La nuova società non può rinunciare all'interpretazione artistica delle tecnologie informatiche, cioè a un ponte tra queste e la psicologia. Anzi, ne ha bisogno più che mai poiché esse trasformano e disturbano le nostre abitudini mentali. Salvaguardare l'identità personale e la propria sensibilità significa scongiurare l'avvento di un "cervello globale" e la collettivizzazione delle coscienze.
L'artista occupa il ciberspazio,
gli altri ci vedono solo uno
strumento.
Roy Ascott
L'anno scorso il primo premio Ars Electronica nella categoria Art.net è stato
attribuito a Linus Thorvalds per la creazione di Linux, sistema operativo per la
gestione di programmi su computer. Linux fa ormai concorrenza al potente sistema
Windows 98 della Microsoft. Perché assegnare un premio normalmente riservato
agli artisti e in particolare questo - probabilmente il più prestigioso di tale
categoria nel mondo - a qualcuno che è incontestabilmente un programmatore di
primo rango, ma certamente non un artista? Del resto, quando ha ricevuto il
premio, Thorvalds medesimo ha riconosciuto questo fatto dicendosi al tempo
stesso sorpreso e non poco divertito di essere stato prescelto. La giuria, di
cui ero membro, ha giustificato la sua decisione invocando il valore creativo
del software nonché il suo potere di stimolare la creatività di altri
programmatori e ideatori, tra i quali anche gli artisti. A ciò si aggiunga che
Linux è stato dato al mondo in base al principio del codice aperto, il che
significa che chiunque può copiarlo e riprenderlo per svilupparlo in tutta
tranquillità senza dover pagare diritti d'autore. La decisione di lanciare Linux
è stata quindi un'operazione d'impatto globale1.
Da parecchi
anni la giuria di Art.net conferisce, durante lo svolgimento di Ars Electronica,
un premio, e spesso il primo, non solo a creatori che non sono artisti ma anche
a innovatori che non hanno mai sentito parlare del premio Ars Electronica e che
perciò non hanno nemmeno pensato di sottoporre al vaglio il loro lavoro. I
motivi sono vari: in primo luogo, con tutta la buona fede, finora non ci pareva
giustificato assegnare il primo premio, e talvolta neppure il secondo, a siti
web o a installazioni on line di medio interesse, allorché l'inventività si
dispiegava altrove e in particolare nell'industria delle Ntic (Nuove tecnologie
dell'informazione e comunicazione)2.
1.
Marshall McLuhan affermava che nell'era dei media elettronici
tutti sarebbero stati più o meno indotti, se non costretti, a diventare artisti.
Spiegava che, a differenza dell'era alfabetica, responsabile della
specializzazione a oltranza di tutte le facoltà umane, comprese quelle
dell'arte, l'era elettronica avrebbe portato con sé il ritorno dei sensi nella
comunicazione, a cominciare dal tatto reintegrato nei suoi diritti sul visivo
fino a questo momento dominante3. Egli aggiungeva
poi che, alla velocità della luce, solo la complessità della sensibilità
artistica avrebbe potuto evitare collisioni catastrofiche tra le molteplici
tecnologie che governano ormai la nostra esistenza.
Forse stiamo arrivando
alla fine del primo grande ciclo della creazione artistica, quello
dell'esplosione, ed entrando nel secondo, quello dell'implosione dei sensi e dei
valori estetici. L'elettricità oggi ha rovesciato la tendenza centrifuga
dell'alfabeto. Nel multimediale, cioè nel virtuale e nelle arti interattive,
come pure nella pubblicità, nei mass media e nelle reti, le Ntic reintroducono i
sensi nel discorso. Il successo prodigioso e folgorante delle reti dopo
l'invenzione del web ne è la prova, poiché quello che il primo navigatore del
web, Mosaic, aggiunse era proprio la dimensione sensoriale, assente in Internet
fino ad allora riservato agli specialisti. E di colpo tutti i produttori di
informazione si sentirono in obbligo di mettere immagini, musica e animazioni
nei loro siti. Tutte le persone collegate sono divenute in qualche misura degli
artisti, e gli imprenditori più abili si adeguano al passo e al ritmo delle
Ntic. Di conseguenza, se tutti sono artisti, nessuno lo è in particolare e i
professionisti dell'arte a ragione possono sentirsi smobilitati o essere presi
in contropiede da questi giovani imprenditori di start-up e dot.com che hanno i
mezzi per riassumere con disinvoltura il compito di inventariare le possibilità
delle tecnologie.
Né sempre si tratta di imprenditori, come testimonia il caso di Clever Da
Silva, un tassista di New York che d'improvviso si appassiona al marketing e
alla programmazione informatica; nel 1999, con l'aiuto di Glen de Vries
(designer) e di Richard Oceguera (produttore di siti web), egli fonda il primo
tassì su Internet. Grazie a una webcam installata nel suo tassì, l'internauta,
da vero e proprio passeggero, si avventura per le vie di New York. Per mezzo di
immagini che si rinnovano ogni 30 secondi, il visitatore è in grado di seguire
un itinerario "live" (ossia in tempo reale o quasi), dal lunedì al venerdì dalle
9.00 alle 18.00 (ora locale), ma se perde la corsa può accedere agli archivi e
apprezzare la "Grande mela" (the Big apple, secondo l'affettuoso soprannome
della città di New York) in ogni momento. L'utente può corrispondere per e-mail
con Clever, ottenendo una risposta praticamente immediata. Inoltre una pianta
virtuale propone una selezione di immagini (formato Ipix) di alcuni quartieri
newyorkesi: l'angolo visuale permette rotazioni fino a 360°, con o senza zoom4.
