CROAZIA     

 

I croati furono gli ultimi a raggiungere la penisola balcanica intorno al 630, provenienti dalle terre a nord dei Carpazi su invito del governo bizantino che li impiegò nell’Illirico, fra la Drava e la Cetina, per combattere gli àvari.

I croati erano un popolo di agricoltori e mantennero il loro stile di vita, radunati intorno ai capi tradizionali. Nel secolo VII i croati si convertirono al cristianesimo. Si eresse una diocesi che comprendeva tutta la regione nella città di Nin e in seguito ottennero il permesso di utilizzare la lingua croata per le funzioni religiose.
Nel secolo VIII le varie tribù si organizzarono in gruppi più grandi, che costituirono i due ducati di Pannonia e Dalmazia. Dopo la pace dell’anno 812 tra i franchi e i bizantini, la Pannonia andò all’impero franco e la Dalmazia a Bisanzio. A metà del secolo IX, entrambi i ducati si liberarono e alla fine del secolo si unirono formando il primo regno croato indipendente.

I croati hanno sempre gravitato, dal punto di vista confessionale e politico, intorno all’orbita papale ed occidentale attraverso la mediazione magiaro-absburgica. Costituirono già nel X secolo un regno abbastanza potente, che nel XII si unì, per vicende dinastiche, alla corona d'Ungheria pur conservando la propria individualità storica.

Tomislav e i suoi eredi combatterono contro l’impero bulgaro in Pannonia e contro l’espansione di Venezia sulla costa dalmata. L’impero bizantino aiutò Stjepan Drzislav (969-997) a difendersi da Venezia, tuttavia ristabilì la sua influenza sull’Adriatico.

Petar Kresimir (1058-1974) ruppe con Bisanzio e rafforzò i suoi vincoli con il papato. In questo periodo, la Croazia arrivò al massimo della potenza e dell’espansione territoriale.
Nel periodo di governo di Kresimir, il paese restò diviso tra un gruppo latino, favorevole al re, cui si opponevano i nazionalisti che contavano sull’appoggio popolare. Quando Dimitrije Zvonimir, su invito del Papa, cercò di coinvolgere il regno in una guerra contro i turchi selgiuchidi, l’opposizione lo accusò di essere un vassallo del papato e lo assassinò nel 1089. La guerra civile segnò il declino del regno.

Sul finire del XIV secolo la Croazia si trovò a dover svolgere la funzione di antemurale della cristianità minacciata dalla marea montante musulmana. In seguito i croati persero parecchi territori ceduti ai turchi o ai veneziani (la Dalmazia fu veneziana dal XV secolo al XVIII sec.).

All'inizio del Cinquecento, insieme con gli ungheresi, essi riconobbero il dominio degli Asburgo, che erano l'unica potenza capace in questa parte d'Europa di tenere testa ai turchi. La casa d'Asburgo inglobò dunque nei suoi possessi anche una parte delle terre croate, garantendone gli antichi privilegi e impegnandosi a difenderle. Per far ciò costituì lungo la frontiera bosniaca un cordone sanitario, in cui insediò i fuggiaschi serbi: il territorio fu sottratto all'amministrazione di Zagabria e sottoposto direttamente al ministero della guerra di Vienna. I suoi abitanti erano dei soldati-contadini, obbligati a lasciare i campi e a combattere quando ce ne fosse bisogno. La frontiera militare, che complicò notevolmente la struttura etnica della Croazia orientale, divenne così un'ulteriore barriera fra i popoli slavi, che vivevano al di qua e al di là di essa: i bosniaci e i serbi, inseriti nel mondo levantino, i croati e gli sloveni in quello mitteleuropeo.

Per tutto il XV secolo i croati, sottomessi dal 1102 ai sovrani ungheresi, subirono innumerevoli incursioni turche. Il 9 novembre 1493 la nobiltà croata tese una trappola a circa 8000 irregolari musulmani di ritorno da una di queste scorrerie. Lo scontro avvenne a Krbava ma la vittoria non arrise alle truppe cristiane.

Le conseguenze della battaglia di Krbava furono terribili: i territori della Lika e l’adiacente litorale adriatico rimasero praticamente privi di difesa, costringendo la popolazione a un esodo (fino alla Puglia, all’Austria e alla Slovacchia) protrattosi per decenni. Nell’area - conquistata dagli ottomani e divisa in sangiaccati - si crearono così le condizioni per l’insediamento dei " valacchi " di religione ortodossa, provenienti dall’interno della Serbia.

La radicale trasformazione etnica delle terre esposte alle incursioni turche fu soltanto parte del prezzo che la Croazia dovette pagare alla poco invidiabile condizione in cui era venuta a trovarsi. La "piccola guerra" che gli ottomani condussero nei due secoli successivi sulla linea Jajce - Sisak - Zagabria - Lubiana - Trieste, contemporaneamente alla "grande guerra" diretta verso Buda e Vienna, tarpò le ali allo sviluppo e alla maturazione del feudalesimo croato, impedì il rafforzarsi delle autonomie cittadine, approfondì la divisione del paese tra una sfera d’influenza veneziana, relativamente al sicuro dai turchi, e una magiara sottoposta alla loro incessante pressione. Quando nell’agosto del 1526 il giovane re d’Ungheria e di Polonia Ludovico II Jagellone perse, nella battaglia di Mohacs contro le truppe di Solimano il Magnifico, l’esercito e la vita, la Croazia, abbandonata a se stessa, non potè far altro che ricorrere all’aiuto degli Asburgo, l’unica potenza dell’Europa Centrale che sembrasse capace di opporsi all’offensiva ottomana. 

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