SIKH

 

Sebbene la maggior parte dei Sikh vivesse nel Punjab, dopo la spartizione e dopo i cruenti massacri fra Sikh e musulmani nel "49 e nel "50, essi hanno abbandonato il Pakistan. In India sono immediatamente riconoscibili per il turbante e per le lunghe barbe ma soprattutto per il loro fisico da mangiatori carne, sono per la maggior parte alti e robusti con un portamento che esprime agiatezza. 

Sikh, cioè discepoli, uomini e donne desiderosi di apprendere la verità e di seguire la virtù: questa è l'idea che Nanak, fondatore di un movimento religioso dove si conciliano i miglior elementi di induismo ed islamismo. I fedeli avrebbero dovuto deporre l'intolleranza ed il fanatismo e vivere in pace affratellati dalla legge dell'amore e della comprensione. Dall'Islam Babu Nanak prese il concetto di dio unico, il «vero nome» e «vero maestro» che governa il mondo con una saggezza superiore alla comprensione umana. Dall'induismo prese la dottrina del «kharma» e delle reincarnazioni. Il profeta respinse invece ogni altro elemento della religione hindù: sacrifici e crudeltà, sistema delle caste, litanie ripetute meccanicamente, culto degli idoli. Ed in nome di questa uguaglianza, poiché «è pio colui che considera uguali tutti gli uomini», i gurdwara, templi dei discepoli, sono aperti a tutti gli uomini di ogni religione e casta. La fede sincera, le buone azioni ed il lavoro fanno acquistare meriti davanti a Dio.

Le parole di Nanak e degli altri guru a lui succeduti come pontefici massimi della nuova religione furono raccolte da Arjun, quinto maestro, nel libro sacro Adi Granth (o Granth Sahib, «il libro del signore»), un manoscritto di seimila versetti, letto e recitato dai fedeli in pellegrinaggio ad Amritsar, la città che fu scelta come centro spirituale del Sikhismo. Nella semplice cerimonia del battesimo i fanciulli bevono assieme da una stessa coppa e si comunicano con un unico pane infrangendo ogni barriera di casta.

La predicazione di Gobind Singh, decimo ed ultimo guru integrò il pacifismo iniziale con nuovi concetti, accostando all'amore per il prossimo la lotta armata contro chiunque minacciasse la libertà di culto. Oltre ad imporre i cinque K, egli introdusse un'ulteriore iniziazione, il pahul e formò la khalsa, l'ordine dei Sikh pronti a sacrificare la vita e diventare jatas, martiri in nome della religione.

Oggigiorno i Sikh, uniti nelle richieste politiche, sono divisi in campo religioso fra «iniziati» e «non iniziati» e la stessa khalsa è frantumata in sette, spesso fra loro ostili, quali i Nihang, gli Akhali, i Nirankhar, in alcune delle quali riaffiorano influenze induiste quali il culto per Durga Kali, la dea sanguinaria, la cui venerazione non troverebbe certo l'approvazione di Babu Nanak.

I templi sikh in Pakistan sono chiusi ed il governo centrale ha ufficialmente l'incarico di preservarli dai danni del tempo e degli uomini.

 

PRINCIPI FONDAMENTALI

Il Sikhismo si ispira ad alcuni princìpi dell' Induismo e dell' Islam , pur essendo una religione autonoma e a sé stante. Dall'Induismo trae la credenza nella trasmigrazione delle anime (samsara) e degli effetti delle azioni sulle vite successive (karma). L'obiettivo ultimo è di interrompere il ciclo delle rinascite, tranne che la liberazione non è vista come un annullamento del sé, bensì come una congiunzione con Dio, che è Uno e indivisibile. Tale congiunzione si ottiene tramite il retto comportamento e la fede in Dio. Come i musulmani, i sikh credono che Dio abbia creato il mondo e che la Sua volontà governi ogni cosa. Secondo il Sikhismo, tutti gli esseri umani sono uguali di fronte a Dio (dunque viene rifiutato il sistema castale): questo principio implica l'abolizione del clero (ogni sikh può leggere il Guru Granth Sahib, a casa o al tempio) e la parità tra uomo e donna (le donne possono guidare la congregazione in preghiera e diventare "leonesse della fede" al pari degli uomini). Contrario a ogni forma di ascetismo, al celibato, al formalismo dei rituali e al culto delle immagini, il Sikhismo invita i propri seguaci a raggiungere un equilibrio tra gli obblighi spirituali e quelli temporali. La condivisione dei beni è ritenuta una parte importante della vita quotidiana. I khalsa sono guerrieri, oltre che credenti e capifamiglia, e credono nella legittimità della "guerra santa", intesa come strumento per combattere le ingiustizie. Chi entra nei khalsa è tenuto a portare sempre con sé le "cinque k": kesh (capelli mai tagliati: chi se li taglia è un rinnegato); kacha (pantaloncini corti), kirpan (pugnale), kara (bracciale di ferro) e kanga (pettine).


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