Questo sito
propone un uso molto intelligente di una delle tecnologie più originali
associate al web, la webcam, un piccolo apparecchio video, generalmente di basso
costo, specificamente concepito per trasmettere immagini sul web. Ormai esistono
numerosi siti dedicati alle webcam, che spaziano da una carta geografica del
mondo su cui basta cliccare per vedere un'immagine in tempo quasi reale del
luogo preciso su cui si è appunto cliccato5, a un sito,
tanto discusso quanto frequentato, che svela i giochi erotici o di altro genere
di una coppia che si dà all'esibizionismo mondiale6. L'ultimo grido
in fatto di webcam è opera di un ingegnere informatico dell'Università di
Toronto, Steve Mann, che è riuscito a incorporare un minuscolo obiettivo nei
suoi occhiali da sole, ricorrendo al quale può far condividere al mondo intero
le sue conversazioni private. Osserviamo per inciso che sul web i limiti tra
pubblico e privato sono rimessi seriamente in discussione.
Un altro esempio di un utilizzo tecnico del web maggiormente orientato sul
design è il sito Rome. Esso permette di visitare la ricostruzione virtuale della
Roma antica. Sulla pagina di presentazione, aggiornata regolarmente, sono
proposte sei icone che corrispondono a un percorso tematico nella città secondo
altrettanti approcci. Grazie alla realtà virtuale, ci muoviamo nei siti
architettonici ricostituiti servendoci delle diverse cartine proposte e del
modellino ricostruito dell'antica città. Per ogni luogo visitato sono forniti un
testo descrittivo e un'immagine delle sue attuali condizioni. Il punto forte del
sito è la visita tridimensionale di alcuni monumenti architettonici, tra cui,
per esempio, il Foro Boario. La visita guidata ci invita a girare in modo
interattivo intorno all'edificio. Tutte le immagini sono dotate di zone
cliccabili che permettono sia di esaminare i dettagli della costruzione, sia di
penetrare nel monumento per una visita virtuale attraverso visioni di sintesi7.
Questo è solo un esempio, peraltro alquanto riuscito, di un crescente numero
di siti archeologici e turistici che invitano alla navigazione virtuale nel
tempo e nello spazio aggiungendo al virtuale una qualità particolare di "realtà
accresciuta", secondo l'espressione coniata da Fred Brooks, quando era a capo
dell'Hmd, il centro di ricerca sulla realtà virtuale dell'Università di Chapel
Hill nella Carolina del Nord. Per "realtà accresciuta" si intende quella
conferita dal virtuale quando si appoggia sul reale anziché sostituirvisi.
Uno dei casi più eclatanti di realtà accresciuta è T-Vision, l'interfaccia di navigazione del gruppo Art+Com di Berlino, il cui principio operativo consiste nel dare accesso in tempo reale non solo alla carta geografica del mondo e a tutti i contenuti digitalizzati di siti reali, bensì anche a tutti i sistemi di informazione locali, regionali e planetari, nonché a tutte le webcam e telecamere di videoconferenze disponibili sulla rete al momento. Una nuova iniziativa di Art+Com è di inserire, grazie all'inquadratura precisa dell'obiettivo, fotografie e film documentari vecchi e nuovi nei luoghi reali sia filmati, sia digitalizzati, sia rappresentati virtualmente, ma comunque sempre a partire dall'angolo visuale del fotografo. Ciò consente di navigare in un luogo situato e repertoriato non solo nel tempo ma anche nello spazio. Per colmo di raffinatezza, Art+Com cerca di riprodurre questi documenti in tre dimensioni e li affigge sul web, che mette così a nostra disposizione, come nessun altro mezzo, il tempo e lo spazio del mondo. Presto sarà probabilmente possibile navigare in questo modo nella memoria comune di un intero paese come ci promette da due anni (purtroppo senza davvero mantenere la parola) il sito della stazione radio tedesca Ard (http://www.ard.de/zeitenwende), che invita tutta la Germania a digitalizzare i documenti d'archivio e a inviarli alla stazione radio perché vi siano integrati8.
Infine, per dare l'esempio di un sito che sfrutta insieme le risorse tecniche specifiche del web e una solida conoscenza del design, si rimanda a Thinkmap, del gruppo newyorchese Plumbdesign9. Thinkmap Thesaurus è un "salvaschermo"10 che riunisce e distribuisce 50.000 parole del vocabolario inglese corrente, in base ad associazioni di termini o di idee. Per esempio, poniamo che la parola centrale sia "arte": vedrete girare intorno a questa parola decine di altri termini da essa evocati, quali pittura, scultura, artista, estetica, critica, galleria, museo, mostra, quadro, ecc. Per navigare nelle associazioni di idee suggerite da certe parole, basta cliccare su uno o sull'altro dei termini che ruotano intorno alla parola perno. Il termine scelto si posiziona graziosamente al centro e viene immediatamente circondato dalle idee, parole, espressioni che sono a esso associate. Così la parola "critica" sarà circondata dai termini arte, giornale, analisi, pubblicazione, valutazione, commento, ecc. L'effetto è sbalorditivo poiché sullo schermo, ossia per magia della rete, pare riprodursi una sorta di emulazione di ciò che avviene nel nostro pensiero.
