COSTANTINO E LICINIO: II° GUERRA
La lotta che da tempo si andava preparando tra Costantino e Licinio assumeva
anche un carattere religioso. I Cristiani d'Oriente erano tutti per Costantino,
per l'imperatore che concedeva ampia libertà di culto, che dava somme per la
costruzione di chiese, che si circondava di Cristiani, che teneva in grande
stima i vescovi, che si adoprava per appianare e risolvere le contese, che
assegnava a un corpo delle sue migliori guardie, come insegna, il labaro
sormontato dalla croce, per quell'imperatore che essi consideravano cristiano.
Ma cristiano Costantino non lo era; era un monoteista. Ma la sua politica era così
abile che sembrava pagano ai pagani e cristiano ai cristiani.
La guerra che l'uno e l'altro andavano da tempo preparando, scoppiò nel 323.
Forse per rendere più sicura la frontiera del Danubio, forse per avere pronte
truppe contro il collega e forse anche per l'una e l'altra cosa insieme,
Costantino aveva effettuato un concentramento di milizie nell'Illirico.
Nell'estate del 322 i Goti condotti da re Rausimondo, avevano passato il
Danubio. Costantinoli aveva sconfitti e inseguiti oltre il fiume.
Un'altra invasione di Goti aveva avuto il medesimo risultato. Si crede
che, guerreggiando contro questi barbari, Costantino sia passato nei territori
balcanici appartenenti a Licinio costrettovi da necessità belliche. Ma questa
violazione costituì il casus belli.
Le ostilità furono iniziate nell'estate del 323 e la prima battaglia venne
combattuta il 3 luglio. Licinio con un esercito molto più numeroso di quello
del rivale, aveva preso posizione sopra una collina che dominava l'Hebro (Maritza),
nelle vicinanze di Adrianopoli. Con una manovra che ricorda quella usata presso
Verona contro Ruricio Pompeiano, Costantino passò il fiume e, minacciando di
aggirare il nemico, lo costrinse a lasciare la sua posizione. Ingaggiatosi il
combattimento, questo ebbe un esito favorevole per Costantino. Licinio,
sconfitto, riparò a Bisanzio e vi venne assediato, mentre Abante il suo
ammiraglio, con una flotta di duecento navi tentava di impedire che la flotta
nemica inferiore per numero di navi, comandata da Prisco, primogenito di
Costantino che nel 320 si era segnalato sul Reno contro i Franchi e gli
Alemanni, forzasse l'Ellesponto e prestasse man forte all'esercito. Ma anche sul
mare la fortuna fu contraria a Licinio: a Gallipoli la sua flotta venne
sconfitta e il giorno dopo, sbattuta dai venti, dopo aver subito molte perdite
fu costretta a rifugiarsi a Calcedonia.
Qui Licinio che non poteva più sostenersi a Bisanzio, raggiunse Abante e si
preparò a chiudere al rivale la via dell'Asia. Ma non gli riuscì: padrone del
mare, Costantino passò il Bosforo, e Licinio dovette affrontarlo con un ultimo
esercito.
La battaglia ebbe luogo a Crisopoli (Scutari) il 18 settembre e la vittoria fu
ancora di Costantino.
Licinio corse a chiudersi a Nicomedia. Sperava forse di poter fronteggiare
ancora il rivale, ma, quando seppe che Bisanzio e Calcedonia si erano arrese,
ogni sua speranza svanì. Sua moglie Costanza, sorella di Costantino, ottenne
che questi giurasse di lasciare salva la vita al cognato, e Licinio il 23
settembre di quello stesso anno, si arrese al vincitore, che lo relegò a
Tessalonica.
Sei mesi dopo però, accusato, forse a torto, di complottare con i barbari
d'oltre il Danubio a danno di Costantino, Licinio veniva messo a morte. La
stessa sorte subiva il generale Martiniano, creato Cesare durante la guerra, e
Costantino diventava padrone di tutto l'impero romano che la sua scaltra
politica e il suo talento militare avevano unificato.
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