GUERRA
TRA MASSIMINO E LICINIO
Poi Massimino segretamente incominciò i preparativi per una guerra contro
Licinio e nell'inverno del 312-13, mentre Licinio si trovava ancora in Italia e
non si aspettava di essere attaccato, passò con un forte esercito di qua dal
Bosforo, prese d'assalto successivamente Bisanzio, Eraclea e Perinto, e marciò
verso Adrianopoli.
Qui corse precipitosamente ad incontrarlo Licinio. Di molto
inferiori erano le sue forze, ritenne quindi opportuno il cognato di Costantino
fare delle proposte di pace al suo rivale, ma questi, sentendosi sicuro, rifiutò.
Il 