PUNICUM

 

Punicum rappresenta un insediamento di origine etrusca, nato in coincidenza con un punto di facile approdo, perché protetto dai venti e dal mare. In epoca romana presso Punicum venne costruita una grande e lussuosa villa marittima provvista di un porto e di impianti per l'allevamento ittico, acquisita forse agli inizi del III sec. d.C. dal famoso giureconsolo Ulpiano. Tra i resti della villa ci sono criptoportici,porticati aperti verso il mare,ambienti termali con ricche decorazioni musive e statuarie oggi distribuite in vari musei e collezioni private. Queste sono le statue di Villa Ulpiano:

Sui resti dell' antica Punicum e della di Ulpiano intorno all'XI secolo risulta attivo un piccolo insediamento, protetto da un' alta torre cilindrica, voluta forse dai Conti di Tuscia, provvisto di un luogo di culto dedicato a Santa Marina,curato da una comunitá di monaci basiliani. Nei secoli successivi fu edificato il castello includendo l' antica torre cilindrica (XVsec.), reso ancora piú forte dalla costruzione dei bastioni e della batteria (XVIIsec.). Nel 1634 il Papa Urbano VII avvió le opere per la realizzazione di un grande porto che avrebbe dovuto spostare su Santa Marinella una parte del traffico di Civitavecchia : l'opera non fu mai terminata.

 

Il Castello Odescalchi con il vicino borgo,frequentato da pescatori e cacciatori, con la sua caratteristica pianta a tre torri angolari e una centrale, é rimasto a controllo del sottostante porticciolo e del litorale fino quasi ai giorni nostri.

 

Villa Romana delle Grottacce ed i ponti romani

 

All'altezza del km 58,200 della Via Aurelia, tra la statale e la spiaggia, si estendono i resti della Villa Romana delle Grottacce, una delle classiche Villae Maritimae del litorale. Il vasto insediamento è provvisto di un notevole impianto per l'allevamento di pesci e molluschi (Peschiera) e di un lungo molo di ormeggio, oggi quasi completamente sommersi. Della villa si conservano grandi strutture relative ai locali di servizio e per l'attività produttiva, mentre la zona residenziale soprastante è andata quasi completamente distrutta in seguito all'erosione marina, degli agenti atmosferici ed ai saccheggi avvenuti nel corso dei secoli. Le murature rivelano una complessa storia edilizia protrattasi dal I sec. a.C. fino al IV sec. d.C. Nel territorio di Santa Marinella sono presenti i resti, ben conservati, di numerosi ponti Romani relativi al tracciato dell'antica Via Aurelia, famosa via di collegamento tra Roma, l'Etruria costiera e la Liguria, costruita a partire dal III sec. a.C. sulla base di precedenti tracciati Etruschi. Di particolare interesse e monumentalità risultano il ponte di Largo Impero (km 60,400 della Via Aurelia) ed il Ponte di Via Roma (km 60,700). Di difficile accesso è oggi il bellissimo Ponte delle Vignacce (km 62,300). Presso il km 59,700 della Via Aurelia, si trova l'interessantissima stele con l'iscrizione commemorativa del restauro del Ponte di Apollo, voluto dagli imperatori Settimio Severo e Caracolla: i resti del ponte, parzialmente pervenuti nel rifacimento medievale e moderno, si conservano presso il Fosso di Castelsecco, tra la Via Aurelia ed il mare.

 

Punta della Vipera: la peschiera ed il santuario etrusco

 

Uno dei più interessanti e completi esempi di peschiera Romana,visibili lungo l'intero litorale Tirrenico a nord di Roma, è sicuramente quello situato all'altezza del km 66 della Via Aurelia in località Punta della Vipera. L'impianto, costruito forse alla fine del I sec. a.C., si articola in diverse vasche rettangolari, distribuite intorno ad un grande bacino circolare centrale di oltre 20 metri di diametro. Le vasche centrali conservano tracce delle aperture e degli apprestamenti idraulici che distribuivano le acque nell'allevamento e ne regolavano il deflusso. La peschiera era controllata da una villa marittima sita nell'immediato entroterra, purtroppo, oggi, completamente edificato.

