Il Convegno sul tirocinio (25 novembre 2000)
Il convegno Capi del 25 novembre 2000 è stato dedicato al Tirocinio.
La giornata è stata strutturata nel seguente modo:
relazione introduttiva di Stefano Pescatore;
lavori in gruppi misti su tre temi:
• figura del tirocinante
• figura del tutor
• ruolo della Co.Ca.
condivisione delle considerazioni scaturite nei gruppi ad opera dei relatori (per argomento) ed esposizione al Convegno Capi;
conclusioni di Stefano Pescatore;
cerimonia conclusiva del Convegno.
Nelle pagine che seguono vi offriremo una sintesi dell’intervento di Stefano Pescatore e delle tematiche emerse nei lavori di gruppo.
A conclusione riproponiamo la rilettura aggiornata dell’articolo di Maria Luisa Centofanti sul tirocinio apparso qualche tempo fa su SIL, ritenendolo un utile strumento per i capi, per le Co.Ca., per le Zone che potranno approfondire la riflessione iniziata insieme ed aiutarci a rendere il tirocinio una realtà concreta.
Il tutto nella speranza che i semi, consegnati ai singoli tirocinanti a conclusione del convegno, possano davvero germogliare nella terra e con l’acqua consegnate ai capi gruppo presenti.
Buon lavoro!
Dall’intervento introduttivo di Stefano Pescatore - Incaricato Nazionale di Formazione Capi.
In Asci, vi era un periodo di tirocinio abbastanza strutturato. In AGESCI si è affermato con un po’ di fatica, ma ciononostante anche il nuovo Iter di Formazione Capi comincia ad andare a regime.
Al Consiglio Generale del 1989 il materiale predisposto dalla Formazione Capi e sottoposto all’attenzione dei Consiglieri Generali fu tantissimo.
Il tirocinio venne definito come:
"Un particolare momento di formazione da vivere e verificare, nell’ambito del Progetto del Capo, insieme alla Comunità Capi. E’ svolto in una Unità dopo la partecipazione al corso di Formazione Metodologica ed ha la durata di un anno. Al termine può essere frequentato il CFA. Rappresenta una occasione di servizio adulto verso se stessi e verso gli altri per chi ha scelto di essere Capo.
Durante il tirocinio vengono principalmente curati questi aspetti:
1. Formazione personale;
2. Competenza metodologica;
3. Acquisizione del senso associativo e della capacità di educare ad esso."
Facciamo un attimo di pausa e cerchiamo di comprendere:
• Formazione personale:
La nostra formazione non è solo tecnica ma anche umana, valoriale, e quindi è il momento in cui il Tirocinante deve fare chiarezza su quali sono i valori del Capo.
Il Capo non è solo Metodo:
gran parte del nostro movimento si basa sull’esempio personale del Capo, che quindi è chiamato a testimoniare i valori in cui si riconosce l’Associazione nell’ambito della vita di fede, dell’impegno politico, della prassi morale, del lavoro e dello studio.
• Sulla competenza metodologica non ho nulla da dirvi:
non è qualcosa che si impara sui libri, è qualcosa che ti entra dentro attraverso la pratica e l’osservazione dei Capi più esperti.
Il terzo punto ritengo che sia fondamentale:
• Acquisizione del senso associativo e della capacità di educare ad esso.
E’ forse quello che più manca ai Capi in questo momento. Manca perché spesso si ritiene che l’appartenenza associativa si esaurisca nell’azione educativa all’interno delle unità.
Nel modello di Tirocinio pensato allora manca ogni riferimento al coinvolgimento della Zona.
Parte così nel 1989 un dibattito associativo sul Tirocinio, che sintetizza i seguenti principi:
L’ingresso in Comunità Capi non corrisponde alla piena capacità di assumere dirette responsabilità educative: di fatto i giovani capi, appena entrati in comunità capi, vengono incaricati di compiti per la cui conduzione non hanno spesso né maturità né preparazione…. I tempi di formazione, che devono coinvolgere comunità capi e zona, contemplano e consentono esplicitamente un cammino progressivo sia nella preparazione che nella assunzione di responsabilità: apprendimento di nozioni (CFM); esperienza guidata (tirocinio); riconoscimento (abilitazione a Capo unità); esperienza con piena responsabilità in continua crescita e verifica (servizio di capo unità pienamente inserito nella vita delle strutture).
