Giacomo
Leopardi
(1798-1837)
Nato a Recanati nel 1798,
cresce in un ambiente familiare, socio-culturale e
politico arretrato. Compie i suoi studi eruditi nella
ricca biblioteca paterna. Al 1816 risale la sua "conversione letteraria", ovvero "dall’erudizione al bello". Legge i classici italiani (Dante, Petrarca, Tasso). Inizia nel 1817 la stesura dello Zibaldone, sul quale annoterà pensieri ed abbozzi di opere; nello stesso anno comincia la corrispondenza col Giordani, un rappresentante del neoclassicismo progressista. Nel 1819 a causa della sua malattia agli occhi, cade in uno stato di cupa desolazione e matura la "conversione filosofica" ossia il passaggio "dal bello al vero" e l’elaborazione del pessimismo storico. |
Nel 1822 sofferma a Roma, l’anno successivo torna a Recanati e approfondisce la riflessione filosofica approdando al pessimismo cosmico. Scrive le Operette Morali nel ’24.
Lasciata Recanati soggiorna a Milano, a Bologna e a Firenze, dove entra in contatto col gruppo cattolico-liberale dell’ "Antologia".
Ritornato a Recanati vive il periodo più tormentoso della sua esistenza, scrivendo i "grandi idilli".
Lasciato per sempre il "natio borgo selvaggio" assume un atteggiamento più combattivo di fronte alla vita e più solidale nei confronti della società.
L’amore sfortunato per Fanny Targioni Tozzetti gli ispira le poesie del "ciclo di Aspasia".
Stabilitosi a Napoli, ospite dell’amico Ranieri, nel 1833 scrive un gruppo di poesie satiriche, e compone le sue ultime opere: Il tramonto della luna e La Ginestra.
Muore a Napoli il 14 giugno 1837.
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