Molto vicino alla foce del Marangone, a sud, si sono trovati i resti di un piccolo tempio etrusco extraurbano che esistette dal VI al IV secolo a.C. e fu verosimilmente connesso all'abitato della Castellina. Sempre nelle vicinanze della foce del ruscello Marangone un altro santuario, molto più importante e anch' esso verosimilmente collegato alla Castellina, fu scavato da Mario Torelli, presso la località Punta della Vipera, circa due chilometri a nord di Santa Marinella. Il tempio fu fondato attorno al 540-530 a.C. ed esistette, fra alterne vicende, fino al I secolo a.C.

Punta della Vipera – Planimetria del Santuario

Esso era certamente dedicato a Minerva (etr. Men(e)rva), come dimostrano iscrizioni graffi te su vasi di bucchero, di impasto e attici, nonche varie statuette votive della dea. Nel tardo arcaismo l'area del santuario ricomprendeva un temenos rettangolare circondato da un muro e un tempietto con cella quasi quadrata, pronao e annessi pavimentati in cocciopesto a nord e a nord-est. Le terrecotte architettoniche (antefisse, lastre di rivestimento) furono per certo eseguite da maestranze ceretane. Davanti alla facciata del tempio è stato rinvenuto l'altare, perfettamente orientato, costruito con pietre di cava e rivestito con lastre di nenfro modanate. Il foro centrale per le libagioni è del tutto simile a quello dell'altare dell'area C di Pyrgi e fa pensare a culto di natura ctonia. Nella prima metà del IV secolo a.C., probabilmente in seguito a una razzia compiuta dal tiranno Dionisio di Siracusa nel 384 a.C. (anno in cui fu gravemente depredato il non lontano santuario di Pyrgi), il tempio fu completamente ridecorato con terrecotte i cui stampi risultano impiegati anche per il rifacimento del tempio B di Pyrgi.

Di questa fase si sono conservate fino a noi diverse serie di lastre fittili di rivestimenti decorate con palmette, fiori di loto e volute, nonchè un eccezionale acroterio dipinto, di forma discoidale. Nei settori nord-orientali e orientali del santuario furono costruiti nuovi ambienti di culto e un portico. Nel II secolo a.C. la decorazione fittile fu parzialmente sostituita con terrecotte da stampi simili a quelli usati nel tempio di Giove sull'arce di Cosa. Quest'ultima risistemazione va molto probabilmente collegata con la deduzione della colonia romana di Castrum Novum, che sorgeva poco più a sud. Un restauro degno di nota venne eseguito nel II secolo a.C., quando venne inserito un frontone fittile ornato con scene mitologiche (scene dionisiache? Atena e Marsia?). Ancora nella prima metà del I secolo a.C. furono sostitute alcune terrecotte con lastre campane rinvenute in frammenti. Una ricca stipe votiva (comprendente monete, ceramiche, utensili, teste e altre parti anatomiche di terracotta) fu scoperta lungo il lato ovest del muro di temenos e testimonia la popolarità del culto tra VI e II secolo a.C. Verso la metà del I secolo a.C. il santuario, probabilmente in stato di abbandono, fu interamente saccheggiato e demolito per far posto a una grande villa romana. Il sito ha restituito anche un'importante lamella plumbea iscritta del v secolo a.C., ora conservata al Museo di Villa Giulia a Roma.

