Dio l’urbanista

(Campagna, 9 gennaio 2000)

 

Un’arietta lieve percorreva certi colli e monti dalla Val D’Arno al Casentin sassoso e gli uccellini si divertivano fra loro senza pensiero alcuno. Nessun cacciatore, niuna cosa a disturbare loro gaio ritrovo. Dio Padre passò entro quel vento che rapido accarezzava tutte le sue creature e disse: “”Qui vi sarà popolosa città, qui ricco paese, là fertili campi, qui farò scorrere fiume ricco d’acque e di pesci per abbeverare tanta gente occupata in molteplici affari, lì metterò fabbriche e in ogni luogo la mia casa piccola o grande dove chiunque potrà trovar riposo. Così ho deciso e così sarà. Gli uccellini che capivano la voce del Padre perché erano creature pure non macchiate dal peccato originale si spaventarono: “E noi? E noi dove andremo con i nostri piccoli, i nostri nidi, gli alberi e tutto il bosco?”

“No preoccupatevi,” disse il Padre, “ne rimarrà a sufficienza per voi in ogni luogo. Anzi dove i campi saranno coltivati avrete più cibo, non lasciatevi impressionare da tutti quei marchingegni che gli uomini metteranno  per farvi scappare, tipo campanellini attaccati alle piante, pali vestiti da esseri umani, e quanto la furbizia umana inventerà. Voi seguitate a nutrirvi dei semi della terra, coltivati o no poiché è un diritto che io vi ho dato poiché io vi ho creato e sono vostro Padre.

Gli uccellini si sentirono rassicurati e così fecero e ancora fanno a tutt’oggi non lasciandosi per niente impressionare da spaventapasseri o altri ridicoli aggeggi che gli esseri umani mettono nei campi.

Gli uccellini che erano piuttosto curiosi sentendo dire da Dio Padre tutte le meraviglie che dovevano avvenire sulla terra ma di cui per ora non v’era sentore non essendoci per ora che boschi e stagni e altre amenità, ma niente case, né strade, né città, né fabbriche vollero chieder spiegazioni di cosa si trattava? Dio Padre cercò di contentarli ma presto si rese conto che qualunque descrizione rendeva ancora più confuse le idee delle piccole creature che non riuscivano a capire che cosa fossero le case, le strade, le città, le fabbriche e perché mai dovessero esistere, visto che il mondo era già così perfetto com'era allora e non vi mancava nulla. Decise quindi di lasciar proprio perdere.

Ma i piccoli petulanti esserini pennuti non demordevano ed erano sempre più curiosi, volevano sapere dove sarebbero state le case, le strade, le città, le fabbriche, dissero, per evitare di fare i nidi proprio lì dove Dio Padre aveva deciso di collocarle. Dio Padre, se non fosse stato Omnicomprensivo, si sarebbe certamente spazientito, ma lui non si comportava come noi umani con i bambini che fanno tante domande, e anzi si divertiva a vedere come erano vivaci e interessate e carine le creature da lui create. Disse quindi: “Farò dove c’è questa laguna paludosa una popolosa città chiamata Fiorenza che sarà famosa in tutto il mondo per l’Arte e la Saggezza e il Sapere. Gli uccellini non capirono più di tanto, ma intesero che sarebbe stato qualcosa d’importante, aprirono i loro occhi pieni di meraviglia e cinguettarono tutti insieme!

“Poi tutt’intorno paesi e città belli e popolosi e fiorenti, industriosi e ricchi.” Gli uccellini furono tutti contenti. Si dissero: “Dove ci sono i campi si mangerà di più. Noi si sa che non si deve aver paura di tutti quegli aggeggi degli esseri umani per farci scappare. Dio Padre ci ha avvertito e ci tutela!” Batterono le ali all’unisono nella prospettiva di questa prosperità nuova e perché erano molto curiosi del futuro! Non sapevano che ci sarebbero state anche brutte cose per loro come la caccia, le reti, e tutte le cattiverie che l’uomo avrebbe inventato contro gli uccelli e gli animali in genere. Ma questo avveniva prima della cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva e Dio Padre non pensò ad avvertirli anche per non rattristarli di un male di cui queste creature non avevano alcuna colpa e che non era avvenuto ancora e che Lui non poteva evitare.

