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(P)ASSAGGIO b

riflessioni e approfondimenti sull'articolo del prof. Antonino SAGGIO:  "NUOVE SOSTANZE. L'Informatica e il rinnovamento dell'architettura".

Email:paolo.diociaiuti@inwind.it

 

La società dell'informazione ha sempre meno bisogno di grandi porzioni di terreno, in particolare se dislocate nelle città, per produrre beni manifatturieri. Il vegetale che compriamo al supermercato è al 90 percento "informazioni", lo stesso e anche di più lo sono gli elettrodomestici o le automobili e sempre più persone producono beni che sono "pura" informazione. La produzione si sposta negli uffici, nelle università, nei centri di ricerca ma anche in posti una volta impensabili come le case, i luoghi di commercio o di divertimento. Sempre meno il "luogo" diventa in sé fattore importante.

(Antonino Saggio)

 

 

nuovi luoghi e villaggi contemporanei

Leggendo l'articolo "Nuove sostanze. L'Informatica e il rinnovamento dell'architettura" ho cercato di immaginare quale sarà il destino delle città, quale sarà la loro forma, come saranno trasformate dalle "accelerazioni" che caratterizzano la nostra epoca.                       

Come in ogni fase di crisi, il passaggio dalla società industriale a quella della informazione ci pone di fronte ad una biforcazione: da un lato abbiamo la possibilità di correggere vecchi errori e disponiamo di potenti strumenti per riconfigurare un mondo migliore, dall'altro c'è il "baratro" di uno spazio ridotto ad un ammasso indifferenziato. "Il tempo nuovo è una realtà; esiste indipendentemente dal fatto che noi lo accettiamo o lo rifiutiamo ..." scriveva  Mies Van Der Rohe, il nostro compito è scegliere!

La città moderna, intesa come città industriale, ha esercitato un dominio ed uno sfruttamento della natura e contemporaneamente ha modificato il rapporto tra uomo e città. Ciò è stato necessario al "funzionamento" della città moderna. Nella città - macchina, dove la funzione determina rigidamente la forma, gli abitanti sono stati costretti in case - macchina standardizzate, ritenute adatte per ogni latitudine, cultura e popolazione. Si è affermato un modello "da esportazione" di città e di abitazione, un modello oggettivamente buono. Il risultato è stato spesso la produzione di spazi privi di una effettiva funzione e di funzioni reali senza spazi adeguati. Ancora peggio, la industrializzazione nella (e della) città è passata sopra a tanti valori simbolici, ma essenziali, che si erano sedimentati in strati finché la città è stata un autoprodotto dei suoi abitanti. Non è un caso che molti guardino a forme superstiti di autocostruzione, anche se frutto della disperazione, trovando profondi legami tra forma del costruito e abitanti. 

         

La forma urbana, come la pianta del villaggio, era materializzazione e mezzo di comunicazione di una specifica cosmologia, di una struttura sociale, politica e religiosa. In altri termini, era il prodotto più alto di ogni specifica cultura. In questo senso, la città e le sue forme erano essenziali all' esistenza e alla continuità di ogni comunità, con i propri caratteri di identità. Queste "qualità" sono diventate una rarità, se dobbiamo cercarle nelle favelas del mondo "in via di sviluppo".

Questo prezzo è stato pagato a favore dalla modernizzazione intesa come industrializzazione.

La società della informazione, l'affermazione di un nuovo paradigma tecnologico, economico, culturale post industriale, viste in prospettiva, aprono diverse strade possibili: una verso l'idea di un enorme VILLAGGIO GLOBALE, l'altra verso una moltitudine di nuovi VILLAGGI CONTEMPORANEI.           

Il paradigma dell'informazione porta come conseguenza la tendenza alla a - spazialità delle funzioni, legata alla de - materializzazione dei processi produttivi e, quindi, ad una minore necessità di concentrazione fisica di molte attività. La localizzazione di funzioni, un tempo esclusivamente urbane, è oggi più flessibile e la forma urbana si svincola da un rapporto di subordinazione assoluta ad esse. Avviene un ribaltamento: è la forma precostituita a rappresentare un vincolo alla disposizione delle attività. Queste tendenze, che fanno parte del "tempo nuovo", rappresentano un rischio ed una opportunità allo stesso tempo.

Il RISCHIO è quello di andare verso la costruzione di uno sconfinato spazio indifferenziato, sempre uguale a se stesso, una sommatoria di NON LUOGHI  nei quali vivere la rassicurante esperienza della spersonalizzazione e dell'anonimato (per il concetto di non luogo secondo Marc Augé segui il link: Non luoghi e Disneyland e altri non luoghi ). La città sarà sempre più piena di luoghi senza caratteri di identità, uguali a se stessi in ogni parte del mondo, nei quali saremo solo dei viaggiatori solitari? E' questo lo scenario al quale pensano molti parlando di villaggio globale?

              

L' OPPORTUNITA' è grande almeno quanto il rischio! La a - spazialità delle funzioni, lo scioglimento del vincolo forma - funzione, a scala urbana e del singolo edificio, sono dei potenti strumenti sia per attuare politiche di riqualificazione di aree degradate e dismesse, che per favorire una riappropriazione della città da parte dei suoi abitanti.  Con le possibilità dell'epoca dell'informazione, potremmo rafforzare i caratteri di identità dei luoghi, rivitalizzare quei processi di identificazione e di autorappresentazione caratteristici del villaggio. Tra le pieghe della città industriale e moderna, potremmo tentare di ricomporre tanti nuovi "villaggi contemporanei". Riusciremo ad arrivare al paradosso di impiegare le conoscenze più avanzate per ottenere un risultato antico come quello di farsi di nuovo un proprio villaggio?

L'architettura e l'urbanistica non potranno restare indifferenti: bisogna cominciare a RICARICARE di simboli efficienti le città se vogliamo poter tornare ad identificarci nelle sue forme, a farne un elemento essenziale nella costruzione delle personalità individuali e del nostro appartenere ad un gruppo.

In un certo senso direi che le città dovrebbero tornare a farsi "villaggio", utilizzando le conoscenze più avanzate non per creare altri NON LUOGHI, ma per ricostruire dei NUOVI LUOGHI (con una identità, relazionali, con una storia), cioè dei VILLAGGI CONTEMPORANEI.

paolo diociaiuti

 

           

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