EFESO
Antica città della Lidia. Colonia di ioni, sorta sulla costa asiatica, alla foce del fiume Caistro in un luogo già frequentato in età micenea come i recenti scavi hanno dimostrato. È da annoverate tra e più ricche e popolose città dei mondo antico; fu patria di grandissimi filosofi. Si sviluppò soprattutto in età ellenistica e romana, quando divenne capoluogo della provincia d'Asia; fu pure sede dell'attivissima comunità cristiana legata alla predicazione di S. Paolo e S. Giovanni Evangelista, che la tradizione vuole qui sepolto.
La leggenda vuole che la città sia stata fondata intorno al I millennio a.C. da popolazioni ioniche che abbandonavano la loro terra a causa dell'avanzare dei Dori: Androkles fu guidato fin qui da un pesce, come gli era stato predetto dall'oracolo.
Provvista di un porto commerciale (oggi il mare è lontano qualche chilometro), Efeso ospitò il frequentatissimo tempio di Artemide, considerata una delle sette meraviglie del mondo, divenendo un centro di culto religioso di grande richiamo.
( Vedi TEMPIO DI ARTEMIDE )
La dea veniva venerata qui nelle sue vesti di simbolo della fecondità sin da tempi remoti, il che attirava masse di pellegrini e fedeli, con un vantaggio economico per la città.
L'Artemide greca sostituiva la Cibele anatolica, madre di tutto ciò che è creato. Fu nel corso della dominazione romana che venne eretto un tempio imponente e sontuoso, tanto stupefacente da essere annoverato tra le Sette Meraviglie del mondo antico. Alessandro il Macedone restò colpito dalla sua bellezza, la conquistò senza colpo ferire e, alla sua morte, il controllo passò al suo fedele luogotenente Lisimaco.
Efeso divenne la più importante fra le città della Provincia d'Asia e qui avvennero le rivolte più violente contro il potere di Roma (i Vespri Efesini dell'88 a.C.). Città ricca, non si privò certo di simboli della propria opulenza, abbellendosi con monumenti e opere di cui si favoleggiò durante tutto l'evo antico. Fu un centro importante per i cristiani d'Asia: vi soggiornò l'apostolo Paolo e la leggenda vuole che nei boschi intorno a Efeso abbia vissuto la Madonna assistita da san Giovanni. Efeso fu anche la sede del Concilio Ecumenico del 431 d.C. Nonostante il tentativo di Tiberio e di Adriano di arrestare l'insabbiamento del porto naturale, la città fu condannata a un lento declino.
Gli ingressi sono due.
La città venne progettata dall'architetto Ippodamo di Mileto con un piano urbanistico che prevedeva una collocazione a scacchiera delle vie principali. Dopo l'ingresso, sulla destra si scorgono le rovine di quello che fu il gymnasion orientale o ginnasio delle fanciulle (per via delle numerose statue di fanciulle che vi sono state ritrovate), risalente al II secolo d.C. Si tratta di un'importante istituzione scolastica corredata di bagni e luoghi per le attività sportive. A fianco del gymnasion, ecco le terme di Vario e, sull'altro lato, le colonne rette dell'agorà o centro amministrativo della città. Alle spalle dell'agorà, rimaneggiato sotto l'imperatore e re Teodosio (379-395 d.C.), si trovavano le fontane e i ninfei che abbellivano, rinfrescavano e dissetavano Ephesos con le loro acque zampillanti.
Proseguendo lungo la strada che forma la spina dorsale del centro urbano dell'antica Ephesos, sulla destra si apre il piccolo e ben conservato ventaglio di pietra dell'odeon, o piccolo teatro, scavato nei fianchi della collina Panayir Dag˙i: poteva ospitare 1400 spettatori e veniva impiegato anche come buleuterion, cioè il luogo di riunione del consiglio cittadino.
Odeon
Accanto all'odeon, sempre dello stesso lato della via, si apriva il prytaneion, il municipio di Ephesos, dirimpetto al quale c'è la fontana di Pollione, sovrastata da uno snello arco in marmo.Poco più avanti si ammira una lastra di marmo triangolare che era posta sul frontone della fontana. Si tratta di un'opera intatta del II secolo d.C. e i suoi splendidi bassorilievi riproducono una dea alata, la Nikè greca simbolo della Vittoria.
Arretrata rispetto alla strada c'è l'area del tempio di Domiziano con due stupende colonne erette e unite da un architrave che ne regge un altro paio simili a cariatidi. La vastità delle fondamenta di questo tempio ci dà la misura di quelle che dovevano essere le sue proporzioni. Proseguendo lungo la bella strada lastricata di marmo si imbocca la scenografica via dei Cureti. Il nome le viene da un ordine di sacerdoti della dea Artemide, chiamati per l'appunto Cureti.
