MAOMETTO

 

La Gioventù

Rivelazione di Allah

Prime lotte con La Mecca

Trasferimento a Medina

La vittoria di Badr

La sconfitta di Uhud

Il trattato di Hudaybiyyah

L'addio di Maometto

 


La Gioventù

 

Maometto nasce alla Mecca nel 571. Il padre ‘Abd Allah muore poche settimane prima della sua nascita. A sei anni perse anche la madre. Dopo due anni morì anche il nonno che si era preso cura di lui. Il piccolo Maometto viene seguito dallo zio, Abu Talib, personaggio povero ma molto rispettato per la sua integrità e la sua generosità. Come abbiamo visto, la Mecca era un centro commerciale, carovaniero, così Maometto divenne un mercante e accompagnava Abu Talib nei suoi viaggi in Siria e Palestina.

Un giorno a un mercante dello Yemen fu tolta con l’inganno la sua mercanzia da un gruppo di meccani. Così questi scrisse una poesia satirica e la recitò in pubblico perché tutti l’ascoltassero. Venne riunita l’assemblea degli anziani e venne istituito un ordine cavalleresco con lo scopo di proteggere gli oppressi della città, abitanti o visitatori che fossero. Il giovane Maometto diventò un membro entusiasta di quest’organizzazione che fu chiamata Hilf al-Fudul (591).Oltre ciò Maometto aiutò spesso gli abitanti della Mecca a risolvere le loro dispute. Una volta la Kaaba si incendiò e fu completamente distrutta dal fuoco. Quando fu ricostruita, tutti clan della Mecca parteciparono alla sua ricostruzione, ma quando fu il momento di sistemare nel muro la sacra pietra nera, sorse una disputa tra i capi: tutti rivendicavano l’onore di posare la pietra. Alla fine decisero di comune accordo di scegliere un arbitro per risolvere la questione. Venne scelto il giovane Maometto. Egli stese un lenzuolo bianco sul pavimento, vi pose al centro la pietra nera e chiese a tutti i capi di prendere il lenzuolo e di portare la pietra verso il suo posto. Lì Maometto sistemò la pietra nel muro (605). Per la sua saggezza, integrità e onestà Maometto venne soprannominato al-amin "l’affidabile", "il fidato".

Un giorno quando Maometto aveva 23 anni (594) lo zio Abu Talib lo mandò a guidare in Siria una carovana di Khadijah, una ricca vedova. Le qualità di Maometto suscitarono l’ammirazione di Khadijah che l’anno dopo, nel 595, gli chiese di sposarla e Maometto accettò. La vedova, quarantenne, aveva 15 anni più di lui.

 


 

Rivelazione di Allah

 

Maometto aveva l’abitudine di recarsi in ritiro per meditare in una grotta sul monte Hira. Il 27 del mese di ramadan del 611, mentre era in meditazione udì una voce. Spaventato chiese "Chi è?" "Recita!" disse la voce. "Non sono di quelli che recitano" rispose Maometto. Si sentì afferrare e stringere con forza e poi lasciare. "Recita!" disse ancora la voce. Fu di nuovo stretto e per la terza volta la voce disse "Recita!". "Che cosa devo recitare?" rispose. "Recita! Nel nome del tuo Signore che ha creato: ha creato l’uomo da un grumo di sangue. Recita! Nessuno infatti è generoso come il tuo Signore. È lui che ha insegnato a usare il calamo, ha insegnato ciò che l’uomo non sapeva" (XCVI, 1-5). Maometto recitò e divenne l’inviato di Dio.

Tornato da Khadijah, Maometto le raccontò l’accaduto. Lei lo avvolse in un mantello, perché tremava tutto. Khadijah non ebbe alcun dubbio su quanto era accaduto sul monte Hira: quella era una rivelazione divina. Lei fu la prima convertita all’Islâm.

 

 


 

Prime lotte con La Mecca

 

Maometto diffuse il suo messaggio, in segreto, prima tra gli amici intimi e poi tra i membri del suo clan. A mano a mano che i seguaci aumentavano, cominciò a predicare più liberamente alla Mecca e nelle comunità vicine. I meccani non accettavano però il fatto che qualcuno attaccasse i loro dei e le loro antiche credenze. Diedero così inizio ad una campagna persecutoria contro il Profeta e il piccolo gruppo dei suoi seguaci. Obbligavano i musulmani a stendersi sulla sabbia rovente, ponevano enormi massi sul loro petto e versavano loro addosso ferro fuso. Diversi dei primi convertiti morirono, ma nessuno rinnegò la nuova fede. Quando l’oppressione divenne insopportabile, Maometto consigliò ai suoi fedeli di abbandonare la Mecca per l’Abissinia, cosa che molti fecero.

