SIRACUSA in età Araba

 

Gli Aghlabiti salpati nell'827 da Susa avevano dato inizio alla conquista araba della Sicilia. Allo sbarco a Mazara, succedette l'assedio di Siracusa. Ma la città resistette per più mesi, "anima della resistenza antimusulmana", quasi presagendo che la conquista araba avrebbe segnato il suo definitivo declino. Conquistata Palermo nell'831 e le altre città di Sicilia, la dinastia emirale aghlabita forzò ancora inutilmente negli anni '60 Siracusa.

      Con Ibrahim ibn al Aghlab si era avuto il primo emirato arabo d'occidente, vassallo del Califfato abbaside, ma di fatto indipendente.

       Si dovette a questa dinastia il progetto di occupazione dell'isola essendo stati chiamati dall' ufficiale bizantino Eufemio. La conquista dell'isola attraverso i governatori aghlabiti avvenne come per processo di continua erosione dei territori bizantini per settanta anni, e culminò con la conquista e la distruzione di Siracusa nel maggio dell'878 dopo un lungo assedio.

       L'antica metropoli della Sicilia visse da sola la sua tragedia: investita dai musulmani di Giafar, la città resistette strenuamente nel nucleo più antico di Ortigia, per nove mesi. Alla fine "crollata la torre sul Porto Grande, il 21 maggio dell'878 fu presa".

       La caduta della famosa città quasi simbolo dell'ellenismo in occidente e della civiltà bizantina in Sicilia fu molto rimpianta attraverso la pubblicistica bizantina ed e registrata nella cronaca di Cambridge ("avvenne la distruzione di Siracusa") da Ibn al Athir, storico mesopotamico, e soprattutto dall'epistola greca di Teodosio, monaco e grammatico.

       Egli, sopravvissuto all'eccidio, successivo alla presa della città, scrive dalla prigionia palermitana all'arcidiacono Leone: " siamo stati conquistati, siamo stati conquistati". Con questo lamento biblico inizia 1'epistola e prosegue col racconto dell'assedio e della presa: "la popolazione allo stremo e ridotta a mangiare ossa macinate mescolate con 1'acqua della fonte Aretusa, mali indicibili e con essi le malattie". Crollata 1'ultima resistenza, gli Arabi entrano in città e giustiziano subito i più prodi nella difesa.

        Irrompono poi nel Duomo dove Teodosio stesso si era rifugiato accanto all'Arcivescovo della città. Fanno razzia del materiale sacro e accumulando ben 5.000 libbre di bottino, (cioè circa una tonnellata e seicento,) sono poi deportati, con la torma dei prigionieri civili nella nuova capitale, Palermo. Per ben due mesi ancora i vincitori si dedicano al saccheggio e allo smantellamento dei bastioni dell'espugnata città.

       Per la capitale bizantina è decretata la fine e la rovina. "La città di Gelone e di S. Lucia soccombette eroicamente nella difesa della sua grecità e cristianità" (Gabrieli), ma la forza della tradizione o il valore dei monumenti della grecità, ancora simbolo e segno del glorioso passato fecero sì che essa risorgesse dalle macerie fumanti sebbene ristretta nel piccolo agglomerato urbano di Ortigia.

       La Cattedrale è probabilmente trasformata in moschea e permangono nell'isola i segni che testimoniano la continuità della vita. Però per volontà dei nuovi dominatori, durante la dominazione araba, Siracusa rimase una città di importanza minore, cedendo definitivamente fino a tutto il Medioevo il posto di capitale a Palermo e avendo come titolo quello di capitale del val di Noto, una delle tre grandi aree con val Demone e val di Mazara, in cui gli Arabi divisero la Sicilia.

       I musulmani furono tolleranti con i cristiani, ma non permisero 1'erezione di nuove chiese. Nessun monumento sembra possa essere attribuito ai nuovi conquistatori, tranne il Castello Marieth, edificato sulle rovine della residenza dello stratego sull'istmo, poi distrutto dal terremoto del 1542.

       Ma all'interno dell'impianto urbano di Ortigia, la presenza islamica si legge nell'urbanistica che struttura lungo gli assi di scorrimento viario deviazioni a vicoli e cortili. Questo tipo d'impianto sembra leggersi a Siracusa nei quartieri della "Graziella" e della "Spirduta."

