Etruscologia

 

La rassegna retrospettiva che qui s'intende presentare per grandi linee richiama i dati essenziali relativi agli avvenimenti, alle persone e alle opere che costituiscono la trama del graduale recupero delle conoscenze sull'Etruria antica e dell'approccio moderno alla sua comprensione. A tal proposito non sembra difficile individuare e distinguere: 1) una «preistoria» erudita che va fino al Settecento, 2) un periodo di estese e positive acquisizioni scientifiche che abbraccia gran parte dell'Ottocento e infine 3) uno stadio di più estesa ricerca e di più compiuta elaborazione storico-critica soprattutto nel corso del nostro secolo.

Anche se la memoria degli antichi Tusci era riaffiorata talvolta non senza qualche punta di orgoglio nelle cronache toscane del tardo medioevo e nella letteratura umanistica, fu senza dubbio il generale risveglio d'interesse per i monumenti antichi e per le scoperte di antichità che portò la cultura del Rinascimento ad un primo incontro con le testimonianze del mondo etrusco in quanto fenomeno più o meno chiaramente distinguibile, e progressivamente distinto, nell'ambito della risorgente classicità. Rinvenimenti sporadici di tombe e di iscrizioni osservati con crescente curiosità alimentarono tra gli ultimi decenni del XV e i primi del XVI secolo gli scritti pieni di ricostruzioni fantastiche di Annio da Viterbo e le opere di altri eruditi come Sigismondo Tizio a Siena. Da Leon Battista Alberti a Giorgio Vasari si avviò una iniziale teorizzazione dell'architettura e dell'arte figurativa etrusca (particolarmente importante, a metà del Cinquecento, fu la scoperta della Chimera d' Arezzo).

Il richiamo dell'Etruria antica si spostò nel corso del XVI secolo dalla Tuscia papale alla Toscana, e in Toscana trovò il suo ambiente più propizio non soltanto a livello di interessi culturali, ma anche per una certa rispondenza al programma politico del principato mediceo, culminando poi nel Settecento in quel vivacissimo movimento di ricerche (scavi a Volterra, Cortona, ecc.) e di studi antiquari che prese il nome di etruscheria. L'entusiasmo dei dotti locali portati a sopravalutare le antiche glorie della loro patria toscana contribuì a diffondere la conoscenza dei monumenti etruschi e a favorire la esaltazione, sovente esagerata, degli Etruschi fra gli altri popoli del mondo antico.

Come il XVI era stato il secolo della riscoperta di Roma e il XIX sarà il secolo della scoperta della Grecia, così il XVIII può considerarsi senz'altro il secolo della scoperta dell'Etruria. È pur vero che il primo tentativo di sintesi sulle conoscenze lasciate dal mondo antico relativamente all'Etruria risale all'opera De Etruria regali dello scozzese Th. Dempster, scritta fra il 1616 e il 1619; ma è anche vero che questa fu pubblicata e valorizzata soltanto nella prima metà del Settecento e che ad essa fecero eco le opere di F. Buonarroti, di O. H. Passeri, di S. Maffei, di A. F. Oori, di M. Guarnacci. Sin dal 1726 era stata fondata l'Accademia Etrusca di Cortona, che divenne il centro principale di questa attività erudita, riflessa anche nei volumi delle sue Dissertazioni, pubblicati fra il 1735 e il 1795. Fuori d'Italia va ricordata l'opera del grande antiquario francese A. C. Ph. De Caylus. Più che per il valore delle congetture e delle conclusioni, sovente arbitrarie e fantastiche, e per la natura del procedimento critico, la etruscheria settecentesca va giudicata positivamente per la passione e per la diligenza delle ricerche e della raccolta del materiale archeologico e dei monumenti, che talvolta conserva tuttora un certo valore.

