a Patrasso…e per te e la tua vespa era come partecipare allo sbarco in Normandia. Da lì in poi si capirono le varie filosofie del gruppo moto imbarcato a Venezia. Il padovano con un k 100 con canna da pesca incorporata andò verso la statale lungo la costa per raggiungere Atene, mentre tu e il gruppo di Harleysti cercavate l’autostrada. Le promesse di aspettare te e la tua Vespa durarono trecento metri dopo il casello. Li raggiungesti poi ad una stazione di servizio e sembrava di sentire le voci di Ross Brown e Jean Todt nel casco che ti dicevano di ritardare il rifornimento per raggiungere poi le McLarenHarley. E quel giorno era il quattro agosto del 2000. Il traghetto che si allontanava da Atene non faceva che far aumentare la sensazione di disagio per aver attraversato la città sotto il sole cocente…aumentare perché vedevi un ‘immensa sterminata città senza inizio ne fine. Arrivai nell’isola di Ios stanco di una stanchezza strana, mischiata all’euforia del viaggio. I ragazzi e le ragazze erano ridotto in modo pietoso: i ragazzi appoggiati ai lampioni o stesi per terra, le ragazze più carine e più avvedute si limitavano a fingere di essere aerei aprendo le braccia. Il paese era un insieme di bellissime case bianche e bruttissimi cocci di bottiglie rotte per i viottoli. Piantai la tenda nel campeggio e prima di tornarci capii che dalla vespa si può anche cadere. Successe tutto di colpo ( e come se no). Quando sentii il colpo sullo zigomo vidi solo la Vespa che andava giù per la strada ripida con il casco allacciato ai bagagli e la luce accesa. Non si fermava mai, con un rumore di lamiera che sfrega sull’asfalto che il verso dei maiali portati al macello è al confronto una sinfonia. Senza fare una piega mi alzai, e vidi che un commissario di percorso mi aiutava ad alzare la mia ducati 996/vespa da portare al traguardo sempre e comunque. Appena entrato in paese chiesi del dottor Costa… Con il mio zigomo gonfio come una pallina da tennis andavo in giro per Ios a tacchinare ragazze… E quel giorno era il 5 agosto del 2000.
L’isola era una via di mezzo tra un villaggio vacanze e un paese di frontiera messicano. Autobus vecchissimi che si mescolavano agli scooter della Piaggio nuovissimi, che trasportavano ragazze bellissime. Tutto era issimo. Case e polvere, alcool, la mia Vespa, il mare, il caldo nella tenda, il base jamping al camping far out. Tutto si mischiava come in un immenso cocktail e rendeva le cose così incomprensibili… Bisognava esserci senza capire o capire senza esserci. Di tutte quelle ragazze adesso non ci sarà nemmeno l’ombra, perché saranno tutte in Francia, Svezia, Norvegia, Italia, ecc ecc. La partenza da Ios fu preceduta da una foto ad una svedese che guardava incerta l’isola che lasciava..E quel giorno era il 10 agosto del 2000. L’arrivo a Santorini fu spettacolare, sicuramente moltissimi viaggiatori l’avranno descritto in molti modi. Era bello. La strada che portava verso la sommità della scogliera era tortuosa come un passo dolomitico. Di tutta la storia che si era accumulata adesso c’era anche la mia…e della mia Vespa. Rimasi a Santorini i giorni 11, 12, 13, 14, 15, 16 , 17 agosto 2000. A Milos, scelta per ovvi motivi, rimasi dal 18 al 21. Si profilava il ritorno a casa con una velocità strana, diversa rispetto a quella dell’andata. Scelsi di imbarcarmi per Ancona, su una nave bianca e rossa come babbo natale. Ad Ancona mi misi sull’Adriatica e andai verso Bologna. Poi Siena, Pisa, Genova, l’addio al mare, che ancora adesso non ho rivisto. Quando sono tornato a Torino, ho lasciato la Vespa con la polvere della Grecia per una settimana. Poi è venuta la pioggia, e io ho pensato a quella struggente scena di Blade Runner dove il replicante dice che i suoi ricordi saranno persi come le sue lacrime nella pioggia che stava cadendo. La stessa cosa stava succedendo adesso, pensavo, e la polvere che tanto aveva significato per me adesso stava colando per le strade di Torino, trai i ciottoli e l’asfalto. E la Vespa per via della sabbia che si diluiva aveva una carrozzeria strana, maculata, e le righe che si formavano sembravano il rimmel di una bella ragazza quando piange. Ma questo vuol dire essere troppo romantici.

Plipla