Il tirocinio viene ridefinito come:
"Esperienza di servizio attivo all’interno di uno staff sotto la responsabilità della COCA e partecipazione a interventi mirati da parte di zone e/o regioni"
Dal momento di ingresso in COCA l’adulto in servizio associativo inizia un periodo di tirocinio della durata di 1 anno, in una unità, vivendo attivamente il suo servizio….
Arriviamo così al documento approvato dal CG 1996.
Il TIROCINIO viene definito come concetto diffuso e condiviso. E’ uno spazio in cui vengono individuate tre aree di formazione:
• Metodologica, per apprendere, affinare e consolidare una conoscenza dei linguaggi e dei metodi;
• Vocazionale, per capire le proprie scelte;
• A s s o c i a t i v a , per sentirsi parte attiva dell’Associazione e sviluppare quel benedetto senso di appartenenza di cui tanto si parla.
Non è un momento puramente didattico, ma è la chiara espressione di come si impari a fare il Capo… facendolo, affiancati da persone più esperte.
I Soggetti del tirocinio vengono individuati :
• Lo staff, che segue e supporta il Capo;
• La Comunità Capi, che segue l’esperienza del Capo e ne è corresponsabile;
• La zona, che off re esperienze di scoperta dell’appartenenza associativa e di partecipazione alle scelte, oltre che di confronto più ampio.
In coloro che ebbero a redigere il documento vi è la consapevolezza che il Tirocinio non è la chiave di volta per risolvere tutti i mali, ma richiede comunque una serie di attenzioni:
• il clima della comunità capi in primo luogo: la coca deve essere un luogo in cui si sta bene insieme agli altri, un ambiente valorizzante in cui inserire con un proprio ruolo ed un proprio spazio i giovani capi, in cui si innescano meccanismi positivi che portano dall’innamoramento dell’educare alla intenzionalità educativa:
perché educare, perché educare con un metodo, perché il metodo scout e come porlo in pratica.
Ciò può avvenire solo attraverso una graduale assunzione di responsabilità frutto di un percorso consapevole e strutturato che preveda un momento di accoglienza, un momento di accompagnamento – in cui il tirocinante possa sperimentarsi nell’uso del metodo e nel rapporto con i ragazzi, affiancato ad un capo più esperto – ed un momento di verifica.
Parole chiave di questo percorso sono:
CHIAREZZA DELLA RESPONSABILITÀ: la comunità capi nel suo insieme è responsabile, ma sarebbe opportuno venissero individuati singoli capi con il compito di affiancare e seguire personalmente il cammino del tirocinante (figura del Tutor);
CHIAREZZA SUL MANDATO DI CAPO: sia da parte della comunità capi, nella richiesta di impegno che formulerà al capo che entra, sia da parte del tirocinante, che accetta di giocarsi in questo percorso;
CHIAREZZA SUL PERCORSO: che deve essere graduale, corresponsabilizzante, che fa sentire a proprio agio le persone, che valorizza le capacità di ciascuno, che è intriso di relazioni positive.
Se si riesce a vivere il tirocinio nella compresenza equilibrata di questi elementi si può immaginarlo come una esperienza che porti ad un consolidamento delle motivazioni al servizio e ad un accrescimento dell’arte e delle qualità del Capo.
• In questo percorso la Zona interviene non solo sui tirocinanti, relativamente alla possibilità di più ampio confronto e di introduzione alla partecipazione alle scelte associative, ma può anche intervenire sui Tutor, in modo da svilupparne la consapevolezza e favorire le capacità di realizzare il percorso formativo che ciascuna comunità capi avrà ideato.
• La formazione capi interviene a sua volta come stimolo alla formazione in Associazione di una più radicata cultura dell’accoglienza dei giovani capi.
Riassumendo quanto esposto in alcune semplici considerazioni:
• Il tirocinio non è un paletto ma una opportunità, un momento da vivere e da sfruttare per apprendere un modo sereno di fare servizio, attraverso la graduale assunzione di responsabilità ;
• È una parte fondamentale del progetto personale di un Capo: a fare il capo non si impara nei campi scuola; lì mi consegnano gli attrezzi, ma serve qualcuno che mi stia vicino e mi insegni ad usarli.
