I Villanoviani

 

Si denomina così la cultura dell’età del Ferro caratteristica del territorio dell’Etruria, dell’Emilia centrale (area delimitata dai corsi del Panaro, del Po e del Santerno), della Romagna orientale (bacino del Marecchia), a Capua e a Pontecagnano. Così chiamata dalla scoperta del Gozzadini nel 1850 a Villanova di Castenaso (Bo) di un centinaio di tombe caratterizzate dalla sepoltura in pozzetti:

-  rivestite da ciottoli (tomba a pozzetto);

-  limitata da lastre di pietra (tomba a cassetta);

- scavati nel tufo, all’interno di grandi ovuli (tombe a ziro) nei quali veniva posto un ossuario dalla tipica forma biconica coperto da una ciotola (femminile) o da un elmo (maschile) contenente le ceneri del defunto. Il corredo era caratterizzato: elementi tipici maschili come i morsi di cavallo, i rasoi lunati, spilloni, fibule serpeggianti e la spada o da elementi tipici femminili come cinturoni, fibule ad arco rivestito o ad arco ritorto, rocchetti e fusaiole. Pochi sono gli elmi e le spade e questo ha fatto ipotizzare che per i guerrieri ci fosse un altro tipo di rito, ma è molto più probabile che dato l’altissimo valore del metallo, le armi restassero in eredità ai parenti del defunto, e solo in casi eccezionali come quello di un "re" lo accompagnassero nell’ultimo viaggio.

Questa popolazione aveva senz’altro tutta una serie di riti religiosi che a noi spesso sfuggono. La ricorrente presenza della "barca solare" ci testimonia il culto solare. In un primo tempo queste tombe furono credute di una popolazione non meglio identificata, ma col progredire degli scavi in tutta l’Etruria queste emersero facendo chiaramente capire che queste tombe sono da riferirsi agli antenati degli etruschi, che si imposero senz’altro con la forza il proprio dominio dalla pianura Padana alla Campania, come è testimoniato dalla distruzione dei villaggi della fase precedente e dal sapersi opporre alla colonizzazione greca; manifestarono una forte identità culturale testimoniata dalla presenza di oggetti identici nei corredi.

I villanoviani vivevano in capanne monofamiliari di forma rotonda , realizzate in legno e fango; ve ne erano anche rettangolari, di dimensioni maggiori, destinate alle attività comuni e di allevamento; la loro forma ci è documentata dalle urne a capanna (usate come cinerario in area tosco-laziale), dalla forma degli ziri e dalla stele della casetta ora al Museo di Bologna. Erano raggruppate in piccoli nuclei. I Villanoviani si occupavano di agricoltura, non avendo ancora affinato la capacità di sfruttare le miniere. La ceramica che è l’evidenza materiale che più spesso incontriamo ci testimonia una certa specializzazione artigianale richiedendo (dato il notevole spessore) temperature elevate di 7000°-8000°, era decorata con motivi a meandro, a zig-zag, a fascia continua ecc.. L’arte villanoviana è straordinaria, troviamo una ricerca continua di nuove forme, tutto può essere rappresentato.

 

I Villanoviani in Emilia-Romagna

 

Con la fine del XII secolo vengono abbandonati i siti che avevano visto una presenza della cultura terramaricola i motivi non sono stati ancora sufficientemente chiariti. Abbiamo uno iato (vuoto) fino al IX secolo, quando si insediarono i primi agglomerati villanoviani, in siti apparentemente non coincidenti con quelli precedenti. In una vasta area ad occidente del corso del fiume Panaro non si hanno tracce consistenti di occupazione addirittura per il periodo dal XII al VII secolo a.C.. Questo dato potrà senz’altro essere rivisto, quando si faranno altri scavi alla ricerca delle tracce di questa fase. Ci devono essere state cause naturali (alluvioni, irrigidimento climatico ecc) e delle cause storiche (invasioni di altri popoli) che hanno spinto i terramaricoli a spostarsi: è tutto da chiarire, forse ci riuscirà uno di voi quando un domani diventerà un valente archeologo.

A Carpi, però, recenti scavi hanno messo in luce le tracce della presenza villanoviana a Carpi S. Croce-Via Zappiano e a Budrione - Via Gusmea, anche se sono da collocarsi cronologicamente in quella fase di "attardamento" villanoviano caratteristica del villanoviano bolognese, cioè tra metà VII e metà VI a.C. con una continuità fino al V testimoniata dalla presenza di ceramica depurata etrusco-padana. A Bologna dal IX° secolo a.C. abbiamo una moltitudine di dati che ci testimoniano una società poco differenziata dal punto di vista sociale dedita all’agricoltura e all’allevamento e nel Modenese: a Savignano, Castelfranco e Cognento. i villaggi erano perlopiù arroccati su colline con le necropoli poste nelle zone più basse.

In Romagna Verucchio è il centro principale della Cultura Villanoviana, posto su di un colle prospiciente il fiume Marecchia, fu al centro di intensi traffici commerciali che dall’area Baltica (Via dell’ambra), dalla penisola Illirica, dal centro Europa, dall’area Veneta qui arrivavano. Le merci venivano poi smerciate verso il centro Italia. Per gli archeologi è un osservatorio privilegiato per tutto il periodo storico, infatti la sabbia e l’aria salmastra hanno permesso al legno e ad altri materiali come stoffe, vimini e semi di conservarsi, unico caso in tutta l’Italia, stranamente in questo contesto i metalli si sono molto consumati. E’ stato trovato un vestito di lino ornato di perline d’ambra e fermato con numerose fibule (spille-bottoni) che serviva a dare l’identità fisica al defunto cremato.

 

I villanoviani nella Tuscia

 

Con l'età del Bronzo tardo si assiste all'aumentare progressivo della popolazione: la crescita demografica in Etruria non porta all'aumento del numero degli abitati ma alla nascita di abitati più estesi, più popolosi, meglio organizzati.
Questa fase vede la nascita dei primi nuclei di quasi tutte le future città dell'Etruria storica: è l'inizio dello sviluppo protourbano che si manifesta con la formazione di grandi abitati, posti sempre su pianori difesi, ma di superficie nettamente superiore rispetto ai villaggi protovillanoviani, talvolta superiore ai 100 ettari. I siti più importanti di questa fase sono, da Sud a Nord, Veio, Cerveteri, Tarquinia, Vulci (Canino), Orvieto, Vetulonia, Chiusi e Volterra. La maglia dei territori dei centri villanoviani mostra come sia aumentata l’estensione del territorio posto sotto il loro controllo politico, da poche decine a 1000-2000 chilometri quadrati: questo processo, denominato sinecismo, denota un marcato aumento della compattezza politica del popolo etrusco che, proprio in questa fase iniziale dell'Età del Ferro, inizia a delinearsi come entità politica e culturale autonoma e peculiare.

Lo sviluppo dei siti nel luogo delle future città etrusche avviene precocemente nell'Etruria settentrionale: Populonia e Vetulonia sono gli abitati che mostrano per primi il costituirsi delle grandi comunità, e già nel X secolo a.C.. Molte comunità villanoviane sembrano sorgere su siti che hanno già visto fasi dell'età del Bronzo, o almeno della fase finale, dal X secolo a.C.. Bisogna ricordare che testimonianze della cultura villanoviana sono state rinvenute non solo nel territorio dell'Etruria propriamente detta, ma anche in Emilia Romagna, nelle Marche ed in Campania, sul litorale salernitano: si è discusso molto se considerare le emanazioni extra-Etruria come "colonie" etrusche o come semplici influenze culturali su popolazioni locali. Fatto certo è la forte e quasi totale permeazione di elementi villanoviani in queste zone.

 Con l'inizio dell'età del Ferro, nel IX secolo a.C., la popolazione si concentra in gruppi anche di migliaia di individui in grandi centri: questi sono situati al centro di territori molto vasti e sono formati da nuclei abitati distinti che occupano pianori e colline adiacenti. All'interno delle aree controllate da ciascun centro sono presenti degli abitati molto più piccoli, posti talvolta nelle zone di confine con il territorio di altri centri: è stato supposto il loro ruolo di centri satellite posti a controllo del territorio. In quest'ultimo sono presenti risorse diverse come, ad esempio, colture, pascoli, aree metallifere; spesso il centro egemone sorge nei pressi di importanti assi viari, fluviali od in prossimità di approdi costieri, da cui dista circa 4-5 km in media. Caso unico Populonia, in Toscana, che sorge proprio sulla costa, grazie probabilmente al suo ruolo di utilizzatrice del metallo dell'Isola d'Elba e, per questo, al controllo del traffico marittimo da e per l’isola tirrenica. Riguardo alla presenza di vari nuclei di abitato all'interno di un solo insediamento, si cita ad esempio Veio, che ne mostra diversi (Campetti, Macchia Grande, Portonaccio, Comunità, sullo stesso pianoro, e Piazza d'Armi, Isola Farnese, Monte Campanile, Vaccareccia, su colline prospicenti); la distribuzione frammentata dei vari nuclei d'abitato è delineata anche dalle diverse necropoli (Valle la Fata, Quattro Fontanili, Casal del Fosso, Grotta Gramiccia). La stessa situazione è mostrata dai nuclei abitativi di Tarquinia (pianori della Civita, del Calvario, di Tarquinia moderna) e dalle diverse necropoli (Poggio Selciatello, Poggio Selciatello di Sopra, Poggio Selciatello di Sotto, Poggio dell'Impiccato, Arcatelle e "Le Rose").

 Per ricostruire la struttura interna degli abitati dell'età del Ferro ci si può purtroppo attenere a pochi dati di rilievo, poiché sono pochi gli scavi archeologici effettuati all'interno di aree abitate di questo periodo. A Veio lo Stefani all'inizio del secolo ha messo in luce le tracce di capanne circolari piccole (Veio-Piazza d’Armi) e ovali più grandi (Portonaccio e Campetti). A Torre Valdaliga (Civitavecchia) e nell'abitato della Mattonara (Civitavecchia) sono state rilevate strutture a pianta circolare, ovale e rettangolare. Al villaggio del Gran Carro sul Lago di Bolsena appaiono anche abitazioni su palafitta poste sulla riva lacustre, sopraelevate per un probabile innalzamento del livello delle acque. L'insediamento villanoviano meglio conosciuto è quello di Tarquinia-Monte Calvario: sono state rinvenute le piante di 25 capanne a pianta ovale, rettangolare allungata e quadrangolare. Queste abitazioni non differiscono molto da quelle dell'età del Bronzo e si nota, all'interno degli abitati, tra le capanne, l'esistenza di aree coltivate e destinate al ricovero degli animali.

 Dalle urne a capanna rinvenute in Etruria e nel Lazio antico è possibile conoscere quale fosse la struttura in elevato di queste abitazioni. Si tratta di capanne dal tetto a doppio spiovente o a quattro falde, con struttura lignea ricoperta da frasche, talvolta coibentate ed impermeabilizzate da argilla asciugata all'aria, frammista a paglia e, come accade ancora oggi in molte civiltà capannicole asiatiche ed africane, ad escrementi di bovini. Talvolta le abitazioni avevano, come a Luni sul Mignone (Blera), il pavimento scavato nel banco roccioso, forse per ricavarvi un ambiente sotterraneo atto alla conservazione delle derrate alimentari; l'elevato, per far sì che non deperisse, essendo in materiale vegetale, appoggiava su muretti di pietrame a secco anziché sul banco stesso. Per evitare infiltrazioni d'acqua piovana all'interno delle capanne, attorno al perimetro delle stesse venivano scavate una o più canalette di scolo con cui, spesso, veniva accumulata in cisterne. Al centro delle capanne, lontano dalle pareti, c'era il focolare, "cuore" dell'abitazione, in genere mantenuto acceso dalle donne. I fumi uscivano da aperture apposite sul tetto.

 I villaggi dell'età del Ferro, come del resto era avvenuto nell'età del Bronzo, dovevano il proprio sostentamento principalmente all'agricoltura ed all'allevamento; ma c'è ora un nuovo elemento a modificare la stratificazione sociale: la specializzazione artigianale, soprattutto dei metallurghi, che porta all'accumulo di ricchezza. Oltre a questo, il ceto emergente, quello dei guerrieri, basa il proprio censo sul controllo delle terre e delle loro risorse, raggiungendo posizioni di potere all'interno della società villanoviana. Il processo di differenziazione sociale, che come abbiamo visto sembra avere una fase embrionale nella tarda età del Bronzo, è forse mostrato dall'eccezionale ricchezza di alcuni corredi funerari: numerosi oggetti in bronzo, ferro, alcuni in oro, ambre, ceramiche pregiate (soprattutto dopo la ripresa dei rapporti con il mondo egeo anche d’importazione). "Simbolo" dell'appartenenza alla classe superiore sono le armi, gli elmi (in terracotta o, assai più raramente, in bronzo) ed i morsi per i cavalli: questo animale, introdotto nella media età del bronzo in area tirrenica è un chiaro segno del rango superiore di alcuni defunti, segno che, presto, verrà accompagnato dall'uso del carro a due ruote.

 Un altro indicatore sono forse le urne a capanna, che in ambito etrusco sono sia maschili che femminili, forse pertinenti a persone che avevano nella società dei ruoli particolari. Alcuni autori sostengono che sia forse presto parlare dell'esistenza di una differenziazione sociale e notano una relativa uniformità nei corredi funerari del periodo: sono però d'accordo sull'esistenza di un processo di stratificazione sociale, preparatorio alla società orientalizzante "dei principi" del VII secolo a.C.. Attorno alla metà dell'VIII secolo a.C. si assiste al passaggio tra il villanoviano tipico a quello evoluto: si inizia effettivamente a distinguere una netta differenziazione dei corredi, negli oggetti che li compongono, in qualità e quantità, nella struttura stessa delle tombe (ciste di pietra), nell'apparire del rito dell'inumazione accanto a quello dell'incinerazione. L'inumazione è prevalentemente in fosse scavate nel terreno.

Non ci sono nette diversità nei corredi delle tombe ad incinerazione ed in quelle ad inumazione: si nota comunque un generalizzato aumento degli oggetti costituenti il corredo, in particolare di quello degli inumati. La presenza di oggetti importati da altre culture dell'Italia protostorica denota la forte mobilità delle genti protoetrusche: sono accertati contatti e scambi con i Sardi, con le aree transpadane (soprattutto con i paleoveneti), con le genti dell'Italia meridionale (enotri): presto, sin dall'inizio dell'VIII secolo a.C., iniziano ad apparire anche oggetti provenienti dall'Egeo. Come già detto, il tema dei rapporti con genti provenienti dal mondo greco, va ricordato poiché è proprio grazie all'influenza culturale orientale che inizia quel processo di permeazione degli elementi greci, definito ellenizzazione, che influenzerà moltissimo la cultura etrusca per tutta la durata di questo popolo.

 Se alla fine dell'VIII secolo a.C. si assiste all' esplosione orientalizzante in cui appare chiara la civiltà etrusca d'età storica con la sua stratificazione sociale, la sua cultura, le sue forme politiche ed economiche, lo si deve in buona parte anche all'influenza greca. Il rapporto con i Greci si fa più intenso dopo la fondazione da parte di questi dell'emporio di Pithekusa (Ischia) e della colonia di Cuma. Gli abitati aumentano nettamente la propria popolazione e si estendono in nuclei attigui, allargandosi su diversi pianori. Le abitazioni sono ancora in capanne più o meno complesse: si prepara però la fase preurbana dell'età Orientalizzante in cui iniziano ad apparire, all'interno degli abitati, alcune unità abitative assai più articolate; anche qui, data la relativa scarsità di dati, esse sono riconoscibili soprattutto dalla pianta complessa delle tombe a camera orientalizzanti, arricchite da elementi architettonici scolpiti, a ricordare struttura interna ed architettura domestica. Le abitazioni presentano il tetto di frasche fino alla metà del VII secolo a.C. e ciò può essere testimoniato dalla tomba "a capanna" di Cerveteri e dalla camera laterale sinistra del Tumulo Cima di Barbarano Romano, in cui appare sia il tetto semicircolare tipico delle capanne, che la struttura con orditura lignea tipica dei tetti con tegole: il Tumulo Cima è databile attorno al 650 a.C..

 Le prime aree pubbliche, più o meno monumentalizzate, non appaiono prima della metà del VII secolo a.C.: esempi possono essere la cisterna di Veio, un luogo di culto di Roselle e la monumentalizzazione dell'area della Civita di Tarquinia. Secondo alcuni autori con l'istituzione di tali strutture civiche si può considerare concluso il lungo processo di evoluzione urbana iniziato embrionalmente nel IX secolo a.C.. I gruppi di aristocratici apparsi nettamente nel Villanoviano evoluto sono alla base di quell'esplosione culturale, economica e sociale che porterà alla fase storica del popolo etrusco iniziata con il "periodo orientalizzante" (fine VIII - fine VII secolo a.C.). Tra i siti principali della provincia di Viterbo che hanno restituito testimonianze della cultura Villanoviana, cioè della fase etrusca dell'età del Ferro, ricordiamo Vulci, Tarquinia, Bisenzio (Capodimonte), Vetralla, Barbarano Romano, Civita Castellana, San Giovenale e Luni sul Mignone (Blera): esse sono visibili nei Musei Archeologici di Vulci (Castello della Badia), di Tarquinia (Palazzo Vitelleschi), Barbarano Romano (Museo Civico), Bolsena (Castello Monaldeschi - Museo territoriale del Lago di Bolsena), Civita Castellana (Forte del Sangallo).

Torna agli Etruschi