I meccani provarono a cambiare tattica: Maometto voleva forse la ricchezza o diventare un capo? Bastava che smettesse di predicare. Maometto rispose con fermezza: "Nel nome di Dio, se mettessero il sole nella mia mano destra e la luna nella mia mano sinistra, non lo farei". Allora i meccani cercarono di toglierli la protezione di Abu Talib e quindi del suo clan. Ma Abu Talib si rifiutò di consegnare Maometto ai meccani affinché lo uccidessero. I capi meccani decisero allora di isolare completamente Maometto e i suoi seguaci. Nessuno doveva parlare o intrattenere rapporti d’affari con loro. Anche le tribù che vivevano nei dintorni della Mecca aderirono al boicottaggio.

Durante questo duro periodo due gravi perdite colpirono Maometto: nel 619 morirono Abu Talib, lo zio che lo aveva sempre protetto, e l’amatissima moglie Khadijah. Questi eventi privarono Maometto di fondamentali sostegni pratici e affettivi. Ma nel 620 Dio concesse a Maometto un eccezionale esperienza: un incontro con Dio. Il mistico "viaggio notturno" dalla Mecca a Gerusalemme, seguito dall’ascensione al cielo. Scortato dalla sua guida celeste, Gabriele, Maometto ascese uno per uno i sette cieli incontrando i profeti principali che lo avevano preceduto: Mosè, Gesù, Abramo e Adamo, che per l’Islâm è il primo profeta. Al di là del settimo cielo Maometto oltrepassò i veli che coprono ciò che è nascosto e vide ciò che non è esprimibile, né immaginabile. Da questo viaggio Maometto riportò l’istituzione delle cinque preghiere quotidiane. Tutto ciò avvenne in un attimo. Così il Corano ricorda l’avvenimento: "Gloria a colui che di notte trasportò il suo servo dal Tempio Sacro al Tempio più remoto, di cui abbiamo benedetto il recinto, per mostrargli alcuni dei nostri segni. […] si avvicinò e restò sospeso, si avvicinò a due tiri d'arco o più vicino ancora e rivelò al suo servo quello che gli rivelò. [...] Il suo sguardo non deviò né si rivolse altrove, e certo egli vide il segno più grande del suo Signore" (XVII, 1/LIII, 8-18). Come si vede la descrizione è molto scarna, ma nel mondo islamico sono da sempre stati elaborati racconti più o meno particolareggiati di quest’ascensione e alcuni di essi hanno anche influenzato un altro famoso viaggio, quello che Dante Alighieri racconta nella Divina Commedia. La figura 5 riporta appunta una raffigurazione di un momento del viaggio di una di queste narrazioni tradizionali. L’ascensione di Maometto è anche cara ai sufi, i mistici dell’Islâm, per i quali rappresenta il paradigma della propria esperienza mistica.

 

 


 

Trasferimento a Medina

 

Nel 622 alcuni convertiti di Yathrib, Medina, importante centro a circa trecento chilometri dalla Mecca, offrirono a Maometto e ai suoi di trasferirsi nella loro città. Vista l’intollerabilità della situazione alla Mecca, Maometto accettò. Nel frattempo i meccani avevano deciso di ucciderlo. Il giorno stabilito entrarono in casa sua con l’intenzione di pugnalarlo nel sonno. Ma Maometto era appena partito per Medina e nel suo letto, per ingannare i meccani, si era disteso Ali. Un gruppo di meccani si gettò all’inseguimento. Maometto e Abu Bakr si nascosero in una grotta e successivamente raggiunsero sani e salvi Medina.

Questa emigrazione, l’egira, segna l’inizio del calendario musulmano, che è un calendario lunare, basato esclusivamente sulle fasi lunari. L’anno musulmano non tiene in considerazione i mutamenti stagionali. È più corto di 11 giorni rispetto al nostro e di conseguenza attraversa tutte le stagioni solari ogni trentadue anni e mezzo. Così se il mese del digiuno, il ramadan, cade in piena estate in un anno, dopo trentadue anni e mezzo cadrà nella stagione fredda.

A Medina Maometto istituì una città stato cui diede la prima costituzione scritta nota. Inoltre Maometto stabilì anche accordi e alleanze con le comunità che vivevano nei dintorni della città.

 


 

La vittoria di Badr

 

I meccani non gradivano questa situazione, in quanto Maometto e la sua comunità medinese costituivano un polo di attrazione per i meccani che desideravano convertirsi all’Islâm e così nel 624, dopo una meticolosa preparazione, un esercito di mille guerrieri perfettamente armati, molti dei quali a cavallo, marciò dalla Mecca su Medina. Maometto decise di affrontare l’esercito nemico fuori dalla città nella pianura di Badr. 313 musulmani, male equipaggiati, con due cavalli e settanta cammelli si scontrarono con i meccani e, dopo una cruenta e breve battaglia, i meccani vennero sconfitti, lasciando sul campo settanta morti e settanta prigionieri, oltre a gran parte del loro equipaggiamento. Alcuni giorni dopo la battaglia Maometto rilasciò i prigionieri catturati.