 

 

L'attività etruscologica del Settecento culmina nella pubblicazione del Saggio di lingua etrusca e di altre d'Italia di L. Lanzi: una piccola «summa» delle cognizioni sull'Etruria, non soltanto nel campo della epigrafia e della lingua, ma anche in quello della storia, dell'archeologia e della storia dell'arte. Il Lanzi appare già alla soglia di una fase di cognizioni più vaste e di metodo più sicuro, come è provato da molte sue affermazioni nel campo epigrafico-linguistico e dalla reazione alle esagerazioni dell'etruscheria, per esempio nella giusta attribuzione alla Grecia dei vasi dipinti fino allora detti etruschi, e più generalmente nel concetto di una preminente influenza greca sullo sviluppo dell'arte etrusca, della quale è tracciata una prima embrionale ma apprezzabile periodizzazione; nel solco del Lanzi si svilupperà l'attività degli epigrafisti italiani dell'Ottocento come O. H. Vermiglioli. F. Orioli. M. A. Migliarini e lo stesso A. Fabretti. Possiamo in sostanza affermare che quello studioso sia stato per molti aspetti, e soprattutto per la convergente molteplicità dei suoi interessi, il vero fondatore dell'etruscologia moderna.

Occorre invece tener presente che una certa sopravvivenza delle idee settecentesche, non solo per quel che riguarda l'Etruria, ma anche nel senso dell'esaltazione degli antichi popoli italici con più o meno accentuate sfumature antiromane (Maffei, Guarnacci, O. Lami, C. O. M. Denina e altri), si manifesterà ancora negli scritti di archeologi, storici e saggisti della prima metà del secolo XIX, trasferendosi dall'illuminismo allo spirito romantico e perfino venandosi di spunti nazionalistici nel quadro del movimento del Risorgimento italiano. L’espressione più significativa di queste correnti è rappresentata dall'opera di O. Micali, che, a torto sottovalutata, emerge per acutezza di osservazioni, capacità di sintesi e apertura ai nuovi orientamenti delle scienze storiche. Si andavano ormai del resto universalmente diffondendo i riflessi di un rapido e straordinario progresso delle scoperte e degli studi.

Il nuovo secolo si era iniziato infatti con una intensissima esplorazione soprattutto delle necropoli dell'Etruria meridionale e con una serie di scoperte di valore decisivo a Tarquinia, a Vulci, a Cerveteri, a Perugia, a Chiusi e in altre località. Alla iniziale attività formativa di collezioni a Cortona e a Volterra, che aveva caratterizzato il Settecento si contrappone ora lo sviluppo delle raccolte di materiali etruschi nel Museo granducale di Firenze, nel Museo Etrusco Gregoriano a Roma, nel Museo etrusco-romano di Perugia; mentre, come risultato immediato degli scavi, si formano le ingenti collezioni private di Luciano Bonaparte, principe di Canino, e del banchiere O. P. Campana, destinate ad emigrare in gran parte fuori d'Italia e a costituire i nuclei delle collezioni etrusche del Museo del Louvre a Parigi, del Museo Britannico a Londra e di molti altri grandi musei europei.

Nel frattempo, tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX, si era determinato quel grandioso processo di rinnovamento degli studi sulle antichità classiche in generale che, iniziato da J. J. Winckel-Mann e continuato da E. Q. Visconti, C. Fea, L. Canina, E. Gerhard, K. Q. Moller, accoglieva nuovi impulsi dal contatto diretto del mondo occidentale con i monumenti originali della Grecia e non di rado investiva direttamente, per l'interesse personale di alcuni dei suoi protagonisti, anche il mondo etrusco. Nello stesso periodo la linguistica generale comparata usciva con F. Schlegel e F. Bopp dalle nebbie dell'erudizione prescientifica e si concretava nella definizione e nella dimostrazione dell'unità linguistica indoeuropea.

