SLAVI e  CRISTIANESIMO

 

Il cristianesimo cominciò a penetrare fra gli Slavi, per vie diverse, già dal sec. VI in poi. Quei popoli slavi che si stabilirono nei territori della Penisola balcanica, entrarono qui in contatto con centri di un cristianesimo antico, che l'epoca delle invasioni e lo spostamento della popolazione indigena non erano riusciti ad annientare totalmente. Focolai del cristianesimo antico esistevano anche sul litorale settentrionale del Mar Nero, e con essi gli Slavi orientali ben presto entrarono in contatto. Bisanzio dal lato suo contribuiva con vari mezzi a propagare la fede di Cristo fra gli Slavi meridionali e quelli orientali. Questo processo di propagazione del cristianesimo in via d'evoluzione ricevette la sua consolidazione e riconoscimento con la conversione ufficiale, avvenuta per detti popoli slavi in vari momenti fra la seconda metà del IX e la fine del X secolo.

Nell'865, sotto il principe Boris (852-889), il cristianesimo fu riconosciuto come religione ufficiale nello stato bulgaro, e fu istituita una gerarchia ecclesiastica, con a capo un arcivescovo, poi dal 927 un patriarcato riconosciuto da Costantinopoli, abolito nel 972 dai Bizantini e restaurato nel 1235, sino alla conquista turca nel 1393-96'. A Costantinopoli si reagiva energicamente ad ogni tentativo dei Bulgari di staccarsi dalla giurisdizione e dalla dottrina bizantino-ortodossa, avvicinandosi come avvenne nei sec. IX, X, XIII e XIV - alla Chiesa di Roma. Più complicata è la storia del cristianesimo fra i Serbi ed i Croati: propagatori della fede qui erano, accanto ai Bizantini, i missionari romani.

La conversione dei Serbi avvenne nell'epoca di Basilio I (867-886), ma soltanto nel 1220 i Bizantini - scacciati da Costantinopoli nel 1204 e confinati nella città microasiatica di Nicea acconsentirono a nominare l'ex-principe Saba arcivescovo ed a riconoscere l'autonomia giurisdizionale della Chiesa serba. La proclamazione di un patriarcato serbo nel 1346 provocò talmente l'ira di Costantinopoli, gelosissima per la sua supremazia, che ne conseguì una scissione per ben 30 anni. La conversione dei Russi al cristianesimo e l'organizzazione della relativa gerarchia ecclesiastica furono il risultato di fattori diversi.

A prescindere dall'influsso della Chiesa di Roma, penetrato in alcuni territori ed in certi momenti particolari a, bisogna rilevare l'azione dei centri antichi sul litorale del Mar Nero, l'azione dei centri bulgari d'allora (Preslav e Ochrida), poi l'influsso bizantino e quello che veniva dalla Grande Moravia. Così, il cristianesimo trovò seguaci già nel secolo IX, ma la conversione ufficiale del principato russo di Kiev avvenne soltanto sotto il principe Vladimir (978-1015), nel 988. Per mire politiche, economiche e militari, il governo di Costantinopoli ed il patriarcato impiegarono tutto il loro potere e ricorsero ad ogni mezzo per mantenere nell'immensa terra russa - nonostante l'opposizione latente o aperta dei principi e del popolo stesso - una gerarchia ecclesiastica di origine bizantina e docile ai loro desideri. Dopo l'invasione dei Tartari nella prima metà del sec. XIII e, Kiev perse la sua importanza come centro politico ed ecclesiastico e già all'inizio del '300 come nuovo nucleo di unificazione politica e culturale si istituì Mosca, dove si trasferì pure il centro della vita religiosa ed ecclesiastica. Nelle relazioni ecclesiastiche fra Costantinopoli e Mosca durante la seconda metà del '300 e la prima metà del secolo seguente si riflette lo svolgersi degli avvenimenti politici qua e là, essendo in questo mondo orientale, più che altrove, indissolubilmente connessi il potere temporale e quello spirituale, l'ultimo spessissimo subordinato al primo.

Era indubbio dunque che Bisanzio, in continua decadenza generale a causa soprattutto della conquista turca, non potesse mantenere la supremazia non solo politica, ma nemmeno ecclesiastica nel giovane, pieno di energia stato russo, la cui ascesa era più che evidente. I primi sintomi gravi di disubbidienza dinanzi a Costantinopoli, con il suo patriarcato, si avvertono verso la fine del '300. Quando poi, nel corso della prima metà del '400, l'Impero bizantino, facendo sforzi disperati per resistere all'avanzata dei Turchi e sopravvivere grazie ad un aiuto militare dell'Occidente europeo, intavolava con la Chiesa di Roma quelle lunghe trattative per l'unione ecclesiastica come condizione preliminare ad ogni soccorso militare, ciò venne condannato come un vero tradimento. La "Terza Roma ", minacciando di staccarsi, si dichiarò depositaria e interprete dell'ortodossia e, in nome di questa dottrina e di questa manifestazione fondamentale della civiltà bizantina, rivolse le spalle all'Impero Orientale, senza porgergli alcun aiuto militare nei giorni terribili della primavera del 1453.

La cristianizzazione "ufficiale" degli Slavi fu accompagnata da un fervido impulso a costruire e ad abbellire edifici di culto, che dovevano rispondere alle necessità della nuova fede. Insieme con i dommi della fede, con la gerarchia ecclesiastica e ogni cosa collegata con l'attività liturgica, gli Slavi presero da Bisanzio le prescrizioni relative alla forma architettonica degli edifici di culto, come anche alla decorazione interna ed esterna, con opere di pittura, di mosaici e delle arti minori. In ciò essi subirono, da un lato, l'influsso dei monumenti architettonici e artistici della bassa antichità, che trovarono più o meno intatti nelle terre ove si stabilirono nei secc. VI-VII e, per quanto riguarda gli Slavi russi, sul litorale settentrionale del Mar Nero; da un altro lato si prendeva modello da Bisanzio e dai suoi maggiori centri culturali, quali la capitale Costantinopoli, la città di Salonicco e alcune altre città nella Penisola balcanica e nell'Asia Minore. Riconoscendo l'importanza dell'influsso bizantino nell'attività artistica, con ciò però non si deve giungere alla negazione totale di ogni valore originale dei monumenti artistici slavi. Bisogna non dimenticare mai che Bisanzio fu, nel senso vero della parola, per molti secoli un impero, con una popolazione plurinazionale e con le pretese di dominare la "oikumene", cioè tutta "la terra abitata", ossia "l'universo".

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