Ogni popolo ha avuto ed ha tradizioni sacre spesso raccolte in un libro. Gli ebrei hanno la Torah, i cristiani il Vangelo, gli indù i Veda, i taoisti il Tao Te Ching, i musulmani il Corano...Quel che stupisce è che ogni libro sacro parla all'uomo più che ad uno specifico popolo, fa godere di quella intelligenza che supera i limiti terrestri e contingenti. Il libro che in modo esplicito, chiaro, evidente afferma che ogni popolo ha il suo profeta ed il suo libro sacro, e che tutti sono stati inviati da Dio è il Corano. La rivelazione divina è universale per il Corano:
(2,213)"Erano un tempo, gli uomini una nazione sola, e Dio mandò i profeti, araldi ed ammonitori, e con loro rivelò il Libro pieno di Verità..."
Il Libro dunque non va inteso esclusivamente come testo visibile ma come sapienza scritta oltre il tempo e lo spazio. Ad esso hanno attinto tutti i messaggeri. Del resto nella prima sura l'aprente sta scritto che "Dio è il Signore dei mondi" ed è plausibile pensare a tutte le forme di vita intelligenti che hanno popolato e popoleranno l'universo, a meno di ritenere l'uomo l'unica creatura intelligente in una creazione cosmica infinita ed immensa la qualcosa limiterebbe il concetto che si ha del divino.
(Cor.31.27) Se tutti gli alberi della terra diventassero calami, e il mare, e sette mari ancora, fornissero l’inchiostro ,le parole di Dio non sarebbero esaurite
La Rivelazione è eterna e senza confini. Il Corano afferma che Dio ha inviato ad ogni popolo il suo messaggero ed il suo libro (nel Libro) ( 7,52-10,47 e 74 -8,4-15,10-16,326 e 43-17,15-22,75-30,46-35,24-37,72 e 176) e che tutti saranno giudicati in base a quanto di esso hanno conosciuto. Come a dire che nel cuore è nascosto un tesoro di consapevolezza e coscienza scritto da sempre e poi riflesso all'esterno dai messaggeri. Da questo punto di vista è propriamente rivelazione (velare nuovamente) mentre per la percezione del cuore sarebbe più corretto parlare di svelamento. E' ribadito in tre punti che chi prega nel divino (ossia in Sé) e si comporta onestamente è approvato da Dio. (2,62- 5,69- 4,124) quindi non già esclusivamente chi segue una fede particolare
"uomini e donne, ebrei cristiani sabei e chiunque prega il divino e compie il bene quegli avrà il suo paradiso e non sarà leso da nulla."
Per cui il musulmano è tenuto ad accettare e rispettare tutte le fedi come provenienti da Dio ed a non imporre le sue regole e la sua fede .
(2,256)"nessuna costrizione in fatto di religione
E ancora:
(18.29) La verità emana dal Signore. Creda chi vuole, non creda chi non vuole.
Per il Corano sono tutti musulmani i credenti in un profeta ed in un libro sacro. Ciò feconda un autentico ecumenismo (termine che significa "insieme delle terre" ) ,un dialogo tra le religioni non falsato dalla pretesa più o meno subdola di questa o quella di essere "più rivelata" delle altre. Le religioni sono di Dio (o meglio la pulsione di fede oltre il loro aspetto burocratico ) , non di Gesù, di Maometto o del Buddha. Se Dio avesse voluto, dice il Corano, tutti i popoli avrebbero lo stesso credo, se così non è va rispettata una ragion d'essere superiore. L'apparente diversità dei messaggi è conseguente a quella dei popoli. Ogni fede autentica porta a Dio, come i fiumi portano al mare. Nel mondo tutto svanisce, ogni forma naturale e culturale perisce, ricorda il Corano, per cui solo canalizzando la propria esistenza contingente al sentimento mistico dell'Unico non ci si smarrisce.
Casi di fanatismo ed incomprensione di questa o di altre religioni , se vogliamo guardare alla sostanza, non ci devono sviare. Esattamente come distinguiamo il Vangelo dall'inquisizione come un'aberrazione fatta dagli uomini in nome di Dio così dobbiamo separare i casi di fondamentalismo islamico dal Corano.
