LA SCIENZA
La
scienza degli antichi egizi era solo sperimentale e basata sul più rigoroso
pragmatismo : serviva cioè soltanto a scopi pratici. Per fare un esempio, a un
astronomo d'allora poco importava che il cielo fosse il ventre di una mucca o di
una dea, una lastra di metallo o un'altra cosa qualsiasi. Occorreva studiarlo
solo per poterne trarre qualche utilità, per orientarsi, per stabilire il corso
dei mesi o prevedere l'inizio dell'inondazione. Così nella matematica o nella
geometria il calcolo astratto, il teorema non applicabile tutti i giorni, la
speculazione scientifica esulavano totalmente dalla loro mentalità. Esulavano
comunque, anche da quella di tutti gli altri popoli della terra e, per avere il
"pensiero", bisognerà attendere i presocratici. Entro questi limiti,
le conoscenze degli egizi erano senza dubbio all'avanguardia in tutti i campi
dello scibile.
Fin
dai tempi predinastici gli egiziani avevano un'ottima conoscenza del cielo e si
ebbero precise mappe celesti. Conoscevano le stelle fisse ed i pianeti (fino a
Saturno). Ad Eliopoli sorsero veri e propri osservatori per rilevare con
esattezza il passaggio degli astri e già durante la IV dinastia vennero
apportate le esatte correzioni. Le costellazioni raffiguravano dei ed animali (
l'unica affine alle nostre era il Leone).
Era noto il calendario di 365 giorni ed un
quarto, i mesi erano dodici e le stagioni tre :
Il calendario egizio, perfezionato nel 238
a.C. dove viene introdotto l'anno bisestile, fu adottato tale e quale da Giulio
Cesare e perfezionato ancora da Gregorio XIII è quello in uso oggi. Per essere
più precisi gli antichi egizi usavano tre tipi diversi di calendario e cioè :
Con il calendario "agricolo"
l'anno era diviso in tre stagioni di quattro mesi ciascuna; ogni mese era
composto da trenta giorni il che significa che un anno era composto da 360
giorni. A questi venivano sommati 5 giorni chiamati "epagenomeni" ed
erano considerati come i compleanni di Osiride, Horo, Seth, Iside e Neftis. I
mesi, delle tre stagioni nominate precedentemente erano suddivisi come segue :
Molti
templi tenevano un calendario con l'elenco di tutti i rituali e di tutte le
feste che dovevano cadere in date specifiche. Nel tempio di Esna, per esempio,
questo elenco è stato scritto su alcune delle colonne. Nel tempio di Horo a
Edfu, il mese di Khoiak era particolarmente ricco di feste.
Come
ben sappiamo calcolando solamente i 365 giorni per ogni anno, il calendario
sarebbe lentamente cambiato : ogni 4 anni il calendario "agricolo"
sarebbe aumentato di un giorno. Il nostro sistema attuale di datazione prevede
l'anno bisestile mentre gli antichi egiziani, per sopperire a tale discrepanza
utilizzarono la strada astronomica per misurare il tempo: hanno osservato il
sorgere della stella Sirio insieme con il sole che coincideva sempre con
l'inizio dell'inondazione.
Alcuni
rituali, specialmente quelli che coinvolgevano Osiride e la divinità lunare
Khonsu, dovevano essere compiuti durante specifiche fasi lunari. Per calcolare
quando era possibile effettuare tali rituali, gli antichi egiziani tenevano un
calendario delle fasi lunari, secondo il quale un mese coincideva con un ciclo
lunare.
Luna
La
luna era connessa agli dei Thot, Khonsu e Osiride e in epoca ellenistica, con
Iside che i Greci vedevano come Selene. La luna era anche connessa con il mito
di Osiride, dato che i 14 giorni della luna calante erano simbolizzati nel mito
dai 14 pezzi del dio smembrato. La luna era considerata un sole che brilla di
notte e dunque aveva le prerogative dell'astro diurno, come quella di essere
adorata da babbuini, mentre la notte possono essere gli sciacalli che, con i
loro ululati, adorano il satellite. Normalmente era raffigurata come un disco
che stava su una falce.