2.
L'intelligenza e la pura bellezza plastica di questi siti, come
di tante altre variazioni e configurazioni diverse rese possibili dal flusso
continuo di innovazioni tecniche apportate al web, fa venire voglia, talvolta,
di definirli opere d'arte. Tuttavia questa qualifica non è scontata. Anzitutto
forse bisognerebbe applicare distinzioni molto "accademiche" fra tecnica, design
e arte. Beninteso, le nuove condizioni offerte all'arte dal web sono in primo
luogo tecnologiche. Il materiale di base è il codice digitale. La
digitalizzazione riduce all'alternanza 0 e 1, on/off, l'eterogeneità di tutte le
sostanze, consistenze, forme, sensazioni, contenuti. Essa costituisce il minimo
comune denominatore di tutta l'esperienza umana, un denominatore ancora più
piccolo e ancora meno minimalmente "numeroso" delle lettere dell'alfabeto
destinate a tradurre le esperienze e le lingue umane. Tuttavia, così come
l'alfabeto ha trasformato l'innovazione in pratica quotidiana, tanto nella vita
quanto nella finzione, svincolando tutti i testi dai loro contesti, il digitale
ha centuplicato l'innovazione. La campionatura di tutte le consistenze, di tutti
i suoni, di tutte le sequenze si può ormai ridurre alla grana più fine. La magia
del morphing che fa trapassare un oggetto da una forma a un'altra senza
soluzione di continuità è un dono della digitalizzazione. La digitalizzazione
dei valori sensoriali legati alla comunicazione è la base della multimedialità.
La digitalizzazione consente il ritorno dei sensi nel senso, ossia nel processo
della significazione, e permette altresì la convergenza su Internet di tutti gli
altri media elettronici. Ne consegue una fioritura di possibilità tecniche che i
maestri del web padroneggiano sempre meglio, ma che ancora intimidiscono gli
artisti.
Gli artisti del net, al pari degli altri innovatori del web, devono affrontare un diluvio di risorse, dagli umili inizi dell'html - il codice che installa suoni e immagini e crea i legami sul web - fino al vrml che non solo aggiunge la terza dimensione ma dà anche la possibilità all'internauta di manipolare l'immagine. Il trattamento dell'immagine è oggetto di un'invenzione permanente grazie a raffinatezze che si chiamano Java, Flash, Shockwave, Active X, A-World, A-life: tutti acronimi che rappresentano nuovi poteri volti a emulare quelli dell'immaginario nel tempo reale e quasi magico della nostra coscienza. La qualità tecnica e il design certo non impediscono l'arte, ma essa richiede pur sempre qualcosa di più di una realizzazione tecnica, di una trovata formale o di un'idea, per quanto brillanti esse siano11. Se è abbastanza agevole distinguere l'arte dalla tecnica pura, per distinguerla dal design basta ricordare che mentre il design lavora sull'oggetto, cioè sulla causa, l'arte si occupa degli effetti delle tecnologie sull'umano12.
3.
Pertanto, a interessare in primo luogo l'artista non sono le
prodezze grafiche di Shockwave, capace di simulare in tempo reale e su un
portatile di medie prestazioni i dettagli più fini e tutti gli angoli di un
movimento perfettamente regolare, né le creazioni plastiche di tipo puramente
estetico facili da realizzare con programmi che mettono il mestiere, se non il
talento, alla portata di tutti. Più urgente per l'arte è interrogarsi sulla
specificità degli effetti di questo mezzo che riunisce in sé tutti gli altri. Ma
i grandi artisti del web sono ancora piuttosto rari.
Tuttavia, come spiega
bene Michel Samyn, uno dei più dotati tra i nuovi artisti del web, l'arte del
net non riguarda Internet, ma taluni effetti di Internet: «A differenza di tutti
i media che l'hanno preceduto, Internet è tutti i media insieme: a un tempo la
tela e la galleria, la rivista di arte e il circolo degli artisti ove si
incontrano gli amici, la biblioteca, una fonte di divertimento e di ricerca.
Quel che si fa su Internet è per lo più un assortimento di pratiche fra le quali
anche l'arte. Per dirla altrimenti, l'art.net in definitiva non è mai
semplicemente arte. L'art.net concerne ciò che concerne Internet e non
l'Internet medesimo. Quell'art.net troppo tipico che consiste nel mettere in
azione dei codici, dei virus e degli errori di computer non mi dice nulla di più
su Internet della mia posta elettronica quotidiana»13.
Forse proprio perché possiedono il distacco indispensabile, artisti di
provata esperienza la cui ricerca ha avuto inizio in altri campi, quali Antoni
Muntadas o Nam Jun Paik, o ancora i francesi Fred Forest, Jean-Marc Philippe14
e Maurice Benayoun, più dei nuovi venuti, hanno saputo trarre il miglior partito
dalle tecnologie e dalle specificità del web. The file room15, installazione
di Muntadas, che mette in rete le tecniche più raffinate di biblioteconomia, dà
accesso a quantità di documenti e di tagli operati dalla censura sin dall'antico
Egitto, un po' come se il net desse adito a un inconscio collettivo millenario e
rimosso. Il web è probabilmente destinato a divenire una specie di versione
materializzata dell'inconscio collettivo immaginato da Jung, a mano a mano che
si modificano i sistemi di accesso, che si precisano i motori di ricerca, che si
fissano i nuovi rapporti di potere e che si affievoliscono i confini tra
pubblico e privato.