Ma cosa significa" rivelazione " e fino a qual punto l'uomo che la raccoglie, come un recipiente l'acqua, ha un ruolo in essa? La ricerca interiore di alcuni uomini arrivati all'illuminazione è armonica con la rivelazione stessa, quanto discende dal cielo svela quello che si libera dall'identificazione con l'esistenza contingente. Ossia lo tensione di forza (jihad) per sottrarsi all'ignavia, alla consuetudine facendo il bene e acquistando Conoscenza va di pari passo a quella vocazione, quell'aiuto interiore del Sé che va svelandosi. Questo è il significato della Jihad che alcuni hanno confuso con la "guerra santa" termine coniato dalla cristianità per le crociate. Le guerre non sono mai sante per nessuna religione, per nessun testo sacro ma solo per la follia umana. Il gioco della guerra nasce solo dall'immaturità e dalla devianza psichica. ( E' evidente comunque che per legittima difesa è giusto contrattaccare come ha fatto Maometto contro i meccani che cercavano di eliminare lui ed i suoi seguaci. )
E' affermato dal Libro che i profeti sono inviati da Dio . Qui si vuole sapere cosa c'entra Maometto col Corano (che letteralmente significa "recitazione" ma è chiamato anche " il distinguente"). Consideriamo pure questo punto di vista orizzontale ed entriamo nella storia. Maometto era sposo della ricca vedova Cadigia e con lei amministrava l'attività commerciale. Nei suoi viaggi come capo carovaniere ha incontrato nuove idee religiose, altre fedi e culture. Presumibilmente aveva anche colloquiato con gli asceti preislamici, gli hanif, che credevano in un Dio unico. Forse sull'esempio degli asceti che si ritiravano a meditare in certi periodi alla stregua dei monaci siriani ( il "viaggio interiore" periodicamente intrapreso dai sufi, i mistici dell'Islam) , il profeta cominciò ad appartarsi nella caverna di Hira. Certamente quest'uomo aveva raccolto molte idee e riflessioni portandole a maturazione in una visione colta ed elevata. Ormai quarantenne, la tradizione dice che durante la meditazione gli apparve l'arcangelo Gabriele per rivelargli le prime sure del Corano. Era il giorno 27 del mese di Ramadan dell'anno 611 d.C. ( l'arcangelo con tanto di ali è solo una rappresentazione mistica, nell'Islam sapienziale è l'equivalente del concetto di Spirito Santo ma non inteso come persona divina bensì come Attributo divino) .
Il profeta è illuminato , il suo cuore trabocca ed all'invito di scrivere egli si sente impotente a raccogliere un messaggio così vasto ma l'ordine è perentorio ed egli riesce, grazie a Dio, a trattenere nella sua fibra umana questa rivelazione. Le rivelazioni si susseguirono nel corso della sua vita per i successivi ventitré anni, indicandogli anche la via da seguire tra mille difficoltà, dovette infatti, tra l'altro, difendersi dagli attacchi dei meccani che volevano sopraffare lui ed i suoi segaci. Le sure vennero raccolte dal suo segretario Zahid ibn Thabit e custodite dai primi califfi Abu Bakr, Omar ( poi da sua figlia Hafsa vedova del profeta) ed Uthman e sarà proprio quest'ultimo a dare l'incarico a Zahid di guidare una commissione per la redazione finale del testo. Il materiale delle 114 sure sarà ordinato non cronologicamente ma secondo uno schema grossomodo quantitativo, dalle più lunghe alle più brevi, eccezion fatta per la prima sura, l'aprente. E' importante considerare che, ancor vivo il profeta, molti conoscevano a memoria il Corano e che le versioni "diverse" differiscono soprattutto per l'ordine ed il titolo delle sure. Il Corano dunque che leggiamo ha quella originalità che manca o è per lo meno dubbia in altri testi sacri, come quelli dell'antico ( più volte redatto come un muro ridipinto) e del nuovo testamento (con diverse versioni poi dette apocrife, molte scomparse o fatte scomparire).
