COSTANTINO E LICINIO: I° GUERRA 



 Dopo la morte di Massimino l'impero ebbe la pace solo per pochi mesi, poi la guerra civile scoppiò nuovamente e questa volta tra i due imperatori.
Gli storici affermano che lo scontro fu causato da una congiura ordita da Bassiano marito di Anastasia, contro il cognato Costantino; una congiura alla quale avrebbe partecipato Licinio, e può anche darsi; ma il vero motivo della guerra deve ricercarsi nell'ambizione del figlio di Costanzo Cloro e in quello squilibrio che si era venuto a creare dopo la scomparsa di Massimino
Caio Licinio si era venuto a trovare padrone delle più vaste e più ricche province dell'impero e -ciò che più conta- in possesso dell' Illirico, miniera inesauribile di soldati e da dove si poteva minacciare seriamente l'integrità dei territori d'Occidente. 
Costantino che mirava a diventare l'unico padrone di tutto l' impero, fallito il tentativo di far suo l'Illirico, colse il pretesto  per muovere guerra al collega a causa del rifiuto oppostogli da Licinio di consegnargli Senecione -uno dei congiurati- che si era rifugiato alla sua corte.

Con la risolutezza che gli era solita, Costantino invase prima l'Illirico. Con sé aveva un esercito piuttosto scarso come numero - venticinquemila uomini circa in tutto - ma era composto di soldati agguerriti che avevano una grandissima fiducia nel loro capo e questi, d'altro canto, contava sul proprio talento e sulla rapidità delle sue mosse. Due battaglie furono combattute: una a Cibale, in Pannonia, sulla Sava, l'8 ottobre del 314, l'altra presso Adrianopoli, nella pianura tracica di Mardia.

 L'una e l'altra finirono con la vittoria di Costantino. Non furono però vittorie decisive: il vincitore disponeva di poche truppe per poterle sfruttare; mentre il nemico, sebbene sconfitto, aveva grandi riserve pronte e con le quali rendeva difficile il vettovagliamento dell'esercito d'Occidente, infine l'inverno avanzava e costituiva un alleato prezioso per Licinio. 

Per questi motivi Costantino accettò le proposte di pace che il rivale gli offriva, ed ebbe per sé il Norico, la Dalmazia, la Pannonia, parte della Mesia, la Macedonia, la Dacia l'Epiro e la Grecia. Licinio conservò il resto della Mesia, la Scizia e la Tracia e sacrificò Cajo Aurelio Valente che durante la guerra aveva nominato Cesare. 
Alla stessa dignità Costantino innalzò il proprio figlio Crispo, avuto dalla prima moglie Minervina, e l'altro figlio Flavio Claudio Costantino; dal canto suo Licinio nominò Cesare il figlio Liciniano.

La pace conclusa dopo la battaglia di Mardia durò circa nove anni. Pareva che la tetrarchia dioclezianea fosse stata restaurata, ma in sostanza - pur essendo uno l'impero - come al tempo di Diocleziano, non era invece unico l'indirizzo politico, specialmente nei riguardi della religione. Se per alcuni anni Licinio rispettò l'editto di Milano, mantenendosi inizialmente neutrale in mezzo ai vari culti, Costantino fece una politica apertamente più favorevole al Cristianesimo e senza perseguitare i pagani. 
Egli accordò al clero l'esenzione dalle imposte e dai munera civilia, riconobbe alla chiesa il diritto di accettare legati ed eredità ed accrebbe l'autorità dei vescovi considerando valide le loro sentenze nelle cause civili, il che rappresentava un grandissimo privilegio per i Cristiani che venivano sottratti al giudizio dei tribunali di Stato. E non solo con i privilegi Costantino si assicurò l'appoggio della chiesa ma anche con i donativi; e fu tale il prestigio che egli riacquistò tra i Cristiani da esser chiamato a dirimere le loro contese interne (anche se erano puramente di carattere teologico, lui che era, e rimase sempre  un adoratore del dio Sole).

Torna a COSTANTINO