Nella sua funzione capitale di interprete delle nuove
tecnologie, l'arte sta attraversando una crisi. Ancora è incerto se si tratti di
una crisi di crescenza che annuncia una ripresa, ovvero dei primi sintomi di una
decadenza terminale, del preannuncio che l'arte non ha più nulla di nuovo da
dire sulla condizione umana. Fatto sta che, dalla metà degli anni '90, le
sperimentazioni artistiche nel campo dell'interattivo e del virtuale, dapprima
brillanti, stanno perdendo sempre più colpi e diventano ripetitive. Ormai chi
cerca tesori di immaginazione e spera di trovare cose nuove sul piano artistico
guarda al web. Orbene, da quel lato si registrano progressi indubbi, ma lenti.
Le novità più interessanti sono di natura formale, sul tipo delle ricerche di
Vuc Cosic, di Alexei Shulegin e di Jodi, artisti che accumulano le
sperimentazioni sulle forme plastiche del web, o sul tipo dei poemi multimediali
on line, che invitano il visitatore a "surfare" tra testi, immagini e suoni
seguendo un percorso più o meno aleatorio che, secondo i casi, offre o no la
possibilità di darvi un contributo personale, ecc. Nulla di tutto ciò è
specifico del web, se non come modello plastico. Perché questa crisi?
La crisi nasce dal fatto che, da quando i vari aspetti di ciò che viene chiamato genericamente "la globalizzazione" sono emersi alla superficie della coscienza pubblica, si è cambiata la scala di valutazione. Vero che molti movimenti politici - incoraggiati dal successo della resistenza di gruppuscoli contro l'Organizzazione mondiale del commercio a Seattle alla fine del 1999 - si ergono oggi contro i diktat economici, tecnologici e culturali della globalizzazione, ma non perciò si è giunti a un dibattito artistico. Orbene la globalizzazione non è solo una faccenda di economia, ma è innanzi tutto una questione di psicologia legata in primo luogo a una specifica tecnologia, ossia Internet. Senza rendercene davvero conto, dacché abbiamo accesso e potere di intervento istantanei su qualsiasi punto del globo, siamo cresciuti fino alla misura planetaria. Inoltre abbiamo cambiato scala non solo sul piano temporale ma anche su quello spaziale. Certo l'anno 2000 ha sostanzialmente un valore simbolico privo di qualsiasi consistenza materiale, altra da quella dei discorsi, edifici e monumenti che gli sono consacrati. Purtuttavia tale valore simbolico ha qualcosa in più del passaggio, altrettanto simbolico, da un secolo o da un decennio a un altro, e cioè costringe il pensiero, magari solo per un attimo, a espandersi su una durata dieci volte più lunga del secolo16. Spesso, nel corso dei prossimi anni, per qualche secondo dovremo rapidamente e fortemente allargare il nostro campo cognitivo. Lo stesso vale per la visione della Terra che ci offrono i satelliti. Questo sguardo d'insieme sul mondo - evocatore di quel che il poeta W.B. Yeats definiva «l'emozione della moltitudine» - che la tecnologia ha reso possibile a partire dal primo sbarco sulla Luna nel 1969, aggiunge il formato tellurico all'allargamento temporale del millennio e alla vicinanza paradossale del mondo intero attraverso Internet.
Fino a oggi, quanto meno in Occidente, gli artisti si sono sempre fatti
carico di creare i raccordi e di addolcire le transizioni fra le trasformazioni
tecnologiche e il loro impatto psicologico. Così come l'arte della Grecia antica
ha proposto a monte della filosofia i fondamenti e le proporzioni della
psicologia umanistica dell'individuo che dipendeva dall'appropriazione
individuale del linguaggio attraverso la scrittura, così l'artista del
Rinascimento riprese questo compito quando gli effetti dell'alfabeto si
moltiplicarono in seguito all'invenzione della stampa. La parola "rinascimento"
altro non vuol dire che "seconda nascita" dell'individuo greco-romano. La nuova
società non può fare a meno dell'interpretazione artistica, anzi ne ha bisogno
più che mai perché le nuove tecnologie ci trasformano e disturbano le nostre
abitudini mentali. Se la funzione dell'arte è appunto quella di lanciare un
ponte tra le tecnologie e la psicologia, c'è un bisogno urgente di arte
autentica sul web. Internet - in quanto tecnologia radicale, invadente, che
turba profondamente tutto quello che tocca, altrettanto, se non più, dello
stesso alfabeto - pone all'arte una sfida senza precedenti.
Il ciberspazio
(altrimenti detto e-space, spazio virtuale o, ancora, spazio digitale) è
veramente una nuova entità a un tempo fisica e psicologica, di carattere
spazio-temporale, situata tra, attorno e nello spazio fisico e mentale. Il
ciberspazio partecipa insieme dello spazio fisico e dello spazio mentale, pur
non confondendosi né in loro, né con loro. L'architettura cognitiva del
ciberspazio è un riflesso invertito dello spazio mentale privato. Essa si
dispiega su uno schermo che corrisponde a una materializzazione esterna dei
luoghi di produzione dell'immagine mentale nel pensiero ed è sostenuta dalla
formalizzazione della prospettiva e del 3-D nel virtuale, ma è una sorta di
spazio mentale17 oggettivato,
condivisibile, insomma una specie di immaginario obiettivo.
