nuovi luoghi e villaggi
contemporanei
Leggendo l'articolo
"Nuove sostanze. L'Informatica e il rinnovamento dell'architettura"
ho cercato di immaginare
quale sarà il destino delle città, quale sarà la loro forma, come
saranno trasformate dalle "accelerazioni" che caratterizzano la nostra
epoca.
Come in ogni fase di crisi,
il passaggio dalla società industriale a quella della informazione
ci pone di fronte ad una biforcazione: da un lato abbiamo la possibilità
di correggere vecchi errori e disponiamo di potenti strumenti per riconfigurare un mondo migliore, dall'altro c'è il "baratro" di
uno spazio ridotto ad un ammasso indifferenziato. "Il tempo nuovo è
una realtà; esiste indipendentemente dal fatto che noi lo accettiamo
o lo rifiutiamo ..." scriveva Mies Van Der Rohe, il nostro compito
è scegliere!
La città moderna, intesa come
città industriale, ha esercitato un dominio ed uno sfruttamento della
natura e contemporaneamente ha modificato il rapporto tra uomo e città.
Ciò è stato necessario al "funzionamento" della città moderna. Nella
città - macchina, dove la funzione determina rigidamente la forma,
gli abitanti sono stati costretti in case - macchina standardizzate,
ritenute adatte per ogni latitudine, cultura e popolazione. Si è affermato
un modello "da esportazione" di città e di abitazione, un modello
oggettivamente buono. Il risultato è stato spesso la produzione di
spazi privi di una effettiva funzione e di funzioni reali senza spazi
adeguati. Ancora peggio, la industrializzazione nella (e della) città
è passata sopra a tanti valori simbolici, ma essenziali, che si erano
sedimentati in strati finché la città è stata un autoprodotto
dei suoi abitanti. Non è un caso che molti guardino a forme superstiti
di autocostruzione, anche se frutto della disperazione, trovando profondi
legami tra forma del costruito e abitanti.
La
forma urbana, come la pianta del villaggio, era materializzazione
e mezzo di comunicazione di una specifica cosmologia, di una struttura
sociale, politica e religiosa. In altri termini, era il prodotto più
alto di ogni specifica cultura. In questo senso, la città e le sue
forme erano essenziali all' esistenza e alla continuità di ogni comunità,
con i propri caratteri di identità. Queste "qualità" sono
diventate una rarità, se dobbiamo cercarle nelle favelas del mondo
"in via di sviluppo".
Questo prezzo è stato pagato
a favore dalla modernizzazione intesa come industrializzazione.
La società della informazione, l'affermazione di
un nuovo paradigma tecnologico, economico, culturale post
industriale, viste in prospettiva, aprono diverse strade possibili:
una verso l'idea di un enorme VILLAGGIO GLOBALE, l'altra verso una
moltitudine di nuovi VILLAGGI CONTEMPORANEI.
Il paradigma dell'informazione
porta come conseguenza la tendenza alla a - spazialità delle funzioni,
legata alla de - materializzazione dei processi produttivi e, quindi,
ad una minore necessità di concentrazione fisica di molte attività.
La localizzazione di funzioni, un tempo esclusivamente urbane, è oggi
più flessibile e la forma urbana si svincola da un rapporto di subordinazione
assoluta ad esse. Avviene un ribaltamento: è la forma precostituita
a rappresentare un vincolo alla disposizione delle attività. Queste
tendenze, che fanno parte del "tempo nuovo", rappresentano un rischio
ed una opportunità allo stesso tempo.
Il RISCHIO è quello di andare
verso la costruzione di uno sconfinato spazio indifferenziato, sempre
uguale a se stesso, una sommatoria di NON LUOGHI nei quali vivere
la rassicurante esperienza della spersonalizzazione e dell'anonimato
(per il concetto di non luogo secondo Marc Augé segui il link:
Non luoghi
e Disneyland
e altri non luoghi ). La città sarà sempre più piena di luoghi senza
caratteri di identità, uguali a se stessi in ogni parte del mondo,
nei quali saremo solo dei viaggiatori solitari? E' questo lo
scenario al quale pensano molti parlando di villaggio globale?
L' OPPORTUNITA'
è grande almeno quanto il rischio! La a - spazialità
delle funzioni, lo scioglimento del vincolo forma - funzione, a scala
urbana e del singolo edificio, sono dei potenti strumenti sia per
attuare politiche di riqualificazione di aree degradate e dismesse, che per favorire una riappropriazione della città
da parte dei suoi abitanti. Con le possibilità dell'epoca dell'informazione,
potremmo rafforzare i caratteri di identità dei luoghi, rivitalizzare
quei processi di identificazione e di autorappresentazione caratteristici
del villaggio. Tra le pieghe della città industriale e moderna, potremmo
tentare di ricomporre tanti nuovi "villaggi contemporanei". Riusciremo
ad arrivare al paradosso di impiegare le conoscenze più avanzate per
ottenere un risultato antico come quello di farsi di nuovo un
proprio villaggio?
L'architettura
e l'urbanistica non potranno restare indifferenti: bisogna cominciare
a RICARICARE di simboli efficienti le città se vogliamo poter tornare
ad identificarci nelle sue forme, a farne un elemento essenziale nella
costruzione delle personalità individuali e del nostro appartenere
ad un gruppo.
In un certo senso
direi che le città dovrebbero tornare a farsi "villaggio", utilizzando
le conoscenze più avanzate non per creare altri NON LUOGHI, ma per
ricostruire dei NUOVI LUOGHI (con una identità, relazionali, con una
storia), cioè dei VILLAGGI CONTEMPORANEI.
paolo diociaiuti