o la mensa di Babilonia
(Campagna, 29/6/98)
Se un dolce velo
è steso sul mio volto
chiaro come di bimba
nel passare degli anni
è perché mai volle
contaminarsi la mia bocca
col cibo che l’Imperator
del mondo forniva
ai suoi eletti.
Acqua e legumi di
nascosto presi,
come il fanciullo Daniele
fedele in tutto,
e più risplendente
il mio volto apparve,
dopo tale piatto
povero di sostegno,
nutrimento di Dio
fece al profeta
bellezza e sapienza
e grazie in abbondanza,
così se il tenero germoglio
è ancora negli occhi
di una fanciulla
che ha passato gli anta,
è perché mai ebbe
la mensa colma
di quello che
il Sovrano donava
copioso ai suoi.
Non credete
o vani profeti
di un mondo in perdizione
che ci fu tolto a noi
quanto di bello e buono
il mondo annuncia,
che il suo talamo
e la sua mensa di
trine ricoperta
di luccicanti piatti
di metallo prezioso
cela nel serbo
il veleno più aspro
e più odioso
che piano piano
porta a morte vera
e a cadaverico aspetto
chi nelle braccia cade
di tal trappola lesta
ma seducente di festa.