Stiamo per entrare nella Ephesos elegante, dove si trovavano le dimore della gente che conta e gli edifici pubblici nevralgici per l'amministrazione della città. Il primo che si incontra sulla destra è il monumento di Memmio: ha l'aspetto di un arco di trionfo a quattro facce. Su ognuno dei quattro lati vi sono nicchie e blocchi di marmo con bellissimi bassorilievi che raffigurano il patrizio Memmio e i suoi avi. Il colpo d'occhio che offre la via dei Cureti, detta anche via Sacra, è di quelli che restano incisi nella memoria. Tra il monumento di Memmio e la fontana di Traiano vi sono i resti di un arco di trionfo. La fontana di Traiano è stata rimessa insieme con molta buona volontà e perizia ma, mancando molti pezzi, la scala ne risulta rimpicciolita: un tempo infatti essa inquadrava la statua colosso dell'imperatore, di cui resta solamente un enorme piede marmoreo che poggia sul pianeta Terra o, perlomeno, su una sfera perfettamente tonda.
Più avanti sorgono le rovine di un isolato dove, con ogni probabilità, apriva i suoi battenti un bordello pubblico. L'attribuzione di tale inequivocabile ruolo si basa su prove inoppugnabili: un affresco rappresentante una dama discinta e ammiccante, una statuetta di Priapo nel pieno delle sue esuberanze ripescata nel pozzo della magione e, sulla soglia, l'impronta di un piede diretto verso l'interno della casa. Sia come sia, l'acqua freschissima che si beve alla pompa situata nel cortiletto di questo edificio è graditissima nella calura estiva.
Ritornati sulla via dei Cureti, si visita il complesso delle terme di Scholastica, la matrona romana che le restaurò e abbellì a proprie spese nel V secolo d.C. Al termine della via dei Cureti, è la scenografica Biblioteca di Celso che funge da quinta di chiusura e sfondo.
Biblioteca di Celso
La facciata dell'edificio è di assoluta armonia architettonica, modello e paradigma di linee classiche. Tiberius Celsus Polemaenus, senatore romano e proconsole di Asia nel 107 d.C., ebbe un figlio devoto, Julius Tiberius Aquila, che, alla morte del padre, volle far erigere un monumento in suo onore. Nacque così la biblioteca che perpetrò la memoria del proconsole: fu un dono alla cultura di tutta la cittadinanza e custodì il sarcofago del defunto.Tra lo stupore generale, durante la campagna di scavi e restauri del 1904, venne ritrovata la sepoltura (scheletro incluso) di Celsus. La facciata della biblioteca riassume tutta la sua valenza artistica nell'armonia perfetta delle proporzioni contenute da sottili nervature di colonne. All'interno vi era una grande sala con nicchie per riporvi i rotoli dei manoscritti.
Non lontano dalla biblioteca si intravedono le scarse rovine del tempio di Serapide che, si tramanda, fu vasto e meraviglioso. Superata la biblioteca di Celso, la strada cambia nome e diventa la via dei Marmi. A sinistra si trovava il grande mercato con portici e botteghe; al suo termine, ecco il teatro eccezionalmente ben conservato, con sessantasei ordini di gradinate per 25.000 spettatori. Da qui prende inizio la via Arcadiana o via del Porto, larga 11 metri e lunga 500, lastricata in marmo e abbellita da colonnati, sulla quale si affacciavano le botteghe. Era una delle più famose vie monumentali dell'antichità: dal teatro della città conduceva fino al porto. Pare che Cleopatra, raggiungendo Antonio che si trovava a Ephesos, non perse l'occasione di fare un ingresso strepitoso in città, qualcosa con cui stupire gli Efesini. Infatti il corteo che dalla nave la portò in centro fu così pomposo e l'esibizione di ricchezza della sovrana fu tale che lo scalpore suscitato durò secoli. Oggi, del porto non esiste più traccia.
L'Artemision è oggi costituito dalla sola colonna superstite dello splendido tempio dedicato alla dea Artemide e che fece la fortuna di Ephesos. È tutto ciò che resta, oltre alla delimitazione delle fondamenta, di quella che fu a buon diritto una della Sette Meraviglie del mondo antico: una selva di colonne e un'altezza di 17 metri, cose, per quei tempi, da mandare in visibilio. Alessandro Magno restò a bocca aperta guardandolo, oggi possiamo solo immaginarlo nella sua cornice solitaria e fantasticare.
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