Ciononostante la presa tenace su di noi della psicologia individualistica, nata con la prima rivoluzione alfabetica, ci impedisce ancora e sempre di capire la vera natura e le implicazioni socio-culturali del ciberspazio. Infatti, a causa di questa prigionia psicologica istituzionalizzata dallo Stato, dall'educazione e dalla scienza ufficiale crediamo, per esempio, che il pensiero sia, tra l'altro, linguaggio interiorizzato, secondo il modello sempre rinnovato della lettura. Ma il web ci invita, al contrario, a ripensare il pensiero e il linguaggio. La comparsa della rete rivela che forse la vera natura del linguaggio è quella di pensiero esteriorizzato, condiviso. In tal caso, tutti i media non sarebbero altro che variazioni sulle strutture collettive e connettive del pensiero. Radio, televisione, computer, tutti gli schermi e, a questo punto, anche il web sono altrettante proiezioni esteriorizzate di operazioni mentali ormai accessibili a chiunque si colleghi. Già sulla buona via di divenire il nostro pozzo di memoria collettiva ma personalizzata, il web sta pure dotandosi dei caratteri e dei poteri dell'intelligenza.
Roy Ascott, uno dei rari pensatori sull'arte ad aver preso posizione al di là delle doglianze della critica dell'arte legata al mercato, ci propone un modello all'altezza delle grandi trasformazioni in atto: per mezzo dei linguaggi che inventa, l'arte serve a riformulare la coscienza. Accontentarsi di ripetere il linguaggio già acquisito, senza criticarlo, senza ricrearlo, significa rinunciare al sentimento che siamo in grado di ripensare noi stessi e di ripensare il mondo, e rassegnarsi all'idea che, quanto alla realtà, ogni cosa è ormai definita, compreso il nostro pensiero. Come osserva Richard Rorty: «Creare il proprio spirito vuol dire creare il proprio linguaggio, per evitare che l'ampiezza del proprio spirito sia commisurata al linguaggio che altri esseri umani hanno lasciato dietro di sé». Rorty è un filosofo che rimette in discussione ogni categoria in cui il mondo vorrebbe collocarlo. Il suo pragmatismo ignora la sacralità della filosofia a favore della pulsione visionaria dell'artista e della ricerca di metafore che permettano la ricostruzione permanente della realtà e dell'io, rifiutando l'assenso passivo delle descrizioni canoniche. Liberarsi dalle categorie, tanto sul piano intellettuale che su quello emozionale, per dar vita a realtà nuove, nuovi linguaggi, nuove pratiche: a questo si dedica l'arte18.
Orbene il web propone una nuova forma di arte agli artisti, l'arte dell'intelligenza, cioè l'arte delle connessioni. "Intelligere" vuol dire "legare tra", ossia individuare dei legami, stabilire dei rapporti, trovare delle relazioni tra oggetti e idee. La natura stessa del web è intelligente, poiché tutto il web consiste in collegamenti, tutto l'ipertesto è fatto di nessi e rapporti. Il web è un immenso sistema di pensiero connettivo in cui ogni individuo entra a suo modo, per fini suoi, e aggiunge al patrimonio comune le sue impronte che riflettono solo lui o lei. Per questo motivo, contrariamente alla televisione o alla radio, il web non è un mezzo di comunicazione di massa, né un apparecchio collettivo. Per capire meglio il web bisogna immaginarlo come l'inverso del pensiero interiore, intimo, dell'individuo isolato in sé. Il web è l'immaginario oggettivo, condiviso, la moltiplicazione reciproca delle menti individuali. L'arte del web consiste nel collegare questi individui tra di loro in maniera pertinente. Spiega Ascott: «Un tempo chiuse, socialmente e filosoficamente parlando, in un solo corpo solitario, le menti vagano ormai liberamente nello spazio telematico. Siamo in cerca di un aumento della nostra capacità di pensare e di concettualizzare, di un'estensione e di un affinamento dei nostri sensi: per concettualizzare più riccamente e percepire più pienamente al di qua e al di là dei nostri vecchi limiti di visione, di pensiero e di costruzione»19.
4.
L'arte dell'intelligenza si dedica a creare trame e
collegamenti interessanti tra persone, secondo configurazioni sempre nuove
corrispondenti ai fini prefissati. Ciò avviene soprattutto attraverso reti, ma
può verificarsi anche faccia a faccia. In sostanza, l'arte della conversazione è
un'arte dell'intelligenza nota da sempre, ma non la si comprendeva allo stesso
modo prima della comparsa del net. Nel Seicento, era l'arte del bel
esprit, la capacità di un individuo di tener desta l'attenzione del
pubblico; nel secolo XXI, possiamo augurarci che diventi un'arte connettiva,
nella quale ciò che è detto sta tra la gente e non solo nella gente, e in cui la
responsabilità di chi ignora non è meno grande di quella di chi sa.