Tra le traduzioni in italiano del Corano a detta degli esperti, valida è quella di monsignor Peirone, di gusto ma non rigorosa quella del Bausani, ma è da preferire quella in francese di Si Boubakeur Hamza . Ho trovato eccellenti i commenti del Corano di Gabriele Mandel nel "Il Corano Senza Segreti" ed.Rusconi, e di Syyed Hossein Nasr all'interno di "Ideali e Realtà dell'Islam" e "Il Sufismo" ed.Rusconi. Certo è che la bellezza anche poetica, ritmica ed evocativa del testo sfugge ad ogni traduzione. L'ammissione che sia un testo inimitabile è compresa pienamente solo da chi conosce l'arabo e le sfumature che i termini e le frasi contemplano (chissà quante perse nei secoli dalla percezione linguistica!). Per fare un esempio sul volgare una poesia dialettale può essere splendida ma tradotta si appiattisce appunto perché perde la ricchezza evocativa della lingua originale. Comunque sia i concetti elevatissimi del Testo rimangono, ed anche quelli adeguati ad aspetti pratici e giuridici (si pensi a chi era rivolto subito il Corano, a gente rozza ed incolta) colpiscono per la ragionevolezza e l'equilibrio e per l'avanguardia rispetto all'epoca, ridando diritti e dignità spirituale all'uomo ed alla donna (nel medioevo cristiano alla donna ed alle altre etnie non era riconosciuta ufficialmente un'anima), dignità alla giurisdizione in un invito costante al dialogo per evitare forme di gerarchica prevaricazione. La visione eguagliante degli uomini tuttavia rispetta qualità e valori. L’amico e successore del profeta Abu Bekr , tenne questo discorso:
(dalla"vita di Maometto"di TabAbu bekr ) Musulmani, ho accettato il potere solo per evitare discordie, lotte e spargimento di sangue. Oggi come ieri sono vostro uguale. Posso fare il bene ed il male. Se agirò bene ringraziate il Signore ,se agirò male, correggetimi e avvertitemi. Finche obbedirò a Dio obbeditemi, se mi allontanerò dalla sua volontà cessate di obbedirmi e ritenetevi sciolti dal giuramento che mi avete prestato...
La dura legge del taglione è mitigata , invitando dove è possibile ad essere comprensivi, pronti alla riconciliazione ed al perdono:
(39-40) (sono perdonati) coloro che, colpiti da una violenza, difendono se stessi; perché un male reclama come pagamento un male eguale. ma chiunque perdona e si riconcilia verrà ricompensato da Dio. in verità egli non ama i prevaricatori)
(42,40) "Un male ha per pagamento un male eguale. Ma chiunque perdona e si riconcilia verrà ricompensato da Dio. In Verità Egli non ama gli ingiusti "
Il profeta unificò durante la sua vita la penisola arabica. Lo troviamo compagno ed amico di chi lo seguiva, pronto al dialogo ed a dissipare ogni forma di prevaricazione. I suoi successori (i quattro califfi ben guidati: Abu Bekr, Omar, Uthman e Alì ) tennero preziosa la sua saggezza e presero consiglio dal Corano. Purtroppo come in ogni comunità umana ci furono incomprensioni e lotte tra fazioni che determinarono l'assassinio di Uthman e di Alì ( 661) e quindi la divisione tra i sunniti (la maggioranza che era per l'elezione democratica del califfo) e gli sciiti ( favorevoli invece a mantenere il califfato all'interno della famiglia del profeta ). Nonostante questo l'Islam si espanse non tanto per una politica offensiva quanto perché le popolazioni lo accettavano volentieri essendo allora il più tollerante e progredito . Quando era califfo Alì l'Islam aveva esteso il suo influsso dalla Spagna alla Cina. Il vero miracolo, sorprendente da un punto di vista storico, è che in pochi decenni dal Corano emerse una civiltà che dalla grezza e semiprimitiva vita dei beduini divenne il faro di civiltà nel mondo medioevale a cui ampiamente l'occidente cristiano attinse.