 


La sconfitta di Uhud

 

La sconfitta di Badr accrebbe nei meccani l’odio per Maometto e la comunità musulmana. L’anno dopo marciarono nuovamente contro Medina in tremila bene armati. Ad affrontarli c’erano questa volta settecento musulmani alle pendici del monte Uhud. Anche questa battaglia fu breve e cruenta. Le linee meccane vennero rotte e i combattenti respinti. Un gruppo di arcieri musulmani che si trovava sulla cima del monte Uhud con l’ordine di non muoversi, vedendo profilarsi una vittoria, abbandonò la posizione. Questo consentì ai meccani di ricomporre le file e riattaccare. Così una vittoria certa si trasformò in una parziale sconfitta. Settanta musulmani vennero uccisi e lo stesso Maometto venne ferito, ma l’esercito meccano venne comunque fermato ai piedi dell’altura. A quel punto i meccani decisero di ritirarsi promettendo di tornare l’anno dopo.

Il 626 venne trascorso dai meccani nei preparativi di una grande campagna che portasse alla definitiva distruzione dei musulmani. A tal scopo si allearono con varie tribù, anche ebraiche, stanziate nei dintorni di Medina e misero insieme un poderoso esercito di diecimila alleati. Maometto chiamò a consulto i suoi compagni per decidere quale strategia seguire e su consiglio di Salman al-Farsi, un persiano convertito all’Islâm, decisero di difendere la città scavando un fossato tutt’intorno. Per venti giorni e venti notti tutti i musulmani, compreso lo stesso Maometto, lavorarono alacremente per circondare la città con un immenso fossato. L’esercito meccano restò disorientato di fronte al fossato, in quanto una cosa simile non si era mai vista in Arabia, e dopo trenta giorni e trenta notti di infruttuosi assalti si ritirarono.

 


 

Il trattato di Hudaybiyyah

 

Infine nel 628 Maometto convinse i meccani a stipulare un patto: il trattato di Hudaybiyyah. A questo punto Maometto si dedicò sempre più a diffondere l’Islâm, inviando emissari presso i governanti dei paesi vicini. Molti di questi emissari vennero uccisi.

Nel frattempo, nonostante la tregua, i meccani più volte aggredirono i musulmani e razziarono le loro carovane. Così nel 630 Maometto inviò un ultimatum alla gente della Mecca: o rispettate il trattato stipulato tra noi o lo considerate definitivamente nullo. I meccani scelsero la seconda ipotesi e così Maometto con un esercito di diecimila musulmani si presentò alle porte della Mecca. I meccani impauriti si arresero. Contrariamente a quello che tutti si aspettavano, Maometto chiese ai capi della Mecca "Che cosa vi aspettate da me?". Quelli non risposero e Maometto disse: "Possa Dio perdonarvi. Andate in pace. A voi dico quello che Giuseppe disse ai suoi fratelli: oggi non cadrà su di voi alcuna responsabilità. Siete liberi".

 


 

L'addio di Maometto

 

Nel 631 dopo aver compiuto il suo pellegrinaggio alla Mecca, Maometto tenne il suo "discorso d’addio" ai 124.000 musulmani che si erano raccolti nella valle di ‘Arafat: "Non so se dopo quest’anno io sarò ancora tra voi. O popolo, proprio come ora consideri sacri questo mese, questo giorno, questa città, allo stesso modo dovrai considerare sacro affidamento la vita e la proprietà di ogni musulmano. Restituisci i beni che ti sono stati affidati ai loro legittimi proprietari. Non fare del male a nessuno cosicché nessuno faccia del male a te. […] Aiuta i poveri e vestili come vestiresti te stesso. Ricorda! Un giorno comparirai al cospetto di Dio e dovrai rispondere delle tue azioni. Dunque: attento! Non allontanarti dalla via della rettitudine, quando io sarò scomparso. O popolo, nessun profeta né apostolo verrà dopo di me e non nasceranno nuove fedi […] È vero che hai determinati diritti per quanto riguarda le tue donne, ma anche loro hanno dei diritti su di te. Trattale bene perché loro sono il tuo sostegno. […] Lascio due cose dietro di me: il Corano e il mio esempio, e se seguirai queste due guide non cadrai in errore. […] Adora Dio, recita le tue preghiere, digiuna nel mese di ramadan ed elargisci le tue ricchezze caritatevolmente. Tutti i credenti sono fratelli, tutti hanno gli stessi diritti e le stesse responsabilità. A nessuno è permesso di prendere ad un altro ciò che questi non gli offre spontaneamente. Nessuno è superiore ad un altro se non in virtù". A questo punto Maometto si rivolse al cielo e disse: "Sii mio testimone, o Dio, che ho portato il tuo messaggio al mio popolo". E tutta la valle rispose "In verità tu lo hai fatto, mio signore".

Pochi mesi dopo il suo ultimo discorso, Maometto si ammalò e nel 632, a 61 anni, morì. La comunità musulmana e gli stessi compagni più vicini a Maometto, si rifiutavano di riconoscere la morte del Profeta. Allora Abu Bakr, uno dei primi e più fedeli compagni di Maometto, nonché suo suocero, uscì dalla dimora di Maometto salì sui gradini della moschea e disse alla folla "O popolo, in verità, chiunque adori Maometto sappia che Maometto è morto. Ma chiunque adori Dio sappia che Dio è sempre vivo".

 

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