In seguito a questi avvenimenti e nell'ambito di questi generali sviluppi degli studi la conoscenza delle antichità etrusche passa decisamente dalla fase settecentesca a quella ottocentesca del metodo storico, archeologico e filologico. Un primo fattore essenziale di progresso è costituito dalla fondazione dell'Instituto di Corrispondenza Archeologica, nato a Roma nel 1829 per iniziativa del Oerhard e di un gruppo di studiosi e di amatori nordici, i cosiddetti «Iperborei»: per diversi decenni le ricerche e le scoperte d'Etruria saranno illustrate nel Bullettino, negli Annali e nei Monumenti dell'Instituto. Lo studio della topografia e dei monumenti si afferma attraverso una serie di indagini e di pubblicazioni di viaggiatori, di archeologi e di architetti, come W. Gell, il Canina (Antica Etruria marittima, 1846- 1851), O. Dennis (The Cities and Cemeteries of Etruria, London, 1848, con successive edizioni fino al 1883). Particolarmente famoso è stato, per la diffusione delle cognizioni sull'Etruria nel mondo della cultura in generale, il libro del Dennis.

Si continuano intanto a pubblicare raccolte sistematiche di monumenti, opere d'arte ed oggetti di scavo e cataloghi come quello del Museo Etrusco Gregoriano. Ma si iniziano anche raccolte specializzate per singole classi di oggetti, veri e propri «corpora»: di vasi specchi, poi urne. Non mancano relazioni di scavi talvolta anche accurati, nella misura in cui le operazioni di ricerca sul terreno ancora spesso concepite e condotte come recupero selettivo di materiali, se non addirittura come rapina, tendono a finalità più decisamente conoscitive sotto il controllo degli studiosi. L 'interesse per le opere figurate va perdendo il carattere di curiosità soprattutto rivolta alle speculazioni mitologiche, care agli eruditi del Settecento; ma resta ancora prevalentemente confinato nello studio dei soggetti e alla derivazione e al confronto delle immagini, cioè all'iconografia. Il confronto con l'arte greca porta di regola ad un giudizio negativo nei riguardi della produzione etrusca considerata in gran parte un artigianato d'imitazione: tale posizione sarà teorizzata in modo esplicito nel primo tentativo di sintesi sull'arte degli antichi Etruschi che appare soltanto verso la fine del secolo con l'opera di Martha, L 'art etrusque (Paris, 1889).

Il periodo del quale ci occupiamo è particolarmente fecondo nel campo degli studi epigrafici. L'attività degli studiosi italiani, epigoni del Lanzi, ai quali abbiamo già fatto cenno, culmina nella pubblicazione del monumentale Corpus lnscriptionum ltalicarum, con un Glossarium ltalicum, del Fabretti (1867). Nell'ultimo trentennio del secolo gli studi sulla lingua etrusca prendono un deciso orientamento critico. Si distinguono in essi, tra gli altri, W. Corssen, W. Deecke, C. Pauli, S. Bugge, O. Herbig, E. Lattes: le questioni dominanti sono quelle dei metodi di interpretazione e della appartenenza o meno dell'etrusco al gruppo delle lingue indoeuropee.

 

In questo stesso momento s'imposta anche il problema dell' origine degli Etruschi, non più soltanto sulla base delle fonti letterarie antiche e delle congetture linguistiche, ma anche in rapporto alle nuove scoperte sulle fasi primitive della civiltà dell'Eruria e dell'Emilia (nel 1856 venivano in luce le prime tombe a cremazione di Villanova presso Bologna) e agli sviluppi generali delle conoscenze sulla preistoria italiana: partecipano a queste ricerche e a questi dibattiti, tra gli altri, W. Helbig, I. Undset, L. Pigorini, E. Brizio. Occorre infine ricordare un'opera complessiva che ebbe, ed ha tuttora. fondamentale importanza come quadro di cognizioni complessive essenzialmente fondate sulla raccolta, la rielaborazione e l'interpretazione dei dati della tradizione greco-romana sul mondo etrusco: cioè il libro di K. Q. Moller, Die Etrusker (1828).

