Pianta del santuario di Leucothea-Ilizia a Pyrgi
Il santuario arrivò ad occupare una superficie di circa 6 ettari, e si articolò nel tempo in una complessa serie di edifici. Era delimitato da un muro di temenos (il confine sacro), sul cui lato Nord si apriva, con un grande propileo a blocchi, la maestosa via (oltre 10 m di larghezza) di collegamento con Caere, lunga 13 km, e realizzata probabilmente nella prima metà del VI sec. a.C.
Ricostruzione del santuario di Leucothea-Ilizia a Pyrgi
L'area sacra fu collegata almeno dall'inizio del VI sec. con le funzioni commerciali ed emporiche dell'insediamento, di discreta estensione. Alla fine del VI sec. a.C., il re di Caere Thefarie Velinas avvia un grandioso programma edilizio, finalizzato a conferire al complesso una notevole monumentalità.
I recenti scavi nella zona del santuario hanno portato alla luce resti di importanza notevole, come le famose lamine d'oro, di cui parleremo nell’apposito paragrafo. |
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Il porto era collegato alla città di Caere tramite una strada lunga circa tredici chilometri e larga dieci metri. Divenuta colonia marittima probabilmente nel III sec. a.C., Pyrgi mantenne la funzione portuale nonostante le turbolente condizioni politiche dell’Etruria ed il funesto dilagare della malaria negli anni tra il 190 e il 170 a.C; tale funzione era anche collegata all’attività delle numerose ville marittime trasformatesi in impianti per le colture ittiche. Sappiamo che il sito era ancora attivo ai tempi dell’ Imperatore Traiano, ma ormai come approdo per barche di piccola cubatura, e molto probabilmente anche in età adrianea.
L'area
sacra, estesa per almeno 6000 metri quadrati, si trova in aperta pianura, tra
l'abitato antico e la spiaggia, delimitata da un Temenos (recinto sacro), del
quale sono stati portati alla luce i lati di sud-est e nord-est; quest'ultimo
presentava la porta d'ingresso principale al santuario. Il rinvenimento
di alcune antefisse a testa femminile di stile ionico, la presenza di un
edificio di culto, purtroppo non ancora identificato, ed una frequentazione a
partire almeno dalla metà del VI sec a.C., attestano che il santuario conobbe
il momento di maggior splendore nel 510 a.C., anno che vide l'avvio di massicci
interventi edilizi, tesi a trasformare un'area depressa nel più imponente e
prestigioso santuario dell'Etruria Meridionale.
Inoltre, il sito di cui gli antichi ci hanno tramandato solo il nome nella versione greca Pyrgoi ("le torri") fu uno dei tre porti dell’etrusca Caere (attuale Cerveteri). Il posto era rinomato il tutto il mondo mediterraneo per la presenza del santuario dedicato alla divinità femminile Leucotea-Ilizia, l’etrusca Uni, depredato da Dionisio di Siracusa nel 384 a.C. Gli scavi hanno rivelato la presenza di almeno due templi provvisti di una ricca decorazione architettonica denominati Tempio A, Tempio B, un'area sacra C, famosa per le lamine d'oro, nonché di un edificio rettangolare, suddiviso in cellette, addossato al muro di recinzione del santuario, con un propileo di accesso aperto sulla via Caere-Pyrgi, la strada monumentale in terra battuta, larga oltre 10 m, che già nel VI sec. a.C. collegava il porto di Pyrgi all'antica Caere.
Dopo
il saccheggio di Dionigi nel 384 a.C., evento descritto dalle fonti che
riferiscono sia sulla divinità onorata nel santuario sia sul patrimonio offerto
alla dea, sappiamo che il santuario intorno al sec. IV-III a.C. ebbe una
rinnovata fioritura alla quale pose fine il conflitto tra Roma e Caere - dopo
una prima intesa commerciale - che portò alla confisca romana del territorio e
alla fondazione del castrum militare della colonia marittima di Pyrgi.
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Smantellati entrambi i templi, il culto sopravvisse, pur con diverse caratteristiche, con offerte e celebrazioni sulla terrazza antistante il Tempio A. |
A recenti esplorazioni, condotte a partire dal 1984, si deve l'identificazione di una seconda area santuariale inseribile in un orizzonte cronologico del IV-II sec.a.C. Sui resti di epoca romana fu edificata la fortezza del Castellum di Sancte Severae, in epoca medievale.