Si tratta di un nastro di piombo, le cui due facce sono coperte da una lunga iscrizione a lettere minute, contenente parole relative ad atti sacri e cerimonie. Nel complesso il testo è purtroppo assai lacunoso, e, nonostante in passato si sia ipotizzato per esso un contenuto di tipo oracolare (una sors), in realtà, come già accennato, si può chiaramente capire che l'epigrafe contiene una serie di prescrizioni sacrificali. È anzi assai probabile, come ha pensato il Cristofani, che il "nastro" in questione fosse conservato come documento d'archivio del santuario. Esso si apre con l'indicazione di un grosso numero (peraltro sono impiegate cifre peculiari e anomale per l'uso etrusco). Segue una parola formata su una radice lanx-, per cui è richiamabile il latino (di sostrato) lanx 'piatto (della bilancia)', indi lanx-um-i-te' = 'nella/sulla <bilancia>' (va inteso come costellazione? Siamo in presenza di una data astronomica?). Numerosi vocaboli ed espressioni, soprattutto del linguaggio rituale, sono molto ben riconoscibili in tutto il testo: pulunza .ipal. sacni[...] = 'la stellina, di cui il sacro [...]'; sacnitalte = 'in quello del sacro'; ..ezi 'uccidi (la vittima)'; iperil.unu = 'a favore del quale <tu> (...)'; ipas. rinuva.l cver mulveni = 'le mani del quale presentino l'omaggio sacro'; helucu. acasa = '(che tu) ti faccia proprio'; nuna..l = 'preghiera'; nun{}e- na = '(che tu) preghi'; ..flasei = 'sulla polenta (rituale)'; vacil = '<lo- de>'; mlaka…lama = 'sia del buono [--]'; hecia = 'ponga'. Il Santuario era dedicato a Minerva. Alla metà del I secolo a.C., l'edificio di culto, ormai in abbandono, fu quasi interamente demolito per la costruzione di una villa.

 

Castrum Novum

 

La colonia marittima romana di Castrum Novum, nel territorio dell'odierno comune di Santa Marinella, fu dedotta nel III secolo a.C., certamente dopo i1 273, quando a Caere fu tolto il controllo della fascia costiera, e probabilmente, nel 264 a.C. La sua denominazione d'età imperiale, colonia Iulia Castronoviana, fa supporre una seconda deduzione di cives effettuata sotto Cesare; l'amministrazione, come apprendiamo dalle epigrafi, era affidata a duoviri. Da un' importante iscrizione latina sappiamo pure che la città era dotata di un teatro, di una curia e di un tabularium con portici e altri edifici pertinenti; uno dei cittadini più eminenti e munifico benefattore, nonchè duoviro quinquennale della colonia, si chiamava Lucio Ateio Capitone, con ogni probabilità parente del famoso giurista e caposcuola Gaio Ateio Capitone, che fu console nel 5 d.C. e forse commentò anche antichi testi giuridico-religiosi etruschi. Il territorio della colonia era stato precedentemente occupato da almeno due pagi etruschi. Un primo piccolo centro si è individuato sull'altopiano a sinistra del fosso Ponton del Castrato; il Dennis pote ancora osservare i resti del perimetro dell'acropoli e di mura fortificate, come pure alcune tombe a camera (verosimilmente del V secolo a.C.) pertinenti al sito.

Il secondo più importante pagus, quello della Castellina, era posto su un'altura isolata (abitata fin dall'età del bronzo finale) a circa un chilometro dal mare, non lontano dalla foce del fiume Marangone. Scavi condotti in epoche diverse hanno riportato alla luce la cinta muraria, costruita con blocchi irregolari di calcare locale (detto "scaglia") e percorrente un perimetro di circa 700 metri. Si è inoltre individuata una porta urbica, una via lastricata che attraversava il centro e i resti di alcuni edifici del V e IV secolo a.C. La Castellina era collegata con Tolfa e Allumiere e dunque coinvolta nel commercio di materiali ferrosi: in effetti si sono scoperte tracce di attività di lavorazione del ferro (scorie di fusione).

Oltre a ciò presso l'abitato sono emersi frammenti di ceramica dell'età del Bronzo, villanoviana e greca del tardo geometrico.

Numerose e ampie le necropoli riferibili al centro etrusco della Castellina; si segnalano tombe a tumulo arcaiche del tardo VII secolo a.C. in località Marangone (oggi non più visibili); tombe a camera con dromos e corredi per lo più del IV secolo a.C. in località Volpelle e Cava delle Volpelle; tombe a fossa e a camera del V-IV secolo a.C. in località Semaforo di Fosso Cupo. In generale i corredi funebri rivelano chiari influssi ceretani. Il complesso di queste tombe etrusche copre un arco di tempo dal VII fino agli inizi del III secolo a.C., quando, evidentemente, l'antico pago della Castellina fu spopolato e sostituito dalla colonia romana di Castrum Novum. I materiali di Castrum Novum, Castellina e Punta della Vipera sono in gran parte conservati ed esposti al Museo Archeologico Nazionale di Civitavecchia.

   

 

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