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Due poesie di D. M. Turoldo

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VIENI DI NOTTE


Vieni di notte,
ma nel nostro cuore è sempre notte:
e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni in silenzio,
noi non sappiamo più cosa dirci:
e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni in solitudine,
ma ognuno di noi è sempre più solo:
e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni figlio della pace,
noi ignoriamo cosa sia la pace:
e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni a liberarci,
noi siamo sempre più schiavi:
e dunque vieni sempre Signore.

Vieni a consolarci,
noi siamo sempre più tristi:
e dunque vieni sempre Signore.

Vieni a cercarci,
noi siamo sempre più perduti:
e dunque vieni sempre Signore.

Vieni, tu che ci ami,
nessuno è in comunione col fratello
se prima non è con te, o Signore.

Noi siamo tutti lontani, smarriti,
né sappiamo chi siamo, cosa vogliamo:
vieni, Signore.

Vieni sempre, Signore.

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(da Lettera di Natale - ediz. La Locusta, Vicenza)

AMARO RISO DI ANGELI...


La tristezza di questi natali
Signore, ti muova a pietà.
Luminarie a fiumane, ghirlande
di false costellazioni oscurano
il cielo di tutte le città.
Nessuno più appare all'orizzonte:
nulla che indichi l'incontro
con la carovana del Pellegrino;
non uno che dica in tutto
l'Occidente: "Nel mio albergo si, c'è un posto"!
Non un segno di cercare oltre,
un segno che almeno qualcuno creda,
uno che attenda ancora
colui che deve venire...
Non attendiamo più nessuno!
Tutto è immoto, pure se
dentro un inarrestabile vortice!
E' così, è Destino, più non ci sono
ritorni, né ricorsi: è inutile
che venga! Tale è questa
civiltà gravida del Nulla!

Ora tu, anche se illuso di credere
o figlio dell'ateo Occidente,
segui pure la tua stella - così
è gridato per tutta la città
dai vessilli - segui, dico,
la stella e troverai cornucopie
vomitare leccornie, o non altro
che spiritati manichini
di mode folli in volo
dalle vetrine...
Poiché falso è questo tuo
donare (è Natale!), falso
perfino stringerci la mano
avanti la Comunione, e
trovarci assiepati nella Notte
a cantare "Gloria nei cieli ... ".

Un amaro riso di angeli obnubila
lo sfavillio dei nostri presepi, Francesco
cantore di perfette, tragiche
letizie: pure se un Dio
continuerà a nascere,
a irrompere da insospettati recessi:
là dove umanità alligna ancora
silenziosa e desolata: dal sorriso
forse di un fanciullo
della casba a Daccà, o a Calcutta...
Nessuno conosce solitudine come
il Dio del Cristo: un Dio
che meno di tutti può vivere solo!

Certo verrà, continuerà
a venire, a nascere
ma altrove,
altrove...

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