Occhi
del cielo
Per
gli antichi egiziani il cielo aveva due occhi : il sole era quello di destra e
la luna il sinistro. Nelle multiforme sfumature della mitologia egizia il sole
fu l'occhio destro di Horo e poi l'occhio di Ra, tuttavia in alcuni miti
l'occhio è indipendente e lascia Ra o per distruggere i nemici o per rivoltarsi
contro di lui.
Questo
caso si verificò quando l'occhio, distrutti i nemici, tornò da Ra e vi trovò
un altro occhio cresciuto al suo posto. Ra calmò l'occhio in collera
trasformandolo in "ureo", posto sulla sua fronte (l'occhio poteva
essere anche Mut). Anche il ciclo lunare entrò nel mito e il satellite, occhio
sinistro del cielo e di Horo, diede origine al mito della battaglia fra questo
dio e Seth (la luce e il buio); Seth strappa l'occhio e lo divora (fase di luna
nuova), ma Horo sconfigge Seth ed è guarito (luna piena).
Disco
solare alato
Un'antica
concezione del cielo sostiene che esso era dato dalle ali di un falco spieagate
sul mondo. Un disegno su un pettine mostra una barca solare, assieme al falco di
Horo, su un paio d'ali che simbolizzava (tutto) il cielo.
A partire dalla V Dinastia il disco solare fu posto fra due ali così l'immagine
del cielo divenne un simbolo solare. Dopo il Nuovo Regno il disco solare apparve
come simbolo di protezione sulle porte dei templi e sulla parte alta delle
stele.
Lo
zodiaco, come lo conosciamo noi oggi, fu introdotto in epoca greco romana ma, in
alcuni casi deriva dalle costellazioni già individuate dall'astronomia degli
antichi egiziani durante il periodo faraonico. Ad esempio è possibile citare:
la "Gamba del Bue" (Orsa Maggiore), un dio (Orione), la dea
Soped con il capo sormontato da un cono (Sirio), un leone, un coccodrillo, un
ippopotamo, ecc.
I documenti principali dove si possono
trovare i prototipi dei vari segni zodiacali sono : i zodiaci rotondi (vari
soffitti di tombe greco romane e lo zodiaco di Dendera) e quelli rettangolari (Ramesseum).
In questi documenti è possibile individuare :
§
il dio Hapi,
spirito del Nilo, che intento a versare l'acqua dalla sua grotta derivò
l'acquario;
§
i due pesci
che tenuti insieme da una doppia lenza assicurano al defunto la loro anima del
passato e del futuro;
§
l'ariete
(animale sacro) che qui rappresenta l'animale connesso con le trasformazioni
della rigenerazione;
§
un vitello
rosso (toro) detto anche il "vitellino dalla bocca di latte" e che
rappresenta il sole nel suo trasformarsi quotidiano;
§
lo scarabeo
(cancro) che rappresenta il divenire solare;
§
il leone,
che in questo caso è connesso con il mito della "Dea Lontana" e
rappresenta la ferocia del calore del sole estivo;
§
la dea Iside
(vergine) che porta una spiga di grano simbolo di abbondanza e rinascita;
§
la bilancia,
raffigurata in connessione con il 3° mese dell'inondazione, doveva essere
connessa con dei riti agrari in cui si pesava l'orzo;
§
lo scorpione
è il simbolo della dea Selket ed è in rapporto con Iside;
§
il faraone,
in atto di lanciare una freccia dal suo carro, si trasforma in "Shed",
il Salvatore, e quindi fonde il busto umano con il corpo del cavallo (dando
origine al Saggitario);
§
il
capricorno invece è di origine babilonese e rappresenterebbe forse le
trasformazioni del seme nella terra.
Per
i moltissimi rituali che affollavano ogni giorno i grandi templi era necessaria
una suddivisione precisa del tempo; per questo i sacerdoti egizi dovendo
conoscere esattamente ogni fase del giorno, elaborarono diversi sistemi di
misurazione. Della XVIII Dinastia risale la clessidra ad acqua e che funzionava
sullo stesso principio di quella a sabbia, anch'essa già presente in Egitto.
Vi
erano poi le meridiane fisse, molto diffuse nel mondo antico, tanto che i romani
ne vollero una di tipo egizio nel Campo Marzio a Roma. Essa era gigantesca e
aveva un obelisco come gnomone. L'obelisco è ancora visibile; anche la
meridiana, che occupava il vastissimo spazio oggi costruito, è stata ritrovata
in profondi strati raggiungibili dagli scavi delle cantine di alcuni edifici.