• Il tirocinante non è una comparsa ma è un attore non protagonista e sappiamo che anche gli attori non protagonisti possono meritare il loro oscar.
• L’arte del capo si apprende a bottega e non sui libri: lo scoutismo non è una scienza ma un gioco che si impara giocando.
• Prima o poi il tirocinante crescerà e dovrà fare il capo: l’attore non protagonista dovrà avere un ruolo da protagonista e qualcuno dovrà necessariamente fargli spazio, se non vogliamo che la gente ci saluti dopo uno o due anni!
• L’ ingresso in comunità capi è paragonabile all’imprinting di Lorenz: la prima impressione della comunità capi che riceverà il neofita sarà quella che si porterà dietro per parecchio tempo: provare per credere. Per questo è importante che si viva l’accoglienza, non solo come clima e come dimensione permanente delle relazioni tra adulti,
ma anche come cerimonia.
Vorrei concludere questo mio intervento con un’altra citazione da B.P.: Un proverbio comunemente citato dice: "Solo chi prima ha imparato ad ubbidire può fare il capo".
D’accordo, ma come altri ha i suoi limiti.
Io preferisco come Capo un uomo che abbia imparato a fare il capo.
Le considerazioni emerse dai Lavori di Gruppo
La COCA
1) Il tirocinio è sacrificato dall’emergenza; in questo caso non è una realtà ma un mero passaggio di nozioni fatto dallo staff.
2) Bisogna avere grande rispetto del tirocinante come capo a tutti gli effetti.
3) Ci vuole chiarezza da subito sul ruolo di capo.
4) Importanza fondamentale della COCA nel coinvolgimento del tirocinante.
5) Individuare quando collocare il CFM rispetto al tirocinio.
Il TUTOR
1) Imposta il confronto sul Patto Associativo.
2) Aiuta a capire i meccanismi dell’Associazione.
3) Non è imposto ma scelto spontaneamente.
4) Il Tutor non è un delegato dalla Co.Ca. al "duro lavoro che qualcuno deve pur fare" ma colui che da amico affianca la crescita di un nuovo capo.
5) Aiuta il tirocinante a verificarsi sulla sua posizione di Capo e sulle scelte (educatore, catechista).
6) È testimone e coerente.
7) Si pone da esempio per i più giovani. Chi fa il Tutor è un cittadino un po’ migliore.
8) Induce alla consapevolezza: è quello che "apre la porta".
9) Segue la sua vocazionalità.
I Tirocinanti
1) I tirocinanti chiedono di essere guidati dai Capi Unità nel capire il perché si fanno le cose nella Branca.
2) Quale responsabilità per il tirocinante, quale progressione della responsabilità in vista di un possibile impegno come Capo Unità?
3) Al tirocinante dovrebbe essere richiesto il Progetto del Capo con menzione al CFM, la partecipazione ad attività associative (viene prima la formazione del sevizio), la disponibilità ad apprendere con spirito critico, la disponibilità di 3 anni.
4) L’accoglienza, diversa nei vari gruppi, rischia di terminare nella prima cerimonia (non sempre strutturata).
5) Tirocinio visto solo nell’aspetto metodologico, non anche come formazione personale ed associativa.
6) La COCA deve considerare maggiormente gli aspetti valoriali del tirocinio, piuttosto che quelli istituzionali (Tutor, riunioni a tema, ecc.).
7) Non ci sono occasioni di dibattito e confronto su ciò che si fa..
(Aggiornamento dell’articolo apparso su SIL nel novembre 1993 a cura di Lulù Centofanti)
La domanda nasce spontanea: perché è importante che in Zona ci si occupi di Tirocinio? Ci si è detti più volte che non si entra in una Co.Ca., ma che si deve anche imparare ad essere ed a fare, soprattutto in fase iniziale e che questi tempi vanno salvaguardati. In altre parole significa che si ritiene importante avere cura dei Capi nel loro "apprendistato" e agire di Zona – vedremo chi e come – è preoccuparsi dello sviluppo qualitativo e quantitativo dello scoutismo sul territorio. Ne consegue che il tirocinio deve diventare una delle priorità dei Progetti Educativi di ogni Gruppo e di ogni Zona. Teniamo ora ben presente l’iter di Formazione Capi approvato dal Consiglio Generale del 96:
"Art. 3 Il tirocinio è il momento iniziale del cammino di formazione del capo. Tale periodo, della durata di 12 mesi, ha inizio nel momento in cui l’adulto inserito in una comunità capi comincia il suo servizio in unità. Il tirocinante vive attivamente il suo servizio in Associazione come membro della comunità capi, partecipa al campo di Formazione Metodologica, può essere frequentato il campo di Formazione Associativa.