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Dopo una serie di vicissitudini, alla fine del XV secolo d.C., il castello entrò a far parte dell’Ospedale di Santo Spirito, fino ai primi anni del 1980, quando divenne proprietà del Comune di Santa Marinella. |
Nel 1956, i signori Barbanelli e Cordelli scoprirono numerosi fittili in terracotta, di cui alcuni figurati, in un terreno adiacente la spiaggia, a sud-est del comprensorio del Castelli. I resti furono portati alla luce durante la realizzazione di lavori agricoli. Durante successivi sopralluoghi da parte della Sovrintendenza per l’Etruria Meridionale, emersero nello specchio acqueo antistante le mura del Castrum romano, blocchi di tufo appartenenti a strutture murarie sui quali si trovavano stratificazioni in terracotta.
Il
Tempio A fu eretto circa nel 460 a.C., adiacente al già esistente B, con
analogo orientamento ma molto più maestoso. Presentava una pianta con tre celle
parallele disposte sul fondo e precedute da un colonnato compreso tra i
prolungamenti delle pareti laterali, secondo uno schema tipico degli edifici
sacri
etruschi. Le colonne erano realizzate in tufo intonacato ed i capitelli erano in
peperino. Entrambi i lati corti erano decorati da un frontone aperto con
altorilievi, dei quali il più sontuoso ed eccezionale fu senz'altro quello
posteriore, sia per la composizione della scena che per la tecnica di
lavorazione e montaggio delle lastre sulle testate del columen e dei mutuli
(rispettivamente travi principale e laterali longitudinali del tetto). Gli
episodi raffigurati sono riferibili alla saga dei Sette contro Tebe, scelta che
rivela da parte dei committenti una profonda conoscenza del mito greco e
un'intensa religiosità. Analoga cura fu riposta nell'esecuzione dell'apparato
decorativo della facciata del tempio A, del quale ci sono pervenute solo quattro
figure, quale sostituzione del solo altorilievo del columen, datate circa 325
a.C. a dimostrazione che nell'operazione dello smontaggio dei due templi non
tutto fu conservato all'interno dei due pozzi disposti davanti la facciata.
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Il modellino ricostruito del Tempio A si trova nel Museo di Villa Giulia a Roma. |
Il tempio denominato B, il primo realizzato, risale alla fine del sec. VI a. C.; è di tipo greco con un'unica lunga cella circondata da quattro colonne sul lato frontale e sei sui lati laterali.
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Il portico posteriore, tra cella e colonnato, è notevolmente più stretto lateralmente rispetto alla larghezza del prospetto. |
Il tetto, coperto da tegole piane e coppi
semicilindrici secondo il sistema detto "siciliano", presentava una
ricca decorazione policroma, attestata dai numerosi rinvenimenti nonché due
frontoni aperti ornati da altorilievi con soggetti per lo più inerenti al mito
di Eracle.
L'area sacra denominata C costituiva in origine un piccolo santuario indipendente, dotato di un altare cilindrico di tufo grigio, di un pozzo e di un secondo altare in peperino. A ridosso di quest'ultimo fu costruito un recinto per accogliere le lamine d'oro inscritte, trovate durante i recenti scavi. Sempre connesso ad Astarte/Uni doveva essere un edificio, parallelo al lato lungo del temenos, del quale rimangono venti celle destinate alle sacerdotesse della dea che Servio ricorda, citando Lucilio, essere le famose "scorta Pyrgensia", cioè le "prostitute di Pyrgi".
Dall’area C del Santuario di Pyrgi provengono le tre famose lamine auree iscritte (ora conservate al Museo di Villa Giulia). Le lamine formavano un trittico, costituito da una coppia "bilingue", in etrusco e in fenicio, e da una terza in etrusco. Al momento della scoperta, avvenuta l'8 luglio del 1964, le lamine giacevano, avvolte in un pacchetto, in una specie di ripostiglio posto sotto il pavimento di una piazza; tale piazza è stata ottenuta con materiali di spoglio del demolito tempio B. La coppia "bilingue" (la corrispondenza riguarda il contenuto, non la forma linguistica) commemora la dedica ad una dea chiamata Astarte in fenicio e Uni in etrusco di un luogo di culto sacro (tmia in etrusco) e di una statua della dea. Autore della dedica, per riconoscenza verso la dea, è Thefarie Velianas, re su Caere, nel terzo anno del suo regno.
Etrusco
Punico
La lamina con l’iscrizione più breve ricorda invece la nascita del culto specificandone il rituale. La presenza della stessa iscrizione riportata su due lamine nelle due lingue testimonia gli stretti legami esistiti tra Caere e Cartagine negli ultimi anni del VI sec a.C.
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