ROMA

 

 

Museo Archeologico Nazionale di Valle Giulia

           

Il Museo Nazionale Etrusco di Roma ha sede, fin dalla sua nascita, nella Villa Giulia, classico esempio di cultura manierista voluta dal papa Giulio II sull’area della Vigna Vecchia nel 1551-1555. Alla costruzione collaborarono dapprima Michelangelo, poi Vasari e Vignola, mentre le decorazioni si devono a uno stuolo di pittori, fra cui si distinsero i fratelli Zuccari e forse Giovanni da Udine.

 

La villa è formata da un nucleo ad un piano, lungo un’asse prospettico in cui inizialmente predomina la linea retta, mentre all’interno essa assume la forma di un semicerchio che dall’atrio si apre nel portico che circonda il cortile principale terminando nel complesso del ninfeo sul fondo, mettendo in risalto il passaggio dalla linea retta prettamente rinascimentale a quella curva anticipante il barocco. Dall’atrio si accede a due stanze poste ai suoi lati, le stanze dei Banchetti (nelle volte, scene dipinte quali un Baccanale e La Virtù che afferra la Fortuna per i capelli, rappresentazioni di Ninfe). Anche il porticato a semiciclo ha le volte dipinte con l’aspetto di un lussureggiante pergolato e sulle pareti sono rappresentate grottesche e personaggi mitologici.

La facciata in fondo immette nella Loggia progettata dall’Ammannati. Oltre il secondo cortile, due rampe scendono al ninfeo, scenografico complesso a tre livelli con logge nei due ordini superiori. In basso, ad esaltare questo spazio raccolto e segreto, è la fontana dell’Acqua Vergine (1552), ricco complesso dovuto al Vasari in collaborazione con l’Ammannati (l’impianto idrico si attribuisce al Vignola) e ornato da cariatidi e dalla raffigurazione dell’Arno e del Tevere. Molti reperti provenienti da zone di interesse archeologico delle zona di Santa Marinella sono conservati nel Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma. Il Museo raccoglie testimonianze delle civiltà fiorite tra l’Età del Ferro e l’epoca romana nel Lazio, in particolare nella zona nord-ovest della regione, compresa tra il Tevere e la Toscana (civiltà etrusca e falisca). Il Museo venne istituito nel 1889 come sezione del Museo Nazionale Romano per le antichità extraurbane della provincia di Roma, e in seguito fu ampliato con l’aggiunta di altre collezioni come le famose collezioni Castellani e Barberini. I materiali sono esposti secondo un criterio topografico e comprende oggetti rinvenuti nelle zone di Vulci, Bisenzio, Veio, Cerveteri, Pyrgi.

 

Sarcofago degli Sposi

 

Vetri di bronzo

 

Inoltre, nell’Antiquarium trovano posto oggetti del vecchio Museo Kircheriano, delle collezioni Castellani e Pesciotti, nonché sale dedicate a Palestrina e all’Umbria.

Apollo di Veio

 

Fra i reperti più famosi del museo si possono annoverare, oltre alle famose lamine d’oro di Pyrgi, il corredo della Tomba del Guerriero (seconda metà del sec. VI a.C.) proveniente da Vulci, la statua di Apollo (del sec. VI a.C.) proveniente dal santuario di Portonaccio a Veio, il Sarcofago degli Sposi (circa del 530 a.C.) proveniente da Cerveteri, una biga in legno con rivestimenti in lamina bronzea rinvenuta nella tomba di Castro (circa 530 a.C.), i corredi delle tombe Barberini e Bernardini di Palestrina (risalenti alla metà del VII sec. a.C.).

 

Il nuovo allestimento delle collezioni falisco-capenate propone un quadro organico e articolato della civiltà dei Falisci, popolazione legata culturalmente e politicamente alle grandi città dell'Etruria meridionale, insediatasi lungo la media valle del Tevere, a nord-est di Roma. Nell'ala sud del Museo, in due sale del piano terreno e nelle quattro sale del primo piano sono esposti, secondo criteri topografico-cronologici, i reperti provenienti dalle necropoli di Capena, dai centri falisci di Corchiano, Vignanello e Nepi, ampio spazio è riservato a Narce e a Falerii Veteres (Civita Castellana). Tra i reperti si segnalano il corredo tombale proveniente dalla tomba di una principessa dell'VIII sec. a.C., rinvenuta nella necropoli dei Tufi di Narce; le oreficerie orientalizzanti della "Tomba degli Ori" e le armi, le fibule in argento e oro e parti della bardatura equina, recuperate all'interno di una tomba ad incinerazione entro dolio fittile proveniente dalla necropoli della Petrina di Narce. Di rilievo anche le decorazioni in terracotta dei cinque santuari di Falerii.

 

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