COSTANTINO CONTRO MASSENZIO: PRIME BATTAGLIE
La guerra si andava maturando in Occidente tra Massenzio
e Costantino. Il
primo continuava nella sua politica filopagana, che lo accostava a Massimino, e
aspirava a diventar padrone delle province sottoposte a Licinio e a Costantino.
Anche se aveva sotto di sé numerose truppe, non godeva il favore del popolo né
quello del Senato, il quale, pur essendo l'ombra di sé stesso, desiderava in
qualche modo risorgere.
Costantino, pur rimanendo un devoto del dio Sole, rispettava i suoi sudditi
pagani al pari dei Cristiani, anzi di molti di loro amava circondarsi; era in
segreti rapporti con i senatori e si procurava l'amicizia e l'appoggio di
Licinio promettendogli in moglie la sorella Costanza. Costantino non disponeva
di un esercito numeroso come quello di Massenzio, ma in compenso le sue truppe
erano agguerrite e disciplinatissime e molto devote al loro imperatore che era
stato capace più volte di portarle alla vittoria contro i Pitti in Britannia o
contro i Franchi e gli Alemanni oltre il Reno.
Il primo ad iniziare le ostilità fu Costantino, che, lasciata a guardia del
Reno e della frontiera britannica parte delle sue truppe, con un esercito di
cinquantamila uomini, la maggior parte veterani, nel 312 passò le Alpi
attraverso il Moncenisio e scese in Italia.
La prima resistenza la trovò a Segusia (Susa) ma fu presto superata: la città
fu presa d'assalto dai suoi uomini e subito incendiata. Le fiamme non
distrussero Susa; Costantino, che era dotato di finissimo tatto politico, volle
cominciare la sua campagna con un atto di clemenza ed ordinò agli stessi suoi
soldati piromani che l'incendio venisse subito spento.
Poi marciò su Torino, nei cui pressi venne combattuta una grande battaglia.
L'esercito mandato da Massenzio era dotato di un forte corpo di cavalleria
pesante. Costantino seppe evitarne l'urto facendo aprire abilmente il proprio
fronte e si sbarazzò dei cavalieri nemici con assalti laterali eseguiti da
schiere armate di mazza. Sbaragliata la cavalleria, la fanteria di Massenzio fu
messa in rotta e cercò riparo dentro le mura delle città, ma questa una volta
tutti dentro chiuse le porte ma le aprì a Costantino e vennero poi tutti
sterminati; compiuta la strage, avanzando in poco tempo si rese padrone di
quasi tutta la Transpadana e Milano lo accolse trionfalmente.
Un esercito di Massenzio stava al campo presso Brescia, ma, messo in rotta anche
questo da Costantino, dovette riparare a Verona. Ruricio
Pompeiano, valentissimo
generale che comandava le truppe di Massenzio, schierò l'esercito sull'Adige,
ma Costantino seppe superare l'ostacolo e con una rapidissima marcia passò
il fiume a monte di Verona ed investì da nord la città, dove il nemico si era
ritirato. Ruricio allora tentò di eseguire un piano che, se gli fosse riuscito,
avrebbe troncato a mezzo la spedizione di Costantino. Egli uscì segretamente da
Verona e, messosi alla testa di nuove milizie, ritornò contro il nemico
sperando di averne ragione. La fortuna gli fu avversa, l'abilità di Costantino
fece fallire il disegno di Ruricio.
L'imperatore non abbandonò il blocco di Verona intorno alla quale lasciò parte delle truppe, col resto andò contro Pompeiano. La battaglia fu accanitissima e per lungo tempo l'esito rimase incerto, ma quando Ruricio cadde, l'esercito nemico fu sbaragliato. Verona si arrese e ne seguirono l'esempio Modena ed Aquileia.
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