Si
tratta dei disegni, delle linee e delle scritte della meridiana ottenute con
motivi bronzei inseriti nel marmo; oggi l'intero disegno ha potuto essere
ricostruito anche se le parti visibili sono solo poche aree accessibili. Gli
egizi ebbero anche un pratico orologio solare portatile, composto da un
piastrino munito di filo a piombo per garantire la perfetta verticalità del
piastrino, che era ortogonale a un regolo con graduazione oraria su cui doveva
cadere l'ombra del piastrino stesso.
Da quanto hanno ci hanno lasciato è facile
capire che per gli egiziani la matematica non era un problema : sottrazioni e
addizioni erano come quelle che conosciamo oggi, mentre le moltiplicazioni
avvenivano per successive duplicazioni.
Anche se gli egiziani non consideravano il numero zero e non c'era nessun
simbolo geroglifico che lo identificava, utilizzavano una numerazione decimanle
basata sul numero 10. Qui di seguito i geroglifici che identificavano tale
numerazione :
1 |
|
10 |
|
100 |
|
1.000 |
|
10,000 |
|
100.000 |
|
1.000.000* |
|
|
|
*
(spesso significa "più di quello che posso contare")
Generalmente i numeri
venivano scritti da sinistra a destra iniziando con il denominatore più alto.
Per esempio il numero 2.525 (2.000 + 500 + 20 + 5)veniva scritto come segue :
Il sistema decimale utilizzato dagli egizi aveva come
unità di misura il cubito ( 0,450 metri ) o il cubito reale ( 0,525 metri ),
divisi in sette palmi e ventiquattro dita.
Erano noti la radice quadrata, le frazioni, utilizzando
particolari segni per indicare due terzi, tre quarti, quattro quinti e cinque
sesti, e alcuni problemi elementari di algebra e trigonometria. Dal papiro Rhind
( British Museum ) risulta che gli egiziani avevano anche ottime conoscenze
della geometria ed il papiro, che contiene una serie di teoremi geometrici lo
dimostra: l'area del parallelogramma regolare era precisa, un po' meno quella
del trapezio.
Il papiro di Rhind rappresenta una delle testimonianze
più importanti per la conoscenza delle origini della matematica nell'Antico
Egitto. Il papiro di Rhind (o Ahmes) è largo circa 30 cm e lungo circa 5,46 m e
si trova attualmente al British Museum; era stato acquistato nel 1858 in una
città balneare sul Nilo da un antiquario scozzese, Henry Rhind; il contenuto
del papiro è tratto da un esemplare risalente al Medio Regno tra il 2000 e il
1800 a.C. ed è scritto in ieratico, un linguaggio più agile rispetto al
geroglifico. Nel papiro di Rhind lo scriba Ahmes formulò che l'area di un campo
circolare con un diametro di 9 unità era uguale all'area di un quadrato con un
lato di 8 unità:
Un
campo rotondo di 9 khet di diametro. Qual è la sua area? Togli 1/9 dal
diametro, 1; il rimanente è 8. Moltiplica 8 per 8: fa 64. Quindi esso contiene
64 sesat.
Si tratta di una formula
approssimata per calcolare l’area di un cerchio di diametro x:(x - (1/9)x)²
Dal confronto di questa ipotesi con la formula moderna
che permette di calcolare l'area di un cerchio A = p * r², risulta
che la regola egiziana attribuisce a p un valore di circa 3 + 1/6,
approssimazione abbastanza vicina al valore esatto e degna di considerazione.
Per molti anni si è supposto che i greci avessero appreso i rudimenti della
geometria dagli Egiziani; Aristotele spiegava che la geometria era nata nella
Valle del Nilo, anche se per trovare conquiste matematiche più avanzate è
necessario volgere lo sguardo alla più turbolenta vallata della Mesopotamia.
Per
la loro imponente e complessa organizzazione statale, per l'alto livello
raggiunto dall'architettura e le varie operazione burocratiche, gli Egiziani
avevano bisogno di un preciso sistema di misure e pesi che iniziarono a
sviluppare sin dalle origini della storia faraonica.
