CLAUDIO
"Cara Livia, come mi hai chiesto, ho discusso con Tiberio se dare un qualche incarico a tuo nipote Claudio in occasione dei giochi di Marte, e siamo giunti ad una comune decisione: se è normale - ma ne dubito - è necessario trattarlo come suo fratello e concedergli incarichi e responsabilità secondo il suo rango; se invece non lo riteniamo in possesso di tutte le facoltà fisiche e mentali, sarà bene non esporre al ridicolo né lui né la nostra famiglia…."
Così si esprimeva Augusto in una
lettera a sua moglie Livia riferendosi a Claudio, figlio di Druso e quindi
nipote della stessa Livia che, al momento del suo matrimonio con Augusto, era di
Druso già incinta.
Descritto come malaticcio e incerto sulle gambe, balbuziente, per tutta la vita
torturato da dolori allo stomaco così forti da farlo più volte pensare al
suicidio, con uno sgradevole sorriso e la bocca che schiuma bava quando è preso
da un eccesso d'ira, Claudio è una figura singolare e probabilmente a torto
ricordato dalla maggior parte delle fonti come assolutamente inetto e stolto.
Nasce a Lugdunum (Lione) il primo di agosto del 10 a.C., terzo figlio di Nerone Druso, il fratello di Tiberio, e Antonia Minore, sorella di Augusto. Ritenuto mentalmente ritardato fin da piccolo, non gode nemmeno della considerazione dei suoi più stretti familiari, tanto che la madre si riferisce spesso a lui come a "una caricatura d'uomo che la natura ha dimenticato di portare a termine" e ne fa la pietra di paragone della stupidità, mentre Augusto si limita a definirlo misellus (poverino). Costantemente escluso dalla vita politica - Augusto gli concede solamente una simbolica carica sacerdotale e quasi lo dimentica anche nel suo testamento relegandolo fra gli eredi di terzo grado - ottiene solo nel 37 d.C. dall'imperatore Gaio (detto Caligola e figlio di Germanico, fratello di Claudio) di essere suo collega di consolato per soli due mesi. Ma anche questa carica gli è conferita giusto per salvare le apparenze.
Nonostante trascorra buona parte della sua vita all'ombra dei suoi altolocati parenti, Claudio diviene fortunosamente imperatore all'età di cinquant'anni suonati, immediatamente dopo la congiura nella quale Caligola viene ucciso. Volendo leggere in questo un segno benevolo della fortuna, le fonti ricordano che già egli aveva avuto segnali di predestinazione durante il suo primo ingresso al Foro avvenuto parecchi anni prima. Si narra infatti che in quell'occasione un'aquila fosse volata proprio sopra Claudio, finendo poi per posarsi sulla sua spalla destra.
La vicenda che vede Claudio divenire
imperatore assume quasi i toni del ridicolo. Si racconta che, con il cadavere di
Caligola ancora caldo e il palazzo imperiale invaso dai pretoriani in armi,
Claudio, terrorizzato, si sia nascosto dietro una pesante tenda sperando di
passare inosservato. Un soldato, attraversando la stanza, vede però i piedi del
futuro imperatore spuntare dal drappo. Riconosciutolo, insieme agli altri
commilitoni accorsi, lo solleva di peso portandolo all'accampamento militare.
Qui Claudio trascorre l'intera notte in preda al panico, certo che gli verrà
riservata la stessa fine del nipote appena assassinato. Invece, mentre il Senato
si interroga sulla opportunità di restaurare la repubblica e il popolo, che
guarda a Claudio con simpatia, minaccia tumulti invocandolo come unico possibile
imperatore, i pretoriani gli giurano fedeltà decretando definitivamente la sua
nomina nonostante egli non possa certo vantare lo stesso glorioso passato
militare del fratello Germanico, morto nel 19 d.C. e idolatrato dalle truppe.
Claudio, ancora incredulo per lo scampato pericolo e felice per l'insperata
considerazione, dispone immediatamente una donazione di quindicimila sesterzi a
ciascun soldato, risultando così il primo imperatore disposto
a pagare la fedeltà dei pretoriani.
Esagerato e morigerato al tempo stesso, modesto e iracondo, imprevedibile e
ovvio ai limiti della stupidità, Claudio è forse la personificazione della
contraddizione. Rifiuta di essere chiamato imperatore e rifugge da qualsiasi
ostentazione di potere. Onora i famigliari morti come primo atto del suo
imperio, conferisce onori divini alla nonna Livia, proibisce qualsiasi
festeggiamento nel giorno della sua elezione in quanto anche giorno della morte
del nipote Caligola, proclama un atto di amnistia per tutti quelli che, prima
del suo avvento al potere, hanno invocato la restaurazione della repubblica.
Contemporaneamente, però, fa giustiziare alcuni di coloro che hanno congiurato
contro Caligola, pur facendo annullare di tutti gli atti del suo predecessore.
