Cerveteri è circondata da varie necropoli: la Banditaccia, famosissima per le sue tombe; il Sorbo, dove fu trovata la famosa Tomba Regolini-Galassi; Monte Abatone; Monte Tosto; Monte Abatoncino.
Area Archeologica di Caere
L'
Area Urbana
All'abitato antico, che copri va un' area di circa centocinquanta ettari, si è parzialmente sovrapposta la città moderna. Le ricerche condotte negli ultimi decenni a Vigna Parrocchiale hanno pennesso di meglio delineare le fasi di occupazione dell'abitato, per le quali i materiali raccolti sul pianoro sembrerebbero indicare la prima età del Ferro. Sarà tuttavia nel pieno Arcaismo (VI secolo a.C.) che la zona conoscerà una vera monumentalizzazione, con una serie di edifici decorati gravitanti intorno a uno spazio triangolare, nei quali è forse da riconoscere un quartiere residenziale riservato a rappresentanti di un' alta classe sociale. Sul finire del VI secolo o al principio del successivo, l'intera zona appare rasa al suolo e i materiali relativi agli alzati degli edifici scaricati entro una cavità. In luogo delle strutture arcaiche venne costruito un tempio tripartito, arricchito di un sistema di copertura con terrecotte architettoniche, destinato a godere di un lungo periodo di vita. Un'area sacra sorgeva anche in località Sant' Antonio e comprendeva due templi a pianta rettangolare di tipo tuscanico, racchiusi da un recinto (temenos) e affacciati su una sorta di terrazza, alla base della quale si sviluppava una via cava che conduceva in città.
Il santuario, che fu frequentato soprattutto in epoca arcaica, doveva essere titolato a Hercle (Eracle) e forse a una divinità femminile (Menerva/Minerva). Esso insisteva su un' area che, al pari di Vigna Parrocchiale, fu frequentata sin dalla prima età del Feuo, come documentano i resti di capanne ovali individuate nel piazzale antistante i templi stessi. In precedenza erano già stati rinvenuti i resti di almeno otto edifici templari con relativa decorazione in teuacotta, ivi compresa una importante stipe votiva dal tempio del Manganello, ubicato nell' area meridionale della città.
Le
Necropoli
Le necropoli, distribuite ad anello tutt'intorno al centro antÌco, coprono un arco cronologico assai vasto: le più antiche, con tombe a incinerazione in pozzetto e inumazioni in fossa, si trovano in località Cava della Pozzolana e al Sorbo, a sud-ovest della città, tra i fossi della Mola e del Manganello, e appartengono alla prima età del Ferro\IX-VIII secolo a.C.). L' area cemeteriale del Sorbo consta soprattutto di tombe a tumulo riferibili alla piena epoca Orientalizzante (VII secolo a.C.), fra le quali si annovera la celebre Tomba Regolini-Galassi (che vedremo in seguito), che ha restituito un sontuoso corredo di vasellame e suppellettili, conservato al Museo Gregoriano Etrusco in Vaticano.
Particolarmente suggestiva appare anche la
necropoli nord-occidentale della Banditaccia, costituita da numerose e
grandi tombe a tumulo con basamento a tamburo tufaceo talora di cospicue
dimensioni, come pure quelle di Monte Abatone, con un minor numero di
tombe visibili ma egualmente importanti, e della Bufolareccia. In tempi
recenti due tombe a tumulo orientalizzanti (intorno alla metà del VII secolo
a.C.), simili per struttura alla Regolini-Galassi e ricche di ceramiche di
importazione greca, sono venute in luce lungo la via di percorrenza che
collegava la città di Cere al suo porto di AIsium. I corredi delle
necropoli ceretane, al pari delle decorazioni fittili e delle terrecotte dipinte
dai templi, sono per la maggior parte
conservate presso il Museo di Villa Giulia, mentre singoli nuclei di materiali
si trovano al Museo Gregoriano Etrusco in vaticano, al Museo dei Conservatori,
al Louvre e al British Museum. Nonche a Cerveteri presso il Palazzo Ruspoli,
dove nel 1967 è stata allestita un' altra raccolta archeologica.
I
Tumuli e l'evoluzione dell' architettura tombale a Cerveteri
Le più antiche tombe a tumulo dai caratteri monumentali (con diametro pari ad almeno trenta metri) risalgono alla prima fase del periodo Orientalizzante (inizi del VII secolo a.C.) e si trovano nella necropoli della Banditaccia. Si tratta del Tumulo del Colonnello (tomba 1) e della cosiddetta Tomba della Capanna, nel Tumulo 2. La riproduzione dell' architettura domestica interessa soprattutto l'andamento interno delle pareti della camera, che aggettano direttamente da terra o dai bassissimi muri laterali, come falde di un tetto che si congiungono alla sommità. Lungo le pareti, in corrispondenza della porzione di pavimento che in epoca successiva sarà destinata a essere occupata dalle banchine in pietra sulle quali venivano adagiati i defunti, corre a ferro di cavallo una striscia di ciottoli di fiume. Le camere sono preferibilmente situate a nord-ovest, che nella mappa celeste degli Etruschi era la zona riservata agli dèi Inferi.