Art. 4 Lo scopo del periodo di tirocinio è:
• permettere la verifica, nella comunità capi, delle proprie scelte e del processo di maturazione del " Progetto del Capo", nella quotidianità dell’impegno e nel realismo della propria organizzazione personale;
• permettere la verifica della propria competenza
metodologica con l’aiuto del capo unità
attraverso la pratica quotidiana;
• permettere l’acquisizione del senso della partecipazione associativa.
Art. 5 – Intervengono in sostegno dei tirocinanti:
• la comunità capi, che formula e realizza un itinerario di accoglienza, di accompagnamento e di verifica, i cui elementi chiave sono: chiarezza delle responsabilità del mandato di un capo e della proposta del percorso;
• lo Staff di unità che coinvolge il tirocinante verso una piena responsabilità nella realizzazione educativa e gli permette di sperimentarsi nell’uso del metodo e nel rapporto con i ragazzi;
• la Zona che off re esperienze di scoperta dell’appartenenza associativa e di partecipazione alle scelte e introduce la modalità del confronto più ampio come occasione di formazione." Il Tirocinio non è quindi una semplice occasione formativa, ma uno dei tre momenti dell’iter di Formazione dei Capi educatori dell’Associazione. È quindi una risorsa strategica che va progettata, sostenuta e verificata.
Chi è il tirocinante ?
Figura
È il capo che vive il primo anno di servizio educativo in una Co.Ca., sia che provenga dal Clan/Fuoco come da altri ambienti. Può capitare che in una Zona i tirocinanti abbiano età molto diverse ed allora si possono pensare dei percorsi differenziati.
Ruolo
Il tirocinante è inserito in una Co.Ca. in cui "impara scoprendo" a servire nella corresponsabilità: il suo campo d’azione è l’unità, dove è protagonista del cammino con i ragazzi. È opportuno che in questo primo anno, che è una sorta di apprendistato, gli sia affidato un servizio in unità come AiutoCapo.
Identità
Il tirocinante è un adulto (o giovane adulto) che ha espresso delle scelte ben precise nel momento in cui ha chiesto di entrare in Co.Ca. È consapevole della propria strada cioè è capace di fare memoria delle esperienze vissute.
È consapevole delle motivazioni per cui ha scelto il servizio educativo in Associazione, dei propri punti di forza e dei limiti, dei valori e dei talenti.
È consapevole di quello che l’Associazione ed in particolare il suo Gruppo gli chiede come CapoEducatore e di quello che gli offre, cioè metodo, stile, formazione, anche se non ne ha ancora una conoscenza precisa.
È consapevole di dover individuare un percorso che lo porti a capire come vive e cosa pensa l’Associazione ed a diventare competente nell’Arte del Capo. Si da degli obiettivi, cerca delle occasioni opportune, sceglie gli strumenti confrontandosi con persone "più adulte". Sa immaginare frontiere nuove per crescere con spirito di Avventura e si mette alla prova per raggiungerle.
È consapevole di essere scelto ed eletto da Dio nel suo Amore e di dover essere tramite di questo Amore per i suoi ragazzi.
Ruolo delle strutture e delle persone
Da quando si è cominciato a parlare di tirocinio la maggior parte dei Comitati di Zona si è preoccupata di pensare dei percorsi formativi in generale, sensibilizzando i Capi Gruppo sul tema.
" Tirocinio" è spesso diventato sinonimo di "incontri di Zona per i tirocinanti", rispondente alle varie esigenze espresse sia per i contenuti che per le modalità .
Il tirocinio si dovrebbe svolgere prevalentemente in Co.Ca., in Staff ed in Unità, mentre la Zona dovrebbe offrire delle occasioni di confronto fra tirocinanti su temi diversi a seconda delle esigenze delle Zone.