Di solito mite, si lascia trascinare da
eccessi d'ira e da palesi crudeltà e prova un perverso piacere di fronte ai
patimenti di coloro che vengono sottoposti a tortura, attardandosi ad osservare
le smorfie di dolore sul volto dei condannati. Ama visceralmente i combattimenti
al circo e spesso costringe anche gente comune a combattere nell'arena. Si pone
però con modestia nei confronti del senato e dei magistrati e assiste come un
normale spettatore ai giochi che questi ultimi offrono al popolo, tributando
loro un rispettoso saluto come un cittadino qualsiasi.
Si occupa dell'amministrazione della giustizia con estremo impegno, non diserta
i suoi doveri nemmeno durante le feste comandate, revisiona varie disposizioni
di legge che ritiene inique, cercando di inasprirle o di renderle maggiormente
tolleranti a seconda dei casi. Tuttavia, nonostante il suo fervente impegno teso
ad una migliore amministrazione della giustizia, le fonti riportano velenosi
aneddoti su sentenze quanto mai bizzarre e dettate dall'umore del momento.
"Sono d'accordo con chi ha ragione" lo si sente decretare
durante un processo, sotto lo sguardo allibito di giudici e magistrati che ben
presto non lo tengono in nessuna considerazione.
E ancora, arriva a promulgare sentenze
a favore di una delle parti contendenti semplicemente perché quella avversa non
si è presentata al processo; abbandona precipitosamente un'udienza nel Foro di
Augusto per correre a sedersi a tavola quando improvvisamente giungono alle sue
narici i profumi invitanti di un banchetto nel tempio di Marte; si addormenta
durante i processi russando rumorosamente a causa dell'insonnia che tormenta le
sue notti.
Non è da escludersi però che tanti e tali eccessi riportati dalle fonti siano
stati ad arte ingigantiti da un senato in parte spodestato dall'imperatore nella
competenza sui casi di tradimento e quindi fortemente irritato nei confronti di
Claudio. La perseveranza dell'imperatore nell'adempimento dei propri doveri
diviene proverbiale tanto che le monete coniate sotto il suo impero ricordano la
"constantia augusti".
Evidentemente consapevole dei suoi limiti, Claudio arriva addirittura a tentare
di giustificare le sue stranezze dicendo di aver sempre simulato un
comportamento ai confini dell'idiozia per scampare alla congiura contro Caligola.
Nessuno, ovviamente, gli crede e comincia a circolare un irriverente libello dal
titolo "La congiura degli stolti". Nel 42 d.C. il governatore
dell'alta Illiria, Marco Furio Camillo Scriboniano, sobilla un tentativo di
ribellione, soffocato però sul nascere. La cosa spaventa tanto Claudio da
portarlo a vivere in continua apprensione e lo induce a inasprire le misure di
sicurezza nei confronti della sua persona con tale rigore da farlo uscire
indenne da almeno sei complotti orditi contro di lui.
Quanto alle azioni militari, che pure
non mancano, Claudio non vi partecipa mai direttamente. E' presente solo durante
la conquista di Camolodunum, l'odierna Colchester, allora capitale del
territorio dei Belgi nella bassa Inghilterra. La campagna di Britannia è
infatti vittoriosamente condotta da Aulo Plauzio che annette definitivamente
l'Inghilterra meridionale e centrale all'Impero, impresa fallita sotto Caligola.
Nello stesso periodo, Claudio annette all'impero anche due provincie della
Tracia, che diventano così provincia romana a tutti gli effetti e preziosa
fonte di reclutamento di truppe.
Relativamente alle truppe ausiliarie,
Claudio dà particolare enfasi alla concessione della cittadinanza a coloro che
hanno prestato servizio nell'esercito per almeno venticinque anni, allargando
tale diritto anche ai loro figli e alle mogli, e continuando nella elargizione
dei cosiddetti "diplomi" di bronzo già introdotti dai suoi
predecessori.
Questo non è certo in contrasto con la visione che Claudio ha dell'Impero.
Dimostrando una visione politica straordinariamente moderna, egli infatti tende
a ritenere la composizione multietnica dei territori annessi una possibilità di
progresso piuttosto che un elemento disgregante. Pur rimanendo convinto della
superiorità dei cittadini romani nei confronti dei provinciali, Claudio
caldeggia la presenza in senato anche di membri provenienti dalle provincie non
ancora "romanizzate".
Come già ricordato, l'impegno con il quale Claudio si adopera durante tutto il suo "mandato" è indubbio. Non potendo fare tutto da solo, cerca la collaborazione di personaggi, soprattutto liberti, come Polibio (ministro a studiis, che conferisce le cariche in nome dell'imperatore), Callisto (ministro a libellis, che vaglia le petizioni provenienti da tutto l'impero) e, soprattutto, Narciso (ministro ab epistulis, che sbriga tutta la corrispondenza di Claudio, conoscendone perciò ogni segreto), tutti potentissimi e ricchi oltre misura, anche più dello stesso imperatore che non brilla certo per una oculata amministrazione dei suoi beni personali. Affilate lingue di corte infatti, affermano che se "si fosse preso come soci i suoi liberti le sue casse avrebbero rigurgitato denaro". Claudio si occupa anche con particolare interesse del miglioramento delle opere pubbliche, in particolare degli acquedotti, terminando le grandiose costruzioni del- l'Aqua Claudia e dell'Anio Novus.