E’ dunque necessario vedere nel Libro né la sola metafisica né la sola contingenza normativa ma il suo fluire nei tempi oltre la sua cristallizzazione fisica. Esso non si impone dogmaticamente ma si svolge dinamicamente:" quando noi cambiamo un versetto con un versetto dicono, i miscredenti, sei un bestemmiatore! "(16,101) .ed ancora:"Se noi abroghiamo un qualsiasi versetto o lo facciamo dimenticare, ne apportiamo uno migliore o equivalente. Non sai tu che in verità Dio è onnipotente?"(2,106) Richiede comprensione. Da qui una estesa letteratura sufi sui veli del Corano, da quello letterale a quelli via via più nascosti e prossimi alla Realtà. Un velamento identico a quello di tutta la Realtà dalle forme apparenti alle essenze. Evolvere significa svelarsi alla Realtà nella Realtà. Nessun concetto, nessuna immagine naturale e simbolica è adeguata al divino. I sufi ricordano sempre:"I cieli e la terra non mi contengono ma mi contiene il cuore del mio fedele"
Il Corano è il libro di Allah quando Allah significa Dio (al Lah=la divinità) per cui anche un arabo cristiano dirà che crede in Allah. Non è dunque un nome caratteristico di Dio. Ed è il Corano non il profeta a costituire la rivelazione, essendo questo comunque un essere umano. Solo da Lui può discendere ogni grazia ed ogni bene, per quanto si incanali, per così dire, anche negli inviati e nei maestri . "Nulla è simile a Lui, Egli è Inconoscibile, non generato né generante" dice il Libro nella Sura 112. Nel Corano il divino è spogliato di ogni antropomorfismo e residuo idolatrico sebbene parli spesso per similitudini e parabole ( affermando chiaramente che si tratta solo di simbolismo fiabesco ogni descrizione del soprannaturale come quelle dell'inferno e del paradiso) . Questa è l'immagine offerta del divino :
(24, 35-37): Dio è la luce dei cieli e della terra. La sua luce è come una nicchia in cui si trova una lampada, lampada entro un vetro, vetro come un astro scintillante, ha luce da un Albero benedetto: un olivo né dell' oriente né dell'occidente , il cui olio illumina quasi senza che foco lo tocchi.Luce su luce. Dio guida verso la sua luce chi Egli vuole, e Dio (Dio è onnisciente) conia degli esempi per (le) genti... Luce che irradia calore (amore) in eterno. Ma anche questo è metafora, è solo un esempio.
Per cui l'inviato non è un essere sovrumano, né quindi ovviamente Verbo divino, ma un suo strumento. I profeti sono comunque esseri umani, Dio è l'unico, Dio è il più grande ("Allah Akbar" formula rituale pronunciata durante la preghiera in una sottomissione, o meglio, immersione totale in Lui ) . Dio si rivela in loro, come del resto si rivela in ogni cosa, nell'universo infinito Suo specchio, attraverso le Sue qualità ed i Suoi nomi. Da questo stato di prossimità nel divino essi splendono della Sua Luce. Parafrasando AlJili, il profeta è come un anello che ha incastonato il gioiello dell'Essenza (Dhat) . Ma i nomi di Dio non sono Dio, sono solo Sue manifestazioni ed Attributi. Tradizionalmente ne vengono elencati 99 tratti dallo stesso Corano ed il centesimo, segreto ed indicibile, è detto conferisca il potere sulla vita e sulla morte , in quanto va' oltre il manifestato dei nomi, stando esso alla fonte e non nel fluire delle forme, appetibile dall'essere stesso nell'estinzione (al fana) della sua forma. La sua conoscenza è come sbarrata dall'individualità, crosta e fango sull'essenza . L'individualità , pur importante sul suo piano e che anzi deve essere pienamente realizzata in armonia con quanto la trascende, per sé stessa è solo vanità come " il mondo è un gioco ed una distrazione" ( 57,20) ed è per questo che
(XXVIII,32) "il fine ultraterreno l’abbiamo destinato a coloro che non vogliono esaltare se stessi su questa terra"
Ma veniamo alla storia coranica del Kidr la quale mette in evidenza il mistero di Dio e la sua Giustizia. Spesso sento persone che dicono: "non credo più in Dio perché c'è del male nel mondo" ma che ne sappiamo noi, in assoluto, di cosa è bene e male? Noi non possiamo escludere che tanta sofferenza nasca per espiazione (di vite o meglio di "esistenza" precedente come credono molti sufi) o per prova, o comunque secondo disegni non costringibili nella logica umana. Certo è che la sofferenza nasce dal vero male dell'ignoranza, prima di tutto quella di non armonizzarsi col Principio di tutti gli opposti. Da qui la pace (Salam) ed ogni bene di cui Dio è dispensatore. Il mondo è irradiato di felicità e bellezza sebbene non sia la felicità e la bellezza. Nella storia che sentiremo a dar prova di mancanza di adeguata conoscenza è il profeta Mosè. Egli chiede ad un enigmatico personaggio "servo dei nostri servi" identificato dai sufi col Kidr, maestro e legislatore nascosto od angelo che sia, di istruirlo (per certi tratti esso ricorda quell'altrettanta misteriosa figura di Melkisedek di cui parla la Bibbia, sacerdote di Dio altissimo, senza padre né madre e a cui si inchina il profeta Abramo).
