LE FONTI
Era un sacerdote egizio contemporaneo dei primi due Tolomei. Questi si assunse
l'onere di redigere una cronaca dei re egizi della quale, salvo alcuni passi
molto rimaneggiati e conservati dallo storico ebreo Giuseppe Flavio (70 d.C.),
rimane solo un ingarbugliato riassunto nelle opere dei cronografi cristiani
Sesto Giulio Africano (inizio del III secolo d.C.) ed Eusebio (inizio del IV
secolo d.C.). Nell'opera di Manetone, dopo il regno attribuito a dei e semidei,
tutta la storia egizia era stata suddivisa in trentuno dinastie, che iniziano
con Menes e finiscono con la conquista di Alessandro Magno nel 332 a.C.. Nella
forma in cui ci è pervenuto il libro è pieno di errori madornali, culminanti
nella sequenza dei re della XVIII dinastia i cui nomi nell'esatto ordine
cronologico ci è ora noto attraverso le fonti indiscutibili dei monumenti. Di
qualche dinastia a volte ci vengono dati solo il numero dei sovrani e la città
di origine, così pure i nomi sono spesso distorti in maniera incredibile. Di
frequente la durata dei regni è differente nelle due versioni e spesso si
scostano in misura notevole dalle cifre definitivamente accertate.
Nel cosiddetto Canone di Torino (Papiro dei Re), abbiamo i frammenti di
un'attendibile cronaca che non si discosta molto da quella di Manetone. Si dice
che questo papiro ieratico risalga pressappoco al regno di Ramses II (1290-1224
a.C.). La cronaca inizia, come quella di Manetone, con i nomi degli dei e dei
semidei, ai quali sono attribuiti regni di leggendaria lunghezza. Anche qui
Menes è considerato il fondatore della monarchia egizia. Il resto del documento
è un semplice elenco dei nomi dei re, ciascuno seguito dal numero di anni di
regno; la monotonia è solo a tratti interrotta da un totale che serve a
suddividere le dinastie e, sebbene il punto in cui inizia il regno di una nuova
famiglia non sempre coincida con Manetone, il numero dei sovrani è più o meno
lo stesso nei due documenti.
Questo documento, il più importante elenco di re rinvenuto, è inciso sulle
pareti del grande tempio che costituisce uno dei luoghi di maggiore interesse
per chi visita l'Egitto. La scena rappresenta il re Sethi I accompagnato dal
figlio maggiore Ramses in atto di fare offerte a settantasei antenati non
effigiati in persona, ma rappresentati dai cartigli contenenti i loro nomi in
scrittura geroglifica; anche qui Menes figura a capo dell'elenco.
Fu scoperta nel 1861 in una tomba di Menfi e recava in origine i cartigli di
cinquantasette sovrani cui rendeva onore il discendente Ramses II, ma guasti
alla parete ne hanno ridotti il numero a una cinquantina.
Questa tavola, incisa nel grande tempio di Karnak, risale al regno di Tuthmosi
III e conteneva sessatun nomi di cui quarantotto ancora leggibili per intero o
in parte all'epoca del suo rinvenimento (1825); ma questo elenco, interessante
perché cita sovrani omessi dagli altri, ha il difetto di non collocare i re
nell'esatto ordine cronologico.
Si tratta di un importantissimo documento purtroppo diviso in più frammenti.
Il frammento principale è chiamato pietra di Palermo dalla città che lo ospita
attualmente, ed è un pezzo di diorite dall'aspetto insignificante che non
misura più 43 centimetri d'altezza per 30,5 di larghezza. Altri frammenti
furono recuperati più tardi e si trovano ora al museo del Cairo. Il testo,
inciso sia sul fronte che sul retro del documento, consisteva in un lungo elenco
di re, dei nomi delle loro madri, e di anno in anno il livello raggiunto dalla
piena del Nilo.
Stele di
basalto nero, incisa con tre diversi tipi di scrittura, che fornì la chiave per
decifrare i geroglifici egizi e fondare quindi la moderna egittologia.
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Trovata dalle truppe napoleoniche nel 1799 presso la città di Rosetta nel Basso Egitto, è ora custodita al British Museum di Londra. La stele fu incisa nel 196 a. C. per commemorare l'ascesa al trono di Tolomeo V Epifane. Dal
momento che l'iscrizione è ripetuta in tre scritture diverse –
geroglifica, demotica e greca – gli studiosi poterono decifrare le
versioni geroglifica e demotica (l'egizio letterario) confrontandole con
la terza. Il
lavoro di decifrazione fu condotto dal fisico britannico Thomas Young e
soprattutto dall'egittologo francese Jean-François Champollion. |
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