Il terzo e più avanzato periodo della storia degli studi etruscologici ha come premessa l'intensificarsi di ricerche archeologiche sistematiche e controllate che si manifesta già a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo soprattutto per l'intervento di organi responsabili ufficiali dopo l'unità italiana. Si scava nelle necropoli di Tarquinia, di Vetulonia, di Narce, di Bologna; si arricchiscono e si consolidano le conoscenze sulle fasi più antiche dell'Etruria, cioè il villanoviano, che appare ora diffuso, oltre che in Emilia, anche nei territori etruschi tirrenici, e l'orientalizzante; si rivela il singolare abitato a pianta regolare di Marzabotto; si esplorano i resti dei templii di Marzabotto, di Falerii, di Orvieto con le loro decorazioni architettoniche. Via via nel corso del secolo attuale fino agli ultimi decenni si intraprenderanno nuove regolari indagini nei centri maggiori, a Caere, Veio, Tarquinia, Populonia, Roselle, e altrove; infine nelle località litoranee e portuali di Spina sull' Adriatico e di Pyrgi e Graviscae sul Tirreno, e in centri minori arcaici dell'interno come Acquarossa presso Ferento nel Viterbese e Poggio Civitate presso Murlo in provincia di Siena, per non citare che le imprese più significative, in parte ancora in corso: ovunque con risultati che hanno profondamente cambiato, se non addirittura rivoluzionato, il quadro delle nozioni ottocentesche sulla civiltà etrusca. Naturalmente anche in questo settore, come generalmente nell'archeologia moderna operante sul terreno, gli scavi sono condotti con sempre maggiore scrupolo di controlli scientifici tali da offrire il maggior numero possibile di osservazioni e di dati, dai rilevamenti stratigrafici ai più avanzati e raffinati metodi tecnologici (fotografia aerea, prospezioni chimiche, fisiche, elettromagnetiche del sottosuolo ecc.). Hanno concorso e concorrono a queste attività, oltre gli uffici statali cioè le Soprintendenze archeologiche dell'Etruria Meridionale, della Toscana, dell'Umbria, dell'Emilia, anche istituti scientifici italiani e missioni straniere. Si aggiungano alle scoperte nel territorio etrusco quelle non meno importanti, e collateralmente rivelatrici, del Lazio, della Campania, dell'Umbria, del Piceno, dell'ltalia settentrionale. L 'indagine non è chiusa in se stessa e il mondo che viene in luce appare sempre più significativamente inquadrato ed interpretabile nella visione dello sviluppo della civiltà antica in generale, così per quanto riguarda l'ltalia come per i suoi rapporti con le aree circostanti, con la Grecia e con l'Oriente.

Nascono ora, anche come conseguenza dei nuovi scavi, i grandi musei pubblici italiani con prevalente impronta di collezioni etruscologiche, a Firenze, a Roma (il Museo Nazionale di Villa Giulia), a Tarquinia, a Chiusi, a Perugia, a Bologna, poi a Ferrara (Museo di Spina), e le importanti raccolte locali di Orvieto, Fiesole, Arezzo, Siena, Grosseto, Marzabotto, ecc., affiancandosi all'incremento di vecchi musei come il Gregoriano Etrusco del Vaticano o il museo dell' Accademia Etrusca di Cortona; mentre specialmente tra la fine del secolo passato e il principio del nostro secolo si sono considerevolmente arricchiti di materiali etruschi i musei stranieri d'Europa e d' America.

È proseguita intanto la pubblicazione di repertori generali o di singole classi di monumenti: per il materiale della fase più antica della civiltà etrusca la raccolta di tavole a disegno de La civilisation primitive en Italie (1896-1904) di O. Montelius; per la pittura i fascicoli dei Monumenti della pittura antica in Italia riguardanti le tombe etrusche di Tarquinia e di Chiusi (dal 1937); per le terrecotte architettoniche la raccolta di A. Andren, Architectural Terracottasfrom Etrusco-ltalic Temples (1939-1940); per i sarcofagi il «corpus» di R. Herbig, Die Ungeretruskischen Steinsarkophage (1952); per la ceramica dipinta l'opera di D. Beazley, Etruscan Vase-Painting (1947). Parallelamente allo sviluppo delle esplorazioni la descrizione dei luoghi e la considerazione topografica delle città e del territorio, nel solco già aperto dal Canina e dal Dennis, vengono assumendo in questo periodo caratteri più decisamente critici: possiamo citare in proposito la parte dedicata all'Etruria nella ltalische Landeskunde (1883-1902) di H. Nissen e, più specificamente ed estesamente, la Topografia storica dell'Etruria in quattro volumi (1915-1920) di A. Solari. Ma caratteristica soprattutto è la tendenza ad affrontare monograficamente lo studio di singoli centri considerati in tutti i loro diversi aspetti archeologici e storici: ciò che è stato fatto per Bologna (A. Orenier, P. Ducati), Chiusi (R. Bianchi Bandinelli), Cortona (A. Neppi Modona), Populonia (A. Minto), Sovana (Bianchi Bandinelli), Vulci (F. Messerschmidt), Tarquinia (M. Pallottino), Capua (Heurgon), e così via. Molte delle opere generali sugli Etruschi pubblicate negli ultimi decenni danno del resto largo spazio alla trattazione descrittiva delle città etrusche.