La
percezione cibernetica implica tecnologie transpersonali, quelle della
comunicazione, della condivisione, dello scambio, della collaborazione, la
tecnologia che ci rende capaci di trasformare il nostro essere, di trasferire i
nostri pensieri e di trascendere i limiti del nostro corpo. L'esperienza
transpersonale ci permette di cogliere l'interconnessione di tutte le cose, la
permeabilità e l'instabilità delle nostre frontiere, la scomparsa delle
distinzioni tra il tutto e la parte, il primo e il secondo piano, il contesto e
il contenuto20.
La semi-auto-organizzazione, per così dire, di cui dà prova la rete sarebbe
quindi il risultato di una spinta cognitiva nuova, originale.
L'esteriorizzazione delle coscienze individuali sotto forma di pagine web, di
sistemi connettivi, di ipertesti, di agenti digitali di ogni risma viene
integrandosi in un vasto ambiente di operazioni cognitive allo stato fluido e di
scambi permanenti, ma suscettibili altresì di archiviazione e di riutilizzo in
un insieme di reti di coscienze connettive. Insisto su questo termine per
cercare di sfuggire alla minaccia di un'unica vasta coscienza collettiva, quale
ci promettono, e facendo sul serio, i filosofi informatici.
Secondo Francis
Heylighen, informatico ed esperto di intelligenza artificiale all'Université
libre di Bruxelles, Internet è una versione allo stato embrionale di una specie
di "cervello globale". Secondo lui, l'intelligenza del web sta progredendo con
grande rapidità verso una sorta di superorganizzazione, se non altro perché si
debbono costantemente migliorare i mezzi per inglobare in Internet una quantità
crescente di informazioni in configurazioni sempre più complesse.
Uno degli allievi di Heylighen, Johan Bollen, lavora oggi nel celebre laboratorio di Los Alamos su un server web chiamato Principia Cybernetica che ricostruisce costantemente i collegamenti tra le sue diverse pagine tenendo conto delle necessità dell'utente. Spiega Michael Brooks in "The New Scientist": «In un normale sito web gli ipercollegamenti sono fissati da chiunque abbia costruito le pagine. Il server di Bollen è più astuto: crea esso stesso nuovi ipercollegamenti non appena ritiene che proporranno un percorso che gli internauti potrebbero seguire, e chiude quelli superati in quanto non attivati con sufficiente frequenza. Questa strategia porta a un sistema dinamico di rafforzamento e di indebolimento dei collegamenti tra le diverse pagine»21. Questa tecnica, che ricorda non poco la strategia dei sistemi neuromimetici per simulare nei calcolatori l'apprendimento dei cervelli, può trovare sostegno in altri approcci, in particolare quello della collaborazione automatizzata di agenti digitali, per far sì che effettivamente il web impari a risponderci in modo "iper-pertinente". Heylighen ritiene che in meno di cinque anni tale tipo di auto-organizzazione del web potrebbe fornirgli una conoscenza perfetta di tutti coloro che lo consultano: «Qualunque sia la domanda posta, la risposta sarà facilitata perché il web si organizzerà da solo per adattarsi a quello che la gente si aspetta da esso»22.
5.
Il concetto di cervello globale fa paura a molti23. Quanto a me,
non ci credo, non solo perché mi pare un fantasma irrealizzabile (basta
affannarsi con qualsiasi prodotto Microsoft per essere certi che un "cervello
globale" non funzionerà meglio di Windows 95, 98 o 2000), bensì soprattutto per
convinzione politica. Il discorso collettivistico è pericoloso perché il suo
valore metaforico è assai più efficace dei suoi fondamenti sociologici (Marx),
psicologici (l'Inquisizione) o tecnologici (la globalizzazione) qualunque sia il
grado di maturità che essi abbiano potuto raggiungere. Come la storia ci ha
appena dimostrato in modo globalmente tragico, basta essere sufficientemente
numerosi a pensare il collettivo per materializzarlo sotto forma politica e
sociale. Oggi siamo tanto più fragili quanto più le nostre tecnologie ci
consentono ormai di prendere davvero i nostri desideri per realtà, sia
nell'illusione del virtuale, sia nella realizzazione tecnica di progetti non più
frenati dalla resistenza del materiale, ma accelerati dalla malleabilità quasi
magica dell'informazione.
Possiamo scegliere. Lo possiamo ancora. Anziché
cadere vittime delle nostre tecnologie, siamo ormai consapevoli dei loro poteri
su di noi e sulla società. Gli strumenti che ci cambiano sono i medesimi capaci
di simulare a monte della storia gli effetti che avranno su di noi. Bisogna
attrezzarsi di una solida conoscenza sia della storia sia delle conseguenze
prevedibili delle tecnologie per evitarne gli effetti perversi. E la
collettivizzazione delle coscienze è un effetto perverso da qualsiasi lato della
catastrofe comunista o fascista ci si ponga. Avremmo lottato invano per la
libertà di coscienza e per la tolleranza durante molti secoli di guerre di
religione, conseguenti all'invenzione della stampa che aveva deposto il potere
dei papi, per perdere alla fine il diritto all'identità privata e alla
costituzione del soggetto individuale. Ciò che la lezione della lettura ci ha
dato, ovvero l'identità personale collegata a un solo corpo, il mio, non sarà il
net a riprenderselo in nome di un "cervello collettivo" più intelligente del
mio.