Uno di loro, mi pare un merlo, volle porre a Dio Padre una domanda specifica: siccome voleva fare il nido su quei monti che oggi si chiaman Casentino, se il luogo sarebbe stato adatto e se i suoi successori avrebbero dovuto sloggiare per far posto a case, strade, città e quanto d’altro poteva avvenire. Dio Padre lo rassicurò che mai la Civiltà avrebbe messo piede lassù. Il merlo non capì la parola Civiltà, come non aveva capito, Arte, saggezza, Sapere, ma intese che non sarebbe stato disturbato. Si sa che i merli sono fra i più curiosi degli uccelli e domandò perché lì, nel posto più bello che ci fosse non dovesse succeder nulla.

Rispose Dio padre: “Perché così ho deciso, che dove la mia creazione ha raggiunto la perfezione della Bellezza l’uomo non dovrà cambiarla con le sue creazioni.”

L’insistente merlo replicò: ”Ma da quel che mi par d’intendere l’uomo si appropria di tutto il meglio, come potrà ciò esser possibile?”

Dio Padre rispose: “So ben io come fare. Popolerò questi boschi di gente strana e selvatica che metterà in fuga per la loro indole chiunque voglia insediarvisi stabilmente e li scoraggerà a piantarvi paesi e città e borghi più grandi di un pugnello di case, in tal modo i boschi rimarranno a voi creature mie, ma state attenti a questa gente pur scarsa di numero che non vi tenda trappole, poiché i loro cuori duri verso lo straniero potranno volgersi pure contro di voi.”

Il merlo ascoltò tutto attento con i suoi begl’ occhi scuri e promise di ripetere quest’ammonimento a tutti gli animali del bosco, a stare ben rimpiattati fra gli alberi e le montagne e diffidare dei pur rari abitanti di quelle contrade.

Quello che disse Dio Padre agli animali all’alba dei tempi avvenne puntualmente. Nella piana umida sorse la città più bella del mondo, più intorno borghi, fertili campi e nel luogo suddetto mai nulla come promesso al merlo da Dio Padre. La Volontà Divina Onnisciente non poté essere mai scavalcata neppure da quei coraggiosi colonizzatori che furono i fiorentini nel 1300.

Il Comune in quell’epoca, ricco e potente, decise di fare un borgo murato proprio in località dove il merlo aveva posto il suo nido, all’incirca in un luogo a 800 metri di altitudine. Progetti, disegni, finanziamenti, tutto era pronto, ma poi non si sa come l’idea fu lasciata cadere. Non si seppe mai se i fiorentini si scoraggiarono per la gente del posto che avrebbe dovuto venire a popolare il borgo insieme ad altri immigrati da altre zone, ma non è improbabile pensare che il carattere strano di questi pronto ad interpretare male per il bene e ad opporsi a qualsiasi civilizzazione abbia messo in bocca ai fiorentini la domanda: “Ma chi ce lo fa fare?”. Gli è che non ne fecero di nulla ed ancora oggi i boschi sono popolati dei numerosi discendenti del merlo e dei suoi amici che cantano indisturbati dal mattino alla sera.

Così fu fatta la Volontà di Dio Padre, il quale tuttavia per mitigare la durezza dei luoghi abitati da gente restia a tutto, perfino ai suoi ministri, pensò di popolarli di abbazie e conventi e luoghi santi dove anime elette potevano raggiungerlo più facilmente.

Pellegrini percorsero il Casentino verso queste mete: La Verna,Valombrosa, Camaldoli e dove i selvatici cuori dei locali emettevano poche lodi alla Divinità così magnificamente manifestata nella natura, per contrappeso vi erano i monaci e coloro che vi giungevano in cerca di quella spiritualità che in genere la città fa un po’ dimenticare.