Trovammo là un servo fra i Nostri servi, al quale avevamo elargito misericordia, al quale avevamo insegnato Noi stessi una certa scienza. Mosè gli disse:-Posso seguirti, per imparare qualcosa di quel che conosci? E l'altro:- In verità non potrai sopportare con pazienza la mia compagnia. Come potresti sopportare con costanza ciò di cui non hai ancora afferrato il significato? - Se Dio vuole mi troverai costante,- disse-né disobbedirò ai tuoi ordini.- Ebbene-fece l'altro; - se mi segui non ti interrogherò affatto su quello di cui non ti avrò ancora parlato. Partirono tutti e due, e quando furono saliti sui una barca, l'uomo vi praticò una falla. Allora Mosè:- Vuoi forse annegare la gente dato che pratichi una falla? In verità hai commesso un atto riprovevole. E l'altro:-Non ti avevo detto che non avresti potuto sopportare con pazienza la mia compagnia?-Non prendertela con me per una cosa che avevo dimenticato; e non impormi un compito difficile. Ripartirono entrambi ; e quando incontrarono un bambino, l'uomo lo uccise.- Hai ucciso un individuo puro, o è in cambio di un altro individuo? In verità hai commesso un atto inaudito. E l'altro: -Non ti avevo detto che non avresti resistito con costanza in mia compagnia? - Se dopo questo ti interrogherò ancora su una qualsiasi cosa, allora non verrò più con te. Accetta le mie scuse. Ripartirono entrambi, e quando furono vicino ad una città, chiesero cibo agli abitanti, ma essi rifiutarono loro l'ospitalità. Poco dopo videro un muro che stava per crollare e l'uomo lo restaurò. Allora Mosè disse:- L'hai fatto senza chiedere un pagamento! Allora l'uomo disse: - Questa è la separazione fra noi due. Ma ti farò conoscere il significato di ciò che non hai potuto sopportare con pazienza. La barca appartiene a povera gente che lavora in mare: Volevo porla al riparo, perché dietro di noi veniva un re che si impadroniva di ogni barca. Quanto al bambino, suo padre e sua madre sono dei credenti; e temevamo che imponesse loro la sua ribellione, la sua miscredenza. Noi abbiamo voluto che il Signore lo sostituisca con un più puro e più degno di tenerezze. E quanto al muro, appartiene a due ragazzi orfani di quella città, e sotto vi è un tesoro che appartiene a loro. Il loro padre era un dabben uomo. Il Signore ha dunque stabilito che entrambi raggiungano il pieno vigore e trovino il tesoro; come misericordia da parte del Signore, dato che non l'ho fatto per mia scelta. Ecco ciò che non sei riuscito a sopportare con costanza.
Per finire credo che due debbano essere gli approcci fondamentali per studiare un testo sacro. Uno è scientifico come avendo davanti un oggetto qualsiasi da esaminare e verificare. L'altro è all'opposto, mistico, in cui per fede e percezione se ne coglie la saggezza e l'ispirazione spirituale. In entrambi i casi v'è un grande guadagno poiché ci si libera dalla miseria dell'ovvio, della ripetizione fine a se stessa. "Il sangue del sapiente vale ben di più di quello del martire" . E Maometto invitava alla ricerca, a non fermarsi sul già dato: "il sapere va' cercato fino in Cina"(adith), ossia nelle estreme possibilità dello scibile umano. E comunque con umiltà. Dal senso del limite nasce quello di una vastità incommensurabile di possibilità di sapienza delle cose interiori ed esteriori (una riflesso dell'altra secondo il simbolismo della croce, verticalità dell'Essere ed orizzontalità dell'Esistenza) . L'uomo in fondo è sulla terra per cercare. E le scoperte, se la Realtà è infinita, non hanno mai fine.
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