Per teatro

Uno, due, tre.

Si va in scena, si alza il sipario e la vita continua.

Il gioco e la trama è complicata dalle sfumature dei caratteri dei personaggi, dalle loro incongruenze logiche di fronte ai fatti della vita, dalla loro mancanza di semplicità.

Io, tu, Irene.

Un gioco a tre senza mancanza di colpi bassi.

Io sono la prima attrice, non bella, si lo so, ma in fondo questa è la mia forza, domino il pubblico per me stessa.

Irene: un’attricetta giovane da quattro soldi, tutta curve.

Tu, be, si qualche valore ce l’hai, ma senza di me cosa saresti? Dimmi?

In questa trama sembro la vittima, ma tutti, tutti quelli con un minimo di sensibilità, gli spettatori hanno subito capito che vincerò io.

Il regista sorride. E! Vecchio! Vincerò il pubblico con la mia passione frustrata, il dolore di una donna abbandonata, la sofferenza di una donna che ama…!

E tu, tu vivi di questo pane caro mio, dovrai adeguarti.

Si, duro, impassibile, da principio; accecato da questa bellezza bionda di Irene, poi in fondo, ad un tratto, si perché è il pubblico in fondo che tu ami….., dovrai cadermi ai piedi, e tutti torneranno a casa contenti che la giustizia abbia trionfato! Ha ! Ha!

Si io soffro incredibilmente di questa situazione, io ero la sua donna, la sua vera donna, e lui, lui ….. mi ha abbandonata.

Così in un momento, scordato tutto quello che è la costruzione lenta come una tela di ragno, si l’ha strappata in un momento per una donna bionda incontrata per caso!

Si caro, puoi ben dire al pubblico tutti i miei difeon te.

Si lo so vorresti fuggire con Irene, ma pensa bene che cosa penserebbero quelli là, nella platea del tuo gesto, credi che ti amerebbero ancora, come ora, sai quanti di questi signori seri e compassati con le loro mogli impellicciate hanno avuto qualche Irene!!

Si, ma se tu fuggirai si scatenerà l’ira delle famiglie, l’ira dell’ordine offeso.

Pensaci bene, tu…..

Io sono una vittima, una povera donna abbandonata, che ha chiuso nella sua anima il suo dolore, distrutta da un amore per un uomo…..

Piango e rido e il pubblico soffre con me che cinica penso già alla mia vittoria su di te e su quella povera Irene che come un cagnolino bastonato

Se ne dovrà andare con la coda fra le gambe! Rido. Io sono la prima attrice!

Ma, un momento. Se io cambiassi il gioco e dessi a tutti, quello che non si aspettano? Invece della mia vittoria la mia volontaria sconfitta.

Si, non desidererei più con tutte le mie forze riavere fra le mie braccia lui! Anzi non lo desidero affatto.

Non si può, cosa direbbe il regista, cosa direbbe il pubblico che desidera vedere la giustizia trionfante e il fedifrago convertito!

Be, il regista si potrebbe arrabbiare un po’, ma in fondo ha troppo bisogno per la sua rete di spettacoli di me, il mio solo nome chiama gente.

 E gli spettatori? Agli spettatori servirà di lezione, non posso sempre sottomettermi alla parte di disperata Ofelia!

Ma tu, si tu penso che sarai quello che rimarrà più male, non sei riuscito a scatenare una passione tanto forte in una donna da permetterle di riconquistarti!

E tu Irene, certo anche per te poverina non si mette bene, conquistata da un uomo poco conquistatore.

Ma che importa, a me tutto è permesso: sono la prima attrice partendo da sola per l’America vi saluto, gentili signore e signori!

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