Dolce aria festiva

(Campagna.- 24 maggio 1998)

 

Dolce aria festiva

nel giardino racchiuso

fra siepi d’edera scura

dove la natura s’accende

dei colori silvestri

dei boschi e dei monti

in piccolo spazio

fra mura,

il gatto s’appropria

del luogo con mossa

sapiente e variata,

annusa la verde

muschiata sui sassi,

accarezza con cura

i rami contorti del rovo,

s’accascia sull’arido suolo

e volge il musino d’intorno

come se volesse prendere

a volo un volante

insetto nascosto.

Il sole ci bacia la faccia,

accende i gerani

nei vasi di coccio

disposti in ordine sparso

su tavole e seggiole accosto.

Le rose, or grandi or piccine

s’avvolgono intorno

a lor spine,

chi grande s’accascia

nell’ampio mantello

dei petali grassi e sapienti,

chi piccola fa dei mazzetti

il proprio onor di famiglia.

Son bianche, son rosa, son rosse,

di varia nascita e fama,

son rose di maggio già volte

a farsi bacche e poi spine.

Il muro risplende di giallo,

riflette il sole festivo,

ci abbaglia, ci addorme

e si staglia

contro il cielo già estivo.

Il fico ha già la sua chioma

e tutto splende di gioia,

le panche e le seggiole vivono

come lumache dal rivo

della nostra presenza sovrana,

sovrastano con la loro arcana

esistenza di esseri muti

il cantico assente dei fati

che vive e non sa.

D’arancio vestita una donna

o forse una bimba o fanciulla,

s’assiede di morbido incanto

sul bianco splendore del canto

del giardino incantato.

Il gatto d’incanto

con un balzo distratto

in grembo le siede,

e fanno tutt’uno

nel biondo meriggio,

mentre bionda s’accende

la crocchia nel sole

e non vi sono parole

ma solo sussurri.