La rivoluzione psicologica in atto riguarda gli artisti assai più che gli
psicologi chiusi nella loro ottica scolastica. Sulla scia degli altri media
elettronici, ma riprendendoli e sintetizzandoli tutti, il web sta insediando un
nuovo ambiente di organizzazione mentale, sociale e psicologica nel mondo. In
effetti, il grande interrogativo è sapere quale sia la risposta pertinente
dell'arte alle sfide radicalmente nuove del XXI secolo. Queste sfide sono
numerose: anzitutto un immenso salto in avanti, un cambiamento di scala, dalle
proporzioni meschine dell'individuo confinato nella sua pelle, che abbiamo
ereditato dal Rinascimento, allo sguardo planetario dal satellite. Non abbiamo
cambiato solo scala spaziale, ma anche scala temporale, superando la soglia del
millennio, e dagli artisti ci attendiamo appunto che ci descrivano nuove
dimensioni. Per ora, invece, è piuttosto dai meteorologi che traiamo nuove
immagini di noi stessi, quelle della Terra, viste or ora su un sito web o
presentate la sera durante le previsioni del tempo dopo il telegiornale grazie
alla visione fugace, ma sempre fedele all'appuntamento, di questa stessa Terra
dal cielo24.
La
massima sfida lanciata all'arte è proporre modelli di gestione per una felice
intelligenza tra la mia coscienza e la mia sensibilità privata e le miriadi di
coscienze connettive che si dispiegano ancora senza saperlo, ma presto con piena
cognizione di causa, sul web o su tutte le variazioni di Internet e di reti a
venire. Come, in passato, l'immagine dell'io privato, inventata e proposta sulla
scena del teatro antico e poi ripresa e sviluppata nelle arti letterarie e nelle
arti plastiche dai più grandi maestri della nostra storia, l'immagine dell'io
connettivo non può fondarsi che sul piacere, sulla conoscenza e sulla libertà e
non su un diktat scientifico o tecnologico, né, soprattutto, a nessun patto, su
un'organizzazione politica.
Se è vero che, come afferma Ascott, «il concetto di individuo sta cedendo il
passo a quello di interfaccia» - un'osservazione che si verifica in tutti i
nostri comportamenti nei riguardi delle reti - dall'arte attendiamo qualcosa di
più della mediazione tecnologica o della facilitazione di imprese commerciali,
ossia una mediazione psicologica all'altezza dei nostri nuovi poteri.
Il
pragmatismo visionario è guidato dalla necessità di riportare sulla terra i
nostri sogni. Nel caso della cultura digitale, ciò si traduce attraverso la
telematica ubiquista per mezzo della quale l'intelligenza si distribuisce in
tutte le reti, in tutte le sfaccettature dell'ambiente, in tutti i prodotti,
strumenti e sistemi. Al contempo, lo stesso pragmatismo visionario si spinge
fino in fondo al nostro universo immateriale, "schermico", per compiere la
ri-materializzazione della cultura con le sue molecole e i suoi atomi, i suoi
neuroni e le sue nanotecnologie. Dà scacco al nichilismo e alla disperazione
della fine del postmodernismo e prende l'avvio dalla cultura post-biologica
promossa da un costruttivismo radicale. E' ora di dire "bye-bye Baudrillard" e
di annunciare il rovesciamento di questo declino mortifero che ha caratterizzato
l'arte della fine dell'ultimo secolo25. ·
(Traduzione di Cosima Campagnolo)
Note
1 E' in parte tale ampia visione che dà la dimensione artistica a un gesto che stimola l'immaginazione di migliaia di programmatori. Si misura tutta la differenza con l'atteggiamento di Bill Gates, presidente e direttore generale di Microsoft, che ha fondato la sua colossale fortuna sul principio inverso di proteggere strettamente e di far pagare al 90 % della popolazione collegata del mondo l'accesso al suo progiciel.
2 Per essere chiari, bisogna ammettere che ci sono innumerevoli "saggi" artistici - alla maniera dei Saggi di Montaigne - sul web. Parecchie decine di migliaia di siti sono dedicati ad artisti individuali, sia autoritratti on line, sia monografie interattive, sia esposizioni permanenti. I musei e le gallerie del mondo non si sono astenuti dal ripresentarsi on line. Ma per lo più non fanno che trasportarvi le tecniche, i metodi e gli obbiettivi delle opere e dei luoghi materiali.
3 La nozione, se non la realtà stessa dell'arte in Occidente, è senza dubbio uno degli effetti della frammentazione del discorso e del sensorium umano da parte della scrittura alfabetica. Desensorializzato dall'alfabeto - allo stesso modo che il logos è oggi polverizzato dal codice numerico - il linguaggio si è redistribuito in specializzazioni sensoriali dapprima incarnate dalle nove muse e poi istituzionalizzate nella pittura, nella scultura, nella poesia, nella musica, ecc.
5 Sezione geografica di un sito più generale dedicato interamente alle webcam, http://www.webcamvideo.com/; vedere in particolare la sezione "webcam indiscrete" (allusione a Diderot?) che mostra dei privati cittadini durante la loro vita quotidiana.
6 http://www.coupletv.com/, come la sezione speciale del sito precedente, propone la vita di una coppia 24 ore su 24.
