BUDDHISMO TANTRICO o VAJARAYANA

 

Meno diffuso degli altri rami del buddismo — 4 milioni di seguaci — e vagamente caratterizzato, nei libri e nelle enciclopedie, da pratiche che mescolano erotismo, magia e stregoneria, questa forma di buddismo ci sembra la più lontana da noi. Eppure si è fatta molto vicina da quando i tibetani, a causa dei problemi determinati dal nuovo regime cinese, si sono disseminati non soltanto nel nord dell’India, ma un po’ in tutto il mondo. Alcuni sono arrivati anche in Europa, ed hanno fondato diversi monasteri, dove qualche lama tibetano propone agli occidentali e vie del buddismo tantrico.

In uno dei monasteri che sono stati fondati in Francia mi hanno spiegato che si preparano a ricevere la visita di sua santità Karmapa (il responsabile dei bKa’-rGiud-pa, una delle quattro scuole tibetane), sedicesima incarnazione del Budda della compassione, che è aperto all’ecumenismo delle religioni ed ha incontrato a Roma papa Paolo VI.

In un altro monastero mi hanno fatto vedere, ai due lati della proprietà, il muro delle due zone chiuse, una per gli uomini e l’altra per le donne, dove alcuni occidentali sono stati ammessi, dopo un lungo periodo di prova, a compiere il grande ritiro di "tre anni, tre mesi e tre giorni" nella meditazione silenziosa, senza nessun contatto col mondo esterno. Il mio interlocutore cerca di inquadrare il tantrismo: non è una via tra le altre, ma al di là delle altre, che le comprende e le prolunga tutte. Secondo il suo schema, agli inizi del buddismo c’è stato il theravada, che cerca la realizzazione personale; poi è venuto il mahayana, che si occupa dei rapporti con gli altri e conduce all’amore universale; infine, con il tantrismo, si è arrivati all’essenza stessa del buddismo: il vuoto totale. Che cos’è questo vuoto? E’ una cosa che i cristiani fanno fatica a capire, mi dice, perché per loro, concretamente, c’è sempre l’uomo e Dio, e non Dio solo! Io vorrei aggiungere soltanto che i buddisti theravada capovolgerebbero l’analisi e presenterebbero le altre forme del buddismo come alterazioni dell’autentica fondazione primitiva, a cui essi sono rimasti integralmente fedeli.

Il tantrismo (dalla parola sanscrita tantra, che indica la trama di un tessuto e, in senso lato, una dottrina, una regola) è chiamato anche la via del vajrayana o il "veicolo di diamante". E il punto di arrivo di una corrente filosofica e religiosa che sorge all’interno dell’induismo del nord dell’India verso il VI secolo, e si sviluppa nel buddismo mahayana per fiorire poi in Tibet a partire dall’VIII secolo. Si presenta come "la via della forza che conduce al dominio del bene e del male", come "la via della trasformazione in cui il potere dello spirito tramuta in armi le circostanze interiori ed esteriori".

Il suo scopo, come quello di tutti i rami del buddismo, è l’illuminazione; la sua originalità sta nei mezzi. In confronto allo zen, di cui parleremo più avanti, che invita a un cammino austero, quasi verticale, il vajrayana proponi un’abbondanza di mezzi, di riti e di simboli: mantra (sillabe magiche) e mandala (diagrammi mistici), esercizi di hatha-yoga, o addirittura esercizi "allucinatori" o pratiche diverse, dirette a trasformare le energie del corpo e dello spirito. Il principio è che tutto può essere un mezzo, purché si sappia servirsene nel modo giusto.

Abitualmente però queste pratiche sono tenute segrete nei confronti dei non iniziati, per timore che ne facciano cattivo uso. Questa regola è ora meno rigida in occidente, come osserva un lama. Si presenta allora la tradizione del tantrismo innanzitutto come propria di un periodo— che è quello che stiamo vivendo—in cui un ciclo sta per finire, "un’età oscura" in cui i Veda e il brahmanesimo non bastano più. Il tantrismo è una nuova rivelazione che permette di risalire alle sorgenti stesse della vita. Da questa visione dell’"età oscura" derivano alcune caratteristiche.