 All'indagine topografica si ricollegano i problemi di storia dell'architettura, con particolare riguardo alle origini, alle caratteristiche e allo sviluppo del tempio etrusco e della sua decorazione, e sia pure in misura minore agli edifici civili e alla casa; nonchè gli studi di urbanistica greca e italica che hanno investito largamente anche il mondo etrusco (F. Castagnoli, O. A. Mansuelli, R. Martin). L'approfondimento critico dei fenomeni dell'arte figurativa trova a sua volta un duplice incentivo da un lato nelle nuove scoperte, specialmente quella dell' Apollo di Veio avvenuta nel 1916; da un altro lato nelle generali tendenze «esterne» della critica contemporanea verso il superamento del classicismo e dell'accademismo e verso la comprensione e rivalutazione delle culture artistiche estranee alla classicità, incluse quelle provinciali e tardo-antiche (A. Riegl): donde partì una più o meno esplosiva affermazione dell'originalità e della positività dell' «arte etrusca» o dell' «arte italica» rispetto all'arte greca; ciò che è stato poi in parte ridimensionato o riportato sul piano di più rigorose valutazioni storiche. Non può trascurarsi la segnalazione di grosse raccolte illustrative generali, tuttora utili anche se ormai prive di aggiornamento, come la Storia dell'arte etrusca di Ducati (1927).

I progressi dei rinvenimenti e degli studi nel campo della preistoria e della protostoria dell'Etruria e dell'ltalia in genere hanno portato soprattutto, nel corso del secolo attuale, a basilari tentativi di sistemazione cronologica, sia in senso relativo come individuazione di successione delle fasi culturali dell'età del bronzo e dell'età del ferro, sia in senso assoluto come ricerca di date sulla base dei confronti con materiali d'importazione o d'imitazione di oggetti delle più o meno bene inquadrate civiltà del Mediterraneo orientale, da ultimo anche con l'ausilio dei nuovi metodi scientifici di datazione, segnatamente dei computi con il radiocarbonio (da O. Montelius, O. Karo, A N. Aberg, A . Akerstrom, O. Von Merhart, H. Moller-Karpe, R. Peroni, oltre chi scrive e molti altri). Ovviamente le novità archeologiche continuamente insorgenti non solo in Etruria, ma anche nel resto dell'area italiana e in tutto il Mediterraneo hanno concorso a dare più precisi connotati e termini via via meno rigidi alla polemica sulle origini etrusche iniziata nell'Ottocento ed ora affrontata in specifiche opere monografiche (L. Pareti, F. Schachermeyr, Ducati, Pallottino, F. Altheim, H. Hencken).