7 http://www.unicaen.fr/rome. Un altro esempio dello stesso genere che ha grande successo in Francia è "Il secondo mondo", sito dedicato alla visita virtuale di Parigi (http://virtuel.cplus.fr/).
8 Secondo lo stesso principio, ma con un'efficacia e una pertinenza più tangibili, Edward Ayers, professore statunitense di storia, ha aperto un sito degno di nota sulla guerra civile (http://valley.vcdh.virginia.edu/) per dare a ciascun internauta l'occasione di farsi una propria idea su questa parte ancora controversa della storia americana.
9 http://www.plumbdesign.com/thesaurus.
10 Si chiamano "economizzatori di schermo" quei software che creano movimenti nell'immagine per impedire che questa "bruci" gli elementi sensibili dello schermo.
11 Alex Galloway, editore della rivista "Rhizome digest" - on line - spiega che i primi tentativi artistici on line sono stati caratterizzati dall'apprendimento di tecniche più che da una visione artistica. ("Rhizome digest" # 4.21.00 - digest@rhizome.org).
12 Un divertente esempio che illustra bene la differenza tra l'approccio artistico e l'approccio-disegno è l'assai serio canular dell'artista inglese che si fa chiamare "Service 2000" e che ha creato di tutto punto una serie di 30 siti web con indirizzi (Url) assai vicini a quelli che si potrebbero adattare o che sono effettivamente quelli di musei e di gallerie di Londra (per esempio: http://www.gagosian.co.uk/, http://www.whitecube.org.uk/, http://www.turnerprize.org.uk/, http://www.thenationalgallery.org.uk/, http://www.haywardgallery.org.uk/, http://www.tategallery.org.uk/. Ciò che è divertente è che egli ha dato volutamente un disegno maldestro e utilizzato altrettanto volutamente a torto risorse peraltro assai sofisticate del web non per screditare i corrispettivi musei e gallerie ma con lo scopo, spiega l'artista, di far capire a quelle stesse istituzioni che la loro attuale utilizzazione del web ha soltanto fini commerciali e attraverso iniziative prive d'immaginazione possono ricevere più male che bene.
13 Vedi conversazione tra Michael Samyn e Alex Galloway, op cit "Rhizome digest". Vedere anche il rimarchevole sito di Michael Samyn e i diversi progetti in esso contenuti (http://www.entropy8zuper.org/).
14 Il sito di Jean-Marc Philippe, http://www.keo.org/, è stato premiato nel 1999 al concorso di Ars Electronica. Si tratta di una ripresa on line del suo notevole progetto cominciato dapprima sul Minitel, "Messaggio dell'uomo all'universo", che consiste nel chiedere e riunire migliaia di brevi messaggi per mezzo sia del Minitel sia del web, e di inviarli nell'infinito dello spazio siderale o del ciberspazio.
15 Vedere in particolare http://www.thefileroom.org/. Questo sito non è che una parte dell'installazione di Muntadas che comprende anche un luogo materiale in una galleria o una sala d'esposizione.
16 Il progetto artistico più ambizioso e più profondo che tenga conto delle nostre nuove dimensioni è "The long now", concetto d'un orologio per millennio nel quale ogni anno non conta che per un secondo. Bisogna riconoscere che è stato concepito e messo a punto da Danny Hillis e dai suoi amici Stewart Brand e altri adepti di The well, la prima versione di una comunità on line, molto tempo prima della creazione del web.
17 Tanto di cappello al defunto ma profetico Georges Pérec che aveva capito più o meno contemporaneamente a McLuhan che lo "spazio infinito" dell'eredità euclidea non era più il solo tipo di spazio a nostra disposizione.
18 R. Ascott, Edge-life: thecnoetic structures and moist media, art, technology and consciousness, Intellect Books (da pubblicare), Exeter, 2000. Vedi anche Luciano Beolchi, L'informatica diventerà intelligente se sapremo darle un po' di filosofia, in questo numero di Telèma.
19 R. Ascott, The architecture of cyberception, Leonardo Electronic Almanac, 2(8).
20 Ibidem.
21 "New Scientist", 24 giugno 2000, http://www.newscientist.com/features/features.jsp?id=ns224417.
22 Citato da M. Brooks in "New Scientist", 24 giugno 2000. Brooks, che si presenta come un «insetto senza importanza dimorante nel Sussex», conclude il suo brillante articolo con una nota di umore feroce che farebbe sorridere anche Paul Virilio: «Back up your files, act dumb and keep your head down. There is a growing intelligence out there, and it knows your e-mail address».
23 Si potrebbe far risalire questo concetto a Teilhard de Chardin, ma significherebbe già falsare il problema giacché Teilhard non ha mai, nella sua nozione di "noosfera", immaginato altra cosa che un mezzo cognitivo. Egli non pensava, come faranno più tardi gli adepti della teoria di Gaia, o quelli della "terra-organismo" e soprattutto Peter Russel che per primo ha chiamato il suo libro The Global Brain, a un sistema unificato di controllo psicologico.
24 A questo proposito, c'è chi ha capito - Yann Arthus-Bertrand, uno dei rari tra i nostri fotografi di fama - come osservare, molto letteralmente, "la Terra vista dal cielo" (vedere: http://www.earthfromabove.com/).
25 R. Ascott, Edge-life: technoetic structures and moist media, art, technology and conbsciousness, Intellect Books (da pubblicare), Exeter, 2000.