La Tegola
Capuana
Il testo della famosa "Tegola di Capua" (conservata al Museo di Berlino) rappresenta la più estesa di tutte le epigrafi etrusche mai ritrovate, se si eccettuano le bende della "mummia di Zagabria", che costituiscono un vero e proprio libro. Si tratta di una lastra di terracotta (di centimetri 60 x 50), scoperta nel 1898 nella necropoli di Santa Maria Capua Vetere e recante una lunga iscrizione graffita, di cui restano leggibili circa treo cento parole.
Suddiviso in dieci sezioni da una linea
orizzontale, risulta attualmente costituito da 62 righe, alcune in parte
perdute, e da circa 390 parole, non tutte conservate per intero. È suddiviso in
dieci sezioni da una linea orizzontale.
La scrittura è quella in uso in Campania intorno alla metà del V secolo a.C.
Si tratta, come nel caso della Mummia di Zagabria, di un "calendario
rituale" dove vengono prescritte cerimonie da compiere in certe date e in
certi luoghi a favore di alcune divinità. Nel 1985 ne è stata presentata una
bella edizione nel testo di Francesco Roncalli, Scrivere etrusco, che
contiene anche il "libro di
Zagabria" e il "cippo di Perugia".
Sui
problemi dell'interpretazione del contenuto il riferimento più recente e
importante è il libro Tabula Capuana (1995), uno degli ultimi lavori
lasciati dall'archeologo Mauro Cristofani. La redazione del documento si può
datare al 470 a.C., sebbene esso si debba ritenere la copia (o comunque la
trascrizione) di un testo certamente molto più antico. In effetti sulla tegola
è graffito un calendario festivo risalente all’età arcaica: un calendario di
prescrizioni cultuali relativo a celebrazioni pubbliche e diretto, secondo il
Cristofani, alla stessa comunità capuana. Il calendario è diviso in dieci
sezioni, corrispondenti ai dieci mesi del calendario antichissimo e comincia da
marzo (in etrusco, probabilmente, Velxitna). Anche il calendario
romano (da cui deriva il moderno) ebbe, in origine, dieci mesi e certamente
cominciava da marzo; ciò è provato al di là di ogni dubbio dai nomi di
settembre, ottobre, novembre e dicembre, che oggi si trovano al nono, decimo,
undicesimo e dodicesimo posto.
Le fonti antiche dicono che gennaio e febbraio
furono aggiunti dal re Numa; nel De die natali di Censorino (20, 30) si
legge: «I quali ritenevano che i mesi siano stati dieci, come un tempo
succedeva presso gli Albani, da cui ebbero origine i Romani. Quei dieci mesi
(degli Albani) avevano in tutto 304 giorni, così distribuiti: marzo 31, aprile
30, maggio 31, giugno 30, quintìle 31, sestìle e settembre 30, ottobre 31,
novembre e dicembre 30».
Ecco dunque alcuni estratti del calendario
festivo di Capua.
I nomi dei mesi etruschi sono
noti sostanzialmente attraverso alcune glosse, la "tegola di Capua"
e il "libro di Zagabria" (l'asterisco indica le forme
ricostruite, in quanto conosciute soltanto da glosse e non ancora
attestate nei documenti etruschi originali): marzo = *velxitna; aprile
= apiras( a); maggio = anpili(a) o ampner; giugno = acalva
o acal(a); luglio = *turane o par-{}um; agosto = *hermi;
settembre = celi; ottobre = *xesfer. |
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