GYANTSE
3950 m di altitudine, 10.000 abitanti, quarta cittadina del Tibet, posta su due colline al centro di un'area di produzione agricola. Certamente la più genuinamente tibetana, grazie a uno scarso insediamento cinese, storicamente al centro delle strade carovaniere verso il Bhutan e il Sikkim, Gyantse è dominata da un forte che gli stessi inglesi consideravano tra le roccaforti più difficili da espugnare in Asia centrale. Centro del pur limitato dominio inglese del Tibet del primissimo novecento, Gyantse disponeva di una linea telegrafica che la collegava con l'India, di un ufficio postale, di una scuola inglese destinata ai figli dell'alta borghesia tibetana e di un centro per la lavorazione della lana.
Punti principali di interesse:
Il Monastero Palkhor
Chode (cin. Baijusi), un monastero Gelupka risalente al 1365
che un tempo ospitava 1000 monaci e comprendeva un'intera cittadina all'interno
delle mura che ancora circondano il complesso lungo il crinale della collina.
Delle numerose costruzioni che compaiono nelle fotografie precedenti
all'occupazione cinese, restano due lamaserie, il Kumbum e due templi.
In uno dei due templi si possono ammirare le statue laccate di 84 santi in
posizione yogica e una superba collezione di 15 mandala murali, tutti di 3 m di
diametro e in buone condizioni.
Il Kumbum.
Annesso al Monastero Palkhor
Chode, è il chorten più grande del Tibet. Costruito nel 1427 da un
principe di Gyantse, ospita una serie di settanta cappelle affrescate con
27000 figure e contenenti 100 statue.
Ha una base massiccia che consiste di quattro serie sovrappostedi cappelle. Articolato su 9 livelli, va visitato percorrendo i vari piani in senso orario, scoprendo i passaggi ai piani superiori all'interno delle cappelle: i pellegrini lo percorrono in meditazione, proseguendo verso la cima sovrastata dagli occhi del Buddha. |
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Il
Dzong
(il Forte)
Il Forte, che torreggia sopra Gyantse, offre una stupenda vista sulla valle.
Fu parzialmente distrutto dall'artiglieria britannica durante l'invasione del
1904 e dalla Rivoluzione Culturale negli anni '60, così che alcuni degli
edifici del complesso non esistono più.
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