Lunghezza
Per quanto riguarda la lunghezza la misura di base era il cubito che
inizialmente era la misura dell'avambraccio dal gomito alla punta del dito
medio. Viste le ovvie difficoltà costituite dalle varie differenze individuali
vennero create due misure standard:
il
cubito reale (niswt) che
veniva utilizzato nella vita quotidiana e probabilmente nacque durante la II
Dinastia. Era lungo 523 millimetri e suddiviso in 7 spanne e 28 pollici;
Il
cubito piccolo che
misurava 24 pollici (braccio, piede, palmo, mano e pugno).
Entrambi venivano standardizzati per mezzo di regoli in pietra o legno.
Per usi architettonici e urbanistici servivano naturalmente delle misure
maggiori che erano poi i multipli del cubito reale: il "khet" o canna
era di 100 cubiti, l'"iteru" (fluviale) corrispondeva a 5000 cubiti
(2,615 chilometri); per la cartografia e per l'esplorazione si utilizzava l'iteru
da 20.000 cubiti mentre le superfici venivano calcolate in sethat,
corrispondenti a un khet quadrato.
Volumi
In un paese dove la gran parte dei pagamenti e delle tassazioni venivano
effettutae in cereali, la misurazione del volume era indispensabile e quasi
senz'altro un obbligo. La misura più utilizzata era il barile (hekat)
che corrispondeva a 4,54 litri suddivisi poi in frazioni minori.
La
misurazione di enormi volumi per liquidi di largo consumo veniva effettuata in
anfore che corrispondeva a 13 litri mentre per misurazioni molto più piccole,
come ad esempio i profumi, veniva utilizzato l'hin da 0,503 litri.
Peso
Per il peso l'unità di misura più diffusa era il deben che corrispondeva a 91
grammi che era a sua volta suddivisibile in 10 parti dette kedet o kite.
Oltre
alle unità di misura "ufficiali" esistevano anche quelle attribuite
al valore di mercato e quello merceologico dei beni basate su unità standard
che venivano calcolate dai rapporti fra rame, argento e oro corrispondenti a
1:100:200. A causa di queste diverse unità nacquero diversi sistemi valutari
basati sul deben di bronzo, sul seniu d'argento, lo hin dei liquidi ed il khar
del volume per il grano.
Su
queste basi valutarie venne basato il complesso sistema economico egiziano. In
Egitto la moneta (hedh) era nota fin dal Nuovo Regno ma venne introdotta
e utilizzata soltanto durante la XXVI Dinastia con la fondazione delle colonie
commerciali greche.
I medici dell'antico Egitto erano molto numerosi, per
questo motivo ognuno di loro si occupava quasi esclusivamente delle malattie che
meglio conosceva. I medici ordinari erano affiancati dai professionisti di grado
superiore, gli ispettori ed i sovrintendenti. Ad assisterli era del personale
paramedico di sesso maschile.
Essi dovevano le loro conoscenze anatomiche
all'osservazione degli animali durante il macello, e non all'imbalsamazione del
defunto che era riservata ai sacerdoti devoti ad Anubi. Il cuore era considerato
sede delle emozioni e dell'intelletto. Il benessere del corpo si doveva, a loro
avviso, allo scorrimento dei suoi liquidi nei metu, i vasi che lo
attraversavano. Se uno di questi vasi si ostruiva si manifestava la malattia. La
polmonite e la tubercolosi erano tra le malattie più diffuse a causa
dell'inalazione di sabbia o di fumo dei focolari domestici. Le malattie
parassitarie erano altrettanto comuni a causa della mancanza di igiene. Gli
attrezzi più comuni di un medico erano: pinze, coltelli, fili di sutura,
schegge, trapani e ponti dentari.
Nonostante
gli antichi egizi effettuavano la mummificazione su quasi tutti i cadaveri, non
avevano un'approfondita conoscenza del corpo umano. Tutto questo è spiegabile
dal fatto che chi svolgeva questa attività, era un corpo di comuni lavoratori
delle classi inferiori generalmente privo di cultura e di particolare interesse;
non c'erano medici o studiosi predisposti a questa sorta di
"autopsia".
Si
può certo capire le concezioni mediche come le conosciamo noi oggi differiscano
parecchio da quelle dell'Antico Egitto. Gli antichi egizi avevano una perfetta
cognizione di anatomia topografica nella distinzione del corpo in varie parti
come testa, collo, tronco, addome, arti ma, ad esempio, mancava la concezione di
scheletro nella sua totalità anche se le singole ossa erano ben conosciute.
