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Essa, rappresentante il dio Apollo, costituisce il capolavoro di tutta l’arte etrusca a noi pervenuta. Fu realizzato da Vulca, l’unico artista di cui ci sia giunto il nome. La statua fu ritrovata nel 1916 e pur offrendo un’idea di derivazione da modelli greci, rappresenta un esempio di individualità dell’arte etrusca. |
L’immagine
generale ha una linea elegante e al tempo stesso ricca di forza, da cui emerge
il volto con tratti lineari molto geometrici eppure raffinati. L’Apollo faceva
parte di un gruppo di altre statue che decoravano il rivestimento architettonico
del Tempio del Portonaccio. Delle altre statue purtroppo sono stati ritrovati
solo piccoli frammenti. Questo
insediamento etrusco tuttora oggetto di scavi e ricerche da parte della École
Française è quello che più d’ogni altro manifesta la crescente
romanizzazione dei centri etruschi della Tuscia dalla fine del IV al I sec. a.C.
L’abitato (4 ettari) è posto su un pianoro di tufo che sul lato occidentale
si eleva a dirupo sul fiumiciattolo Leia. Laddove questa difesa naturale mancava
o risultava insufficiente è stata integrata da un fossato e da una poderosa
cortina di mura a blocchi di tufo dove si aprono due porte. Le abitazioni
private e pubbliche racchiuse entro dodici grandi isolati formato un reticolo ai
lati della via centrale (larga m. 6,70) con, a metà del pianoro, una piazza
rettangolare ove si concentrava l’attività sociale ed economica di Musarna.
In essa erano due templi di cui uno forse dedicato ad Ercole ed un grande
edificio pubblico porticato.
Un
razionale sistema fognario e di drenaggio pubblico e privato con cunicoli e
pozzi corre nel sottosuolo. Oltremodo interessante un modesto nucleo termale
costruito sui resti di un tempio fatiscente che ha restituito un mosaico a
tessere bianche e nere (I sec. a.C.) due iscrizioni relative alle famiglie
egemoni del territorio che sono un documento unico della lingua etrusca e il cui
ritrovamento da parte sella Società Archeologica Viterbese "Pro Ferento"
nel 1982 dette motivo alle attuali ricerche. Le necropoli contano numerose tombe
a fossa e a camera che vanno dalla fine del IV al I d.C. Tra esse le due tombe
della famiglia a degli Alethnas che hanno restituito numerosi sarcofagi in
nenfro con una notevole quantità di epigrafi attestanti tra l’altro le
magistrature ricoperte dai suoi membri sia in luogo che nella vicina Tarquinia.
I reperti provenienti da Musarna sono esposti a Viterbo nel museo civico e nel
museo nazionale della rocca Albornoz.
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