Le principali necropoli orvietane sono quelle di Crocefisso del Tufo e della Cannicella, situate ai due poli opposti rispetto alla rupe, l'uno a settentrione e l'altro a sud della stessa. La necropoli di Crocefisso del Tufo, nella ordinata disposizione delle tombe a dado costruite con conci regolari in opera quadrata affiancate le une alle altre, si allinea pienamente ai dettami urbanistici che in questa fase vengono adottati anche nelle grandi necropoli ceretane per meglio disporre degli spazi utili. L'ingresso ai sepolcri si dispone in molti casi a un livello più basso rispetto al piano della via su cui affacciano. Sul prospetto le iscrizioni di possesso incise sull'architrave conservano il nome del proprietario cui la tomba era titolata. Anche la necropoli della Cannicella costituì un' area. cemeteriale caratterizzata da una certa densità di occupazione: lo sfruttamento del soprasuolo allo scopo di costruirvi le tombe è dimostrata dalla loro sovrapposizione in alcuni punti. Ai monumenti più antichi (fine del VII secolo a.C.) si sono via via aggiunti dall'epoca arcaica quelli più recenti, inseriti in spazi ordinati e disposti secondo una pianificazione che trasse forse la sua ragion d'essere dalla sopravvenuta necessità di ristrutturare il contiguo santuario della Cannicella.
Le tombe arcaiche presentano titoli funerari con il nome del proprietario del sepolcro: uno degli esempi più antichi, che ben esemplifica la tipologia in voga nella necropoli orvietana, è rappresentato dalla tomba che reca inscritto il gentilizio Katacina, verosimilmente di origine celtica. Tombe di una certa antichità costituite da rare inumazioni in fossa databili al VII secolo a.C. erano state impiantate nelle vicinanze dell'area destinata ad accogliere il santuario, la cui fase di vita più antica sembra da rintracciare nella seconda metà del VI secolo a.C. Le nuove tendenze delle aristocrazie orvietane, che in epoca ellenistica (seconda metà del IV secolo a.C.) si fecero escavare sepolcri dipinti in località campestri fuori dell'abitato, sono invece paradigmaticamente esemplate nelle due tombe affrescate rinvenute in località Poggio del Roccolo di Settecamini e nel sepolcro in località Molinella, presso Castel Rubello di Porano. Si tratta nel primo caso di una coppia di tombe appartenute rispettivamente alla famiglia Leinies (Tomba Golini I) e a quella dei Vercnas (Tomba Golini II, detta anche Tomba delle Due Bighe), nel secondo della Tomba degli Hescanas. Le due tombe Golini, così chiamate dal nome del loro scopritore che le restituì alla luce nel 1863, sono peculiari per l'apparato iconografico che nella Golini I è costituito, per la parete sinistra della camera, da una articolata scena di macelleria, di cucina e di preparazione di un banchetto nella quale si avvicendano figure di servi che depongono vasi su un tavolo; per la parete di destra dalla coppia infera costituita dal dio Hades e dalla consorte Persefone su trono, nonche dall'immagine di un banchetto con convitati sdraiati su klinai, e da un personaggio maschile, nel quale dovrebbe identificarsi il defunto, trasportato su biga da una coppia di cavalli rossi. Nella tomba Golini I furono sepolte almeno cinque generazioni di individui, riconoscibili dalle iscrizioni funerarie con titoli magistraturali, fra le quali risalta l'epigrafe con la citazione dello zilacato rivestito da uno dei membri della gens. Anche nella Golini II il defunto, abbigliato in veste da viaggio, appare per ben due volte su una biga trainata da cavalli, come, del pari, non è trascurata la consueta e tradizionale iconografia del banchetto e della processione di togati introdotti da suonatori di lituo o corno e lira. Nel 1950 le pitture, ora in cattivo stato di conservazione, vennero staccate dalle pareti con un delicato procedimento ed esposte prima al Museo Archeologico di Firenze e in seguito rimpatriate a Orvieto, nel Palazzo Papale.
La Tomba in località Molinella, infine, anch' essa a camera unica e databile sul finire del IV secolo a.C., apparteneva alla famiglia locale degli Hescanas, il cui nome compare in varie iscrizioni: su un'umetta cineraria di un Vel Hescanas e sulle pareti, dove il defunto Laris Hescanas si mostra su una biga con cavalli nell'ambito della scena di genere - il viaggio nell'aldilà - caratteristica del repertorio dell'Etruria ellenistica. Fra divinità alate degli Inferi e togati con suonatori di strumenti a fiato, la Tomba degli Hescanas, ancorche di modesto livello artistico, restituisce la memoria di un' oligarchia attenta ai simboli del proprio potere politico (anche in questo caso vi è menzione di alte cariche pubbliche quali lo zilacato) e del proprio ceto sociale.
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