Il compito degli storici, oltre che sul problema delle origini, sembra concentrarsi con accresciuta attenzione su quello delle istituzioni politiche, amministrative e religiose delle città etrusche, anche in rapporto con gli analoghi fatti e sviluppi di Roma e del mondo italico. Non sono mancate indagini sulle forme della vita, sui costumi, sull'economia e sull'organizzazione sociale, quale emerge anche dall'analisi dell'abbondantissimo materiale onomastico offerto dalle iscrizioni funerarie. Si aggiungano vecchi e nuovi interessi portati specificamente sul tema della religione, della divinazione, dei culti. Infine gli studi epigrafici e linguistici hanno trovato nuovo alimento nella individuazione e nella scoperta di testi di fondamentale importanza (alla fine del XIX secolo il manoscritto su tela di Zagabria e la tegola di Capua, i più lunghi tra quelli finora conosciuti; recentemente le lamine d'oro di Pyrgi con una «bilingue» etrusco-fenicia) e nel generale incessante incremento del materiale, la cui pubblicazione sistematica, in sostituzione delle precedenti raccolte. Per tutto il corso del nostro secolo si sono moltiplicate, con risultati rilevantissimi e talvolta determinanti, le indagini epigrafiche, interpretative, grammaticali, ad opera di una lunga schiera di studiosi.

Un momento di particolare importanza per l'etruscologia fu quello degli anni tra il 1920 e il 1930 quando, anche a seguito delle scoperte archeologiche cui si è fatto cenno, segnatamente di Veio, si accese improvvisamente nel mondo degli studi e della cultura un vivacissimo interesse per l'arte e per la civiltà dell'Etruria antica e, ciò che più conta, si manifestò una simultaneità e convergenza senza precedenti nell'affrontare e discutere i problemi più scottanti, non soltanto dell'arte, ma anche dell'origine, della lingua, della religione e della società etrusca. Firenze diventa il centro principale di questo movimento al quale partecipano studiosi italiani e stranieri; si susseguono un Convegno Nazionale (1926) e il I Congresso Internazionale Etrusco (1928); nasce il Comitato Permanente per l'Etruria (1927) e poco dopo (1932) sarà fondato l'Istituto di Studi Etruschi ed Italici, massimo organo promotore e coordinatore degli studi etruscologici anche a livello internazionale; dal 1927 si pubblica la serie dei volumi annuali della rivista Studi Etruschi.

La suggestione del mondo etrusco non manca di riflettersi negli stessi anni sulla cultura e sulla letteratura europea. Successivamente, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, le prospettive di attività, di cooperazione e di organizzazione del lavoro così clamorosamente aperte hanno avuto ulteriori verifiche ed ampliamenti con un ritmo che si è accelerato negli ultimi tempi: oltre l'intensificarsi dei contributi individuali, vi hanno concorso gli incontri scientifici, specialmente i convegni periodici promossi dall'Istituto di studi Etruschi ed Italici; le rassegne documentarie a partire dalla grande mostra «Arte e civiltà degli Etruschi» presentata in varie città d'Europa nel 1955 e 1956; gli scavi con risultati spesso imprevisti, le analisi tecnologiche e i restauri di vecchi e nuovi materiali; lo sviluppo di insegnamenti specifici di etruscologia nelle Università italiane; le iniziative fiorite, oltre che a Firenze, a Roma intorno alla cattedra etruscologica dell' Ateneo romano, al Centro di studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche per l'archeologia etrusco-italica e ad altre istituzioni italiane e straniere; infine il formarsi di tradizioni di studi etruscologici anche all'estero, specialmente in Francia, in Belgio, in Olanda, in Germania, in Svezia.

Alla informazione e alla divulgazione concorre il diffondersi di opere generali sulla civiltà degli Etruschi, che, dopo il pressochè unico esempio ottocentesco del citato Moller e Deecke, accompagna il risveglio degli studi etruscologici con i libri del Ducati (L'Etruria antica, 1927), di B. Nogara (Gli Etruschi e la loro civiltà, 1933), di M. Renaro (lnitiation à l'etruscologie, 1941) e la prima edizione del presente volume (1942), cui seguiranno pubblicazioni di sintesi e d'impostazione sempre più numerose soprattutto negli ultimi anni (tra le più note quelle di R. Bloch, O. W. Von Vacano, L. Banti, E. Richaroson, H. H. Scullaro), nonchè miscellanee (Historia, VI, 1957: Tyrrhenica, 1957; Etudes etrusco-italiques, 1963). Questa letteratura rispecchia panoramicamente non soltanto il progresso delle conoscenze, ma anche l'aprirsi di nuove prospettive di metodo e d'interpretazione storica, delle quali si dirà più avanti.

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