       Sappiamo che quasi un secolo dopo 1' espugnazione, un nuovo insediamento cristiano e musulmano si ebbe nell'isola: testimoniano la continuità di vita le ceramiche ad engobbio, di produzione delle varie botteghe artigiane che certamente qui agirono, e due iscrizioni a caratteri cufici, una nel tempio di Apollo e 1'altra al Castello Maniace. Ma nonostante lo stato di degrado a paragone dell'antico splendore, le voci arabe che parlano della città lo fanno entusiasticamente. Nel silenzio che incombe sulla storia di Siracusa araba, irrompe nel 1038 1'avventura di Maniace, strategos autocràtor (Generalissimo) bizantino che tenta la riconquista dell'isola.

       Chiamato in causa da lotte interne degli emiri Kalbiti, Giorgio Maniaches riprese 13 città della Sicilia orientale tra cui Siracusa e le fortificò riparando le cinte murarie e costruendo cittadelle. Il Castello che sorge sulla punta di Ortigia porta il suo nome, sebbene sia stato riedificato ex novo da Federico II. Come segno della vittoria e secondo una sua consuetudine egli inviò all'imperatrice Teodora a Costantinopoli le reliquie di S. Lucia trovate a Siracusa, mentre da Costantinopoli egli avrebbe portato i due arieti bronzei, di età ellenistica, che sarebbero stati collocati nella fortezza da lui costruita. Durò un biennio 1'effimera riconquista, perché richiamato in patria Maniace, (per invidia di Stefano Ammiraglio) la città fu ben presto perduta (1040), mentre riprendeva la guerra interna tra le fazioni arabe che avrebbe fornito le basi per la riconquista cristiana.

       Siracusa ridiventa protagonista per un suo signore, Ibn ath-Thumna (1062) che, emerso fra gli emiri locali, per mantenere il potere chiamò in aiuto i Conti di Altavilla, dando inizio alla conquista normanna dell'isola. Ma toccava ad un altro arabo di Siracusa, 1'emiro Benavert, "Syracusae et Noti princeps callidissimus et militari exercitio deditus", il destino di "coniugare la sua avventura personale con 1'ultima resistenza araba in nome della razza e della fede" (Gabrieli).

       In altri termini Siracusa, nella sua storia millenaria, è ancora il propugnacolo di estrema resistenza.

       Iniziata la conqusta normanna, essendo nel 1072 già conquistata Palermo da Roberto e Ruggero, rimaneva una sacca di resistenza nella Sicilia orientale. Contro questa, nell'86, si muove il Conte Ruggero a capo della flotta, mentre il figlio Giordano guida le forze terrestri.

       Nel Porto Grande si affrontano in battaglia navale i due condottieri, il normanno e 1'arabo, e Benavert tenta 1'arrembaggio della nave di Ruggero, ma ferito mentre tenta di spiccare un salto verso la nave vicina, cade in mare ed è tratto a fondo dalla grave armatura.

       Ruggero fa ripescare il corpo di quel valoroso per mandarlo in Africa agli Ziriti. Con la morte dell'emiro, cade la resistenza e Siracusa si arrende a patti nell'ottobre del 1086.

       La totale conquista dell'isola avviene nel 1091 con la caduta finale di Noto dove avevano trovato ultimo rifugio la moglie ed il figlio di Benavert "trapassando veloci con leggera imbarcazione tra le navi dei vincitori".

       Si chiude così con un eroe la parentesi della conquista araba che per Siracusa era passata nel grigiore, oscurità di eventi, che non aveva però mortificato mai 1'amore dei suoi figli, se 1'ultimo ricordo e il rimpianto per la Sicilia araba trova espressione nella voce del poeta siracusano Ibn Hamdis. Nato a Siracusa, sembra aver passato a Noto la giovinezza, per abbandonare ventenne 1'isola sotto 1'incalzare della conquista normanna.

       Nel suo "Divano", antologia poetica, raccolta dall'Amari, risuona con nostalgia la dolcezza della patria perduta e lo sgomento per la nuova situazione. "0 stupore, i diavoli (gli infedeli) si sono insediati nelle ardenti costellazioni celesti e Siracusa e diventata loro una salda dimora, li dove van visitando fra i rovi gli avelli".

 

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