Anche per quanto riguarda gli organi, gli antichi egizi avevano delle ottime
conoscenze anche se essi venivano sempre considerati globalmente, con poche
distinzioni delle varie parti che li componevano. Per fare un esempio, era ben
conosciuti sia il cuore che il cervello ma, le loro funzioni erano considerate
in tutt'altro modo: il cervello, come organo vitale era ignorato mentre le sue
funzioni e le attività nervose venivano attribuite al cuore che era il centro
della vita.
Al
di là dell'anatomia applicata o alla funzione dell'imbalsamazione, le varie
parti anatomiche svolsero un ruolo importante nella simbologia e nella
religione. Se alla morte, l'intero corpo era il veicolo e il ricettacolo della
vita terrena e extra terrena, le sue varie parti potevano assumere molteplici
significati.
Anche
se gli antichi egiziani non ci hanno lasciato moltissime informazioni
riguardanti i loro studi, esperimenti o procedimenti chimici da loro utilizzati
e si sa che non possedevano concetti simili ai nostri sulla scienza chimica come
organico insieme di studi, essi erano a conoscenza di una scienza chimica che
impiegarono per la realizzazione dei loro prodotti. Dai loro studi possiamo
distinguere almeno sette classi di procedimenti chimici a seconda dei prodotti e
delle tecniche impiegate: farmacopea, cosmetica e profumi, terracotta (vasi,
ceramica), faience e vetro, colori, metalli e mummificazione.
Gli
egiziani avevano un grande spirito di osservazione e sperimentazione; la loro
farmacopea fu sviluppata al punto che molti procedimenti sono ancora oggi
impiegati nella medicina naturale dell'Egitto e Nubia, tuttora validissimi in
terapia.
Al
giorno d'oggi sembrano essere stati scoperti dalla scienza ufficiale le proprietà
terapeutiche delle piante, dei minerali o dei derivati animali. Ma in realtà la
loro conoscenza empirica risale alle epoche più lontane della storia umana,
probabilmente alla preistoria. Anni, secoli, millenni di prove, di osservazioni,
si sono tramandate di generazione in generazione, intimamente unite all'esigenza
primaria di non abbandonare al suo destino il mamalto o il ferito. Tutte queste
informazioni hanno portato alla creazione di una proto-farmacopea, e poi di una
vera scienza farmacologica. Gli antichi egizi utilizzavano preparati di origine
vegetale, minerale e animale. Fra i preparati di derivazione vegetale si
trovavano i semi di acacia, la carruba, i datteri, il ricino e varie altre
piante, fra cui ricordiamo ancora il laudano, una resina arabica la cui essenza
aromatica è secreta dalla pianta di cisto, utilizzata nella preparazione di
unguenti medicinali e profumi.
Fra
i derivati animali, ecco un esempio di ricetta:
Altro (rimedio) per far spuntare i
capelli di un calvo : grasso di leone, 1; grasso d'ippopotamo, 1; grasso di
coccodrillo, 1; grasso di gatto, 1 : grasso di serpente, 1; grasso di capretto,
1; ridurre in una massa e ungere la testa calva.
I
minerali impiegati erano molti: oltre al conosciunto natron, rame, feldspato,
allume, ossido di ferro, calcare, ocra rossa, carbonato e bicarbonato di sodio,
sale da cucina, zolfo, composti arsenicali e carbone.
Per
quanto riguarda i profumi e i cosmetici sappiamo da varie iscrizioni che
entrambi i prodotti furono spinti ai massimi livelli e nei laboratori dei templi
si produssero i profumi più fini. La faience ed il vetro si svilupparono fin
dalla preistoria giungendo alti livelli di perfezione e raffinatezza. Nella
metallurgia, che molto probabilmente ebbe i suoi inizi in Asia, gli egiziani ne
svilupparono le tecniche.
Per
quanto riguarda la mummificazione gli egiziani furono i creatori ed i maestri,
elaborando vari procedimenti e varie ricette che implicavano un'ottima
conoscenza della chimica dei minerali (natron), piante, oli minerali e vegetali,
grassi animali e resine. Nel complesso dunque gli egiziani svilupparono ottime
conoscenze nel campo chimico ma volte, com'era loro natura, essenzialmente al
campo empirico.
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