Nella vita coniugale, Claudio non è
certo assistito dalla fortuna. Sposa in prime nozze Plauzia Urgulanilla dopo due
fidanzamenti finiti malamente, il primo perché la famiglia della sua promessa
sposa offende pubblicamente Augusto, il secondo perché la sua fidanzata, Livia
Medullina, muore proprio il giorno delle nozze. Dopo il divorzio da Plauzia,
Claudio sposa Elia Petina dalla quale ben presto si separa per la condotta
indegna e scandalosa della donna, finendo per impalmare nel 39 d.C. ( al peggio
non c'è mai fine) la quattordicenne e bellissima Messalina, rimasta famosa nei
secoli come "meretrix augusta".
Svetonio, Tacito e Dione Cassio descrivono Messalina come afflitta da tre vizi
capitali, libido, saevitia, avaritia (lussuria, crudeltà e avidità) e di lei
Giovenale racconta con satira feroce che, non appena Claudio si addormentava,
travestita da donna comune e con una parrucca bionda in testa per nascondere i
lunghi capelli corvini, si recava accompagnata solo da una ancella in uno dei più
malfamati postriboli della città per trascorrervi l'intera notte offrendosi a
chiunque, dietro pagamento di una manciata di monete, pur di appagare
l'insaziabile lussuria.
Claudio manderà a morte Messalina dopo un tentativo di colpo di stato ordito
dalla donna e da Gaio Silio, uno dei suoi amanti, con l'intenzione di porre sul
trono Britannico, il figlio di appena sette anni dell'imperatore e della stessa
Messalina. La congiura, perpetrata durante un viaggio di Claudio a Ostia, viene
sventata dal liberto Narciso. Raccontano le fonti che Claudio, disgustato dalle
sue esperienze matrimoniali, avrebbe poi dichiarato di fronte ai suoi
pretoriani: "Rimarrò celibe per sempre. Vi autorizzo a mandarmi a
morte nel caso cambiassi idea."
L'imperatore, comunque, non rimane fedele ai suoi propositi e nel 49 d.C. convola a giuste nozze con Agrippina Minore, alla quale è legato da un profondo affetto. Agrippina è figlia di suo fratello Germanico e, pur di sposarla, Claudio ottiene persino dal senato la modifica della legge che impediva matrimoni tra consanguinei.
Sarebbe stato sicuramente meglio che Claudio evitasse il suo quarto matrimonio perché, se anche i pretoriani non lo puniscono come da lui invocato, è la stessa Agrippina a provvedere. L'imperatore muore infatti nell'ottobre del 54 d.C., all'età di sessantaquattro anni, dopo aver mangiato dei funghi avvelenati. La prima indiziata della sua fine è sicuramente Agrippina, preoccupata che la freddezza mostrata negli ultimi tempi dall'imperatore nei suoi riguardi possa compromettere l'eredità al trono di Nerone, suo figlio di primo letto. Agrippina, infatti, trama da sempre nell'intento di scalzare il figlio di Claudio, Britannico, dalla possibilità di successione e ha già indotto l'imperatore ad adottare Nerone dopo il matrimonio di quest'ultimo con Ottavia, la sorella di Britannico.
I funerali di Claudio vengono celebrati
in modo solenne e viene decretata la sua "apoteosi", cerimonia nella
quale il corpo dell'imperatore viene bruciato su una pira dalla quale, al
momento dell'accensione, viene fatta volare via un'aquila a simboleggiare
l'ascesa dell'anima al cielo. Dopo pochi anni, però, con Nerone imperatore,
cominciano a diffondersi su Claudio impietose dicerie e della sua figura si fa
una penosa parodia. Lucio Amneo Seneca - che Claudio ha mandato in esilio per
"intercessione" di Messalina durante lo scandalo che vede coinvolto il
filosofo e Giulia Livilla, la figlia minore di Germanico - scrive contro il
defunto imperatore la dissacrante opera "'Apococyntosis Divi Claudii"
(la trasformazione in zucca del Divo Claudio!).
Nonostante le stravaganze e i comportamenti palesemente ottusi raccontati dai
suoi contemporanei, Claudio è comunque un uomo di profonda cultura grazie alla
quale sa mostrare momenti di straordinaria apertura mentale Plinio il Vecchio lo
annovera tra i cento scrittori più colti del suo tempo e Livio, durante la
gioventù di Claudio, si dichiara sicuro che egli avrà un luminoso futuro come
storico.
Claudio compone numerose opere letterarie tra le quali una storia etrusca in
venti libri, una storia di Cartagine in otto libri e altrettanti libri
autobiografici, andati purtroppo tutti perduti. Scrive anche un saggio
sull'alfabeto romano, al quale aggiunge tre nuove lettere che vengono però
eliminate subito dopo.
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