Gli interlocutori maggiormente coinvolti saranno dunque i Capi Gruppo, gli Assistenti Ecclesiastici, i Capi della propria Co.Ca. ed i Capi Unità.
Il tirocinio in Comunità Capi
Possiamo indicare i compiti primari dei diversi interlocutori nei confronti dei tirocinanti, distinguendo tra quelli specifici e quelli che richiedono solo un’attenzione in più:
il Capo Gruppo e – dove possibile – l’Assistente Ecclesiastico curano:
• l’organizzarsi da volontari
• il Progetto di sé e poi il Progetto del Capo
• la vita di Fede in Co.Ca.
la Comunità Capi
cura concretamente l’accoglienza della persona, che rappresenta un’occasione di novità e di rinnovamento per la vita della Co.Ca.:
• è uno dei luoghi di trapasso delle nozioni e di approfondimento del perché del metodo
• offre momenti di verifica e di ripensamento sulle motivazioni, sul Progetto di sé e sul Progetto del Capo che valgono per tutti
• conduce ad unità il cammino del tirocinante e degli altri capi
• testimonia la Spiritualità del Capo
• vive all’interno la democrazia associativa
Lo Staff di Unità
È il luogo:
• del trapasso delle nozioni
• dell’applicazione del metodo
• dell’ approfondimento dell’intenzionalità educativa.
• della discussione sulla PPU
Il Capo Unità
• È il Maestro d’Arte e deve preoccuparsi di avere lo spessore adeguato, perché è coinvolto in prima persona nella formazione del tirocinante come Capo
• Coinvolge il tirocinante nel confronto sulle motivazioni educative, lo aiuta ad organizzarsi
• Fa in modo che lo staff lavori in modo corretto
Il tirocinio in Zona e nei Campi di Formazione Metodologica
Rispetto ai punti nodali individuati indichiamo i compiti primari dei diversi interlocutori nei confronti dei tirocinanti, distinguendo tra quelli specifici e quelli che richiedono solo un’attenzione in più:
il Consiglio di Zona
• ascolta le motivazioni e le esigenze dei tirocinanti
• pensa, progetta, verifica la realizzazione del progetto dell’anno di tirocinio
• sensibilizza i Capi Gruppo
• organizza gli eventi in modo che si viva e si comprenda la democrazia associativa
gli incaricati di Zona alla Fo.Ca. o ancora il Consiglio di Zona
• curano l’organizzazione degli incontri di Zona per i tirocinanti
• forniscono contributi ai Capi Gruppo sul progetto di se per l’anno di tirocinio e sul progetto del capo
• durante gli incontri di Zona o invitati dalle Co.Ca. (nelle Zone piccole!) presentano l’Associazione
gli incaricati di Zona delle branche
• coinvolgono i tirocinanti nell’organizzazione degli eventi di Zona
• suscitano il confronto su temi metodologici per favorire la conoscenza del metodo ed il trapasso delle nozioni e sui problemi di inserimento nello staff
• contribuiscono alla formazione permanente
i Capi Campo dei Campi di Formazione Metodologica
• collocano all’allievo l’evento-campo all’interno dell’anno di tirocinio
• presentano il metodo
• la PPU
• danno un contributo per il Progetto del Capo
• presentano l’Associazione e le sue strutture
• curano la vita di fede
Il percorso dell’anno di tirocinio dal punto di vista della Zona e del Tirocinante
Dal punto di vista della Zona si può quindi pensare ad un percorso che:
• parte con un Consiglio di Zona di inizio anno ( settembre) che progetta l’anno di tirocinio dividendo la realizzazione tra i diversi interlocutori
• prosegue con l’accoglienza dei tirocinanti durante un’Assemblea
• continua nella Co.Ca., in Zona ed al Campo di Formazione Metodologica
• termina con un Consiglio di Zona che verifica il Progetto (giugno – settembre successivo)
Dal punto di vista del Capo il percorso potrebbe essere questo:
• accoglienza in Co.Ca.
• inserimento in una unità come aiuto
• progetto personale di tirocinio confrontandosi con le persone adeguate
• partecipazione agli incontri di Zona – ordinari e specifici alla normale vita associativa – ed al Campo di Formazione Metodologica
• verifica dell’anno di tirocinio personale ed in Co.Ca. che diventa progetto del Capo..