L'apparizione improvvisa di queste grandi espressioni dell'architettura funeraria nella prima metà del VII secolo a.C. dopo il periodo villanoviano è da intendersi come legata a un fenomeno storico di più complessa e articolata portata: soluzione architettonica ignota al suolo italico e greco, essa trova convincenti paralleli in una precisa area dell'Asia Minore (Lidia), con il suo retro terra assiro e ittita, cui rimandano le modanature del tamburo, e nella vicina ed eclettica Cipro, in quest'epoca sottoposta a particolari legami con quella regione. La componente orientale micrasiatica, del resto, appartiene già all'immagine dell' origine degli Etruschi, che lo storico greco Erodoto (Le Storie, I, 94) tramandava fossero giunti da una regione dell' Asia Minore guidati dal loro re Tirreno, figlio di Ati, sovrano della Lidia. La cura rivolta degli architetti ceretani all'allestimento interno di queste dimore funebriescavate nel tufo, che riproducono l' ambiente domestico e le sue partizioni, si avverte in una serie di tumuli assai caratteristici specialmente per il rilievo conferito alla carpenteria del tetto: gli esempi più notevoli e particolari sono per quest'epoca rappresentati dalla camera laterale sinistra della Tomba della Nave e dalla Tomba dei Leoni Dipinti, il cui soffitto termina nella falda anteriore con una sorta di ventaglio, ossia in una raggiera dei travetti (cantherii, tempia) che si dipartono dalla terminazione a disco del trave portante del tetto (columen). In questi monumenti il legame con le abitazioni proto-storiche, che conosciamo anche attraverso il modello delle urne cinerarie a capanna, è ancora piuttosto evidente. In altre tombe compaiono invece soluzioni più semplici, salvo i casi, come nella Tomba delle Cinque Sedie, nei quali il significato dello spazio funebre è affidato anche agli arredi interni: fra questi spiccano i cinque seggi collocati all' ingresso del sepolcro su cui erano in origine adagiate cinque statuine in terracotta, sia maschili che femminili, che molto probabilmente rappresentavano gli antenati dei proprietari del sepolcro, cui era dovuto una sorta di culto domestico in qualità di capostipiti della famiglia. Con la fase più recente del periodo Orientalizzante (ultimo trentennio del VII secolo a.C.-inizi del VI) le tombe assumono una pianta più articolata rispetto ai decenni precedenti: nasce il tipo cosiddetto "a vestibolo", ovvero un ambiente che si distende in larghezza rispetto all'entrata e sulla cui parete di fondo sono state ricavate tre porte che immettono in altrettanti piccoli ambiti tra loro allineati e talora provvisti di finestre. A Cere splendidi esempi sono costituiti dalle Tombe dei Capitelli, della Cornice e Giuseppe Moretti, con possenti colonne divisorie, mentre la solida influenza emanata dalla metropoli costiera sul versante delle originali innovazioni architettoniche trova ampia ricezione, seppur con ritardo, anche nell'entroterra viterbese in varie località, fra le quali San Giuliano, Castel d' Asso e Tuscania.
Nella seconda metà del VII secolo Cerveteri
esperisce inoltre la megalografia tombale, attraverso le pur poche tombe con
ornati pittorici: nella necropoli della Banditaccia spiccano la Tomba degli
Animali Dipinti, con animali in movimento o colti in scene di lotta, la già
ricordata Tomba dei Leoni Dipinti,
con personaggio maschile tra leoni bianchi e rossi, entrambe influenzate dai
bestiari della ceramica greca di Corinto esportata in Etruria; nonche la Tomba
della Nave, a cinque camere, con insolita scena di naviglio e anch' essa con
sarcofago come quella degli Animali Dipinti. In questo periodo il colore viene
ancora steso direttamente sulle pareti rocciose. Tuttavia nella prima metà del
VI secolo a.C. la secolare tradizione che aveva visto il tumulo protagonista del
paesaggio ceretano, specie nelle necropoli del Sorbo e della Banditaccia, si
viene progressivamente rompendo: la necessità di regimentare gli spazi
all'interno delle aree cimeteriali richiede una pianificazione degli stessi
secondo regole simili a quelle dell'urbanistica vera e propria, contro cui
cozzano l'inconfondibile sagoma tondeggiante e il corridoio d'accesso esterno (dromos).
Dalla metà del secolo le necropoli della Banditaccia e del Sorbo sono
solcate da vie sepolcrali sulle quali affacciano i nuovi dadi costruiti, con
porte corniciate a contrasto cromatico facendo ricorso alla pietra locale
(peperino o macco). La pianta interna che in precedenza vedeva la suddivisione
spaziale in due corpi (uno anteriore e uno posteriore ripartito in tre celle)
sembra ora semplificarsi, come pure i letti funebri scolpiti e decorati della
fase precedente vengono sostituiti da analoghi ma più disadorni giacigli che
preludono alle semplici banchine. In alcuni casi le pareti potevano essere
ornate da lastre di terracotta dipinte, anche con soggetto figurato,
giustapposte a formare un fregio continuo (le cosiddette “lastre Boccanera"
e "lastre Campana", con sfingi affrontate, soggetti mitologici,
processione di personaggi e scene di sacrificio ecc. Il nome deriva
rispettivamente dai fratelli Boccanera, i quali nel 1873 circa intrapresero
ricerche alla Banditaccia e dal marchese Campana, che intorno al 1845 fu autore
di importanti scoperte nella stessa necropoli). Analoghi esemplari sono stati
rinvenuti anche nell' area urbana. Appartiene a quest'epoca il celeberrimo
Sarcofago degli Sposi, in terracotta, che riproduce la coppia di coniugi a
banchetto sdraiati sulla kline secondo il costume etrusco. Con l'epoca
tardo-arcaica si preferisce escavare una sola camera, via via più grande,
talora con pilastro centrale: rientra in questa categoria la Tomba delle Colonne
Doriche, con una coppia di colonne a fusto scanalato e capitello riportato
(verso il 500 a.C.). In questo periodo subisce invece una brusca contrazione il
numero di camere funerarie dipinte: un raro caso è rappresentato dalla Tomba
dell' Argilla, nella necropoli della Banditaccia, con danzatori, illusici,
cavalli e centuari.
In epoca
ellenistico-romana (IV-III secolo a.C.), infine, l'evoluzione sembra indirizzata
a maggiorare le dimensioni degli ambienti funerari, forniti di banchina continua
o comunque sui tre lati ove adagiare i defunti, come mostrano le cosiddette
tombe del Comune alla Banditaccia: a ciò si vanno aggiungendo nel tempo i
loculi ricavati nelle pareti. Ancora in epoca tarda a Cerveteri, benche in
misura decisamente minore rispetto a Tarquinia, non si è perduto l'uso di
affrescare le camere funerarie, anche solo con apporti pittorici che ne
sottolineino le componenti architettoniche: proprio nella zona delle Tombe del
Comune sorge la Tomba delle Iscrizioni, detta anche Tomba dei Tarquinii, dal
nome dei titolari del grandioso ipogeo, la famiglia Tarchnas, rami della
quale sono documentati in altre importanti centri dell'Etruria meridionale e
centrale. Nella stessa zona era anche la Tomba del Triclinio, della fine del IV
secolo, caratteristica per il ciclo pittorico con banchettanti, che ricorda
altri celebri ipogei di Tarquinia (Tomba degli Scudi) e Orvieto (Tomba Golini).
Tuttavia l'esempio più originale e maestoso, nel quale pittura e bassorilievo
si fondono mirabilmente, è però costituito dalla celebre Tomba dei Rilievi,
che apparteneva alla gens dei Matunas. Sul fondo è stata ricavata
l'alcova con letto dai piedi sagomati e doppi cuscini (kline) fra colonne
eoliche. La straordinaria unicità dell'ambiente deriva soprattutto dalla gran
copia di oggetti disposti a bassorilievo sui muri e lungo il fusto stesso delle
colonne, come fossero appesi, in origine valorizzati dal colore.
L'alto
tenore sociale dei proprietari di questi ipogei ellenistici è confermato anche
vicina Tomba dei Sarcofagi, della famiglia Apucus, ornata da un fregio di
animali in lotta di ispirazione magno-greca (in particolare tarantina) e così
detta per la presenza di sarcofagi in calcare. Anche un altro complesso
funerario scoperto in tempi relativamente recenti in località Greppe
Sant'Angelo accoglie nella peculiare struttura architettonica echi dalla Grecia
ellenistica: su una corte si affaccia in posizione dominante un doppio monumento
tombale, il cui prospetto era in origine decorato con sculture (Charun/Caronte).
La soluzione prescelta per il soffitto della tomba di sinistra - la volta a
botte - destinata a fecondi sviluppi nell'Etruria centro-settentrionale, è
facilmente riconducibile ai modelli allora in voga in Macedonia, patria di
Filippo e di Alessandro il Grande e sede della dinastia regale.
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