L’uomo di questa età è strettamente legato al suo corpo: bisogna dunque rompere con la tradizione del distacco ed esercitarsi nella conoscenza e nel dominio delle energie segrete del corpo.

In questa età ultima, le forze elementari vengono liberate e gli insegnamenti che le riguardano possono essere rivelati, di qui gli insegnamenti iniziatici del tantrismo "di sinistra", in particolare sull’uso delle energie sessuali.

A questa era corrisponde il superamento delle antitesi e delle opposizioni, in particolare tra l’ascesi e il godimento dei beni terreni. Nello stesso tempo, in contrasto con la tradizione, il mondo non è più considerato come maya, ma come potenza.

Infine il principio supremo dell’universo si presenta sotto le spoglie di una dea, Sakti, o piuttosto di diverse dee, come le forme femminili "oscure" di Siva per il tantrismo di sinistra, o come le forme femminili "luminose" di Visnù per il tantrismo di destra. Questo simbolismo della destra e della sinistra è significativo; nel tantrismo di sinistra si trovano in effetti le pratiche più sconcertanti. L’idea di base è questa: chi si identifica completamente con la sakti è al di là del bene e del male e non è soggetto a nessuna proibizione. Se qualcuno si sforza di tendere a questa identificazione, i libri segreti e i rituali iniziatici lo sciolgono dai divieti riguardanti l’alcool, il sesso, I ecc..., affermando che, quando le passioni diventano assolute, perdono I il loro carattere abituale di impurità, "purificano bruciando". Di qui le descrizioni di riti orgiastici a cui possono partecipare coloro che hanno il cuore puro. I tibetani tantrici di oggi, quando vengono interrogati su questo argomento, danno la seguente risposta: tutto ciò riguarda soltanto quelli che sono progrediti nella via, non certo i principianti, e se qualcuno venisse da noi in cerca di erotismo rimarrebbe molto deluso! Ma, concludono, bisogna che comprendiate che per coloro che hanno raggiunto l’illuminazione non ci sono più prescrizioni etiche!

Anche qui dobbiamo comunque guardarci da un giudizio troppo affrettato. Il teologo cattolico che abbiamo citato all’inizio di questo capitolo, adotta un atteggiamento di estrema apertura, non approvando, certo, ma cercando di capire qualche cosa anche del cammino che gli sembra il più aberrante. "La verità che salva la "gnosi" del buddismo tibetano, scrive, non è una rivelazione che viene "dal di fuori"; è la verità stessa delle cose di questo mondo. Le stesse realtà terrene che caricano di catene quelli che non sanno, sono sacramenti di liberazione per coloro che sanno. Non ci si servirà, ad esempio, dei piaceri della carne, se non per neutralizzare l’azione della fantasia che conferisce loro tanto fascino". E osserva anche che c’è un punto comune tra il buddismo e il cristianesimo: l’intuizione che la liberazione deve scaturire dal cuore stesso della situazione "inferma" dell’uomo incatenato. Naturalmente, aggiunge, non si consiglierà mai al cristiano il peccato come propedeutica della salvezza, ma, come è dimostrato dall’esperienza di quei santi che hanno alle spalle una vita burrascosa, il senso di vuoto che lascia l’abuso delle cose di questo mondo, quando si combina con la fede, può avere un buon posto nella farmacopea della salvezza!

Forse si insiste in maniera troppo esclusiva sui lati inaccettabili per un cristiano, presenti nella ricerca tantrica "di sinistra". Si può essere buddisti tantrici e fare a meno di tutto ciò. C’è un libro scritto da uno dei "maestri" del tantrismo che non dice nemmeno una parola su questi aspetti, presentando il buddismo tantrico come una ricerca spirituale fondata sui maestri della tradizione, che per lui sono Marpa e il suo famoso discepolo Milarepa, considerato uno dei santi del buddismo. Leggendo le avventure della vita ascetica e mistica di quest’ultimo, e le terribili prove che gli sono state imposte dal maestro nel periodo della sua formazione, sembra di leggere la vita degli asceti cristiani del deserto. E tutto questo è presentato come riparazione del materialismo spirituale di tanti occidentali che si creano numerose illusioni, servendo si in maniera inadeguata delle tecniche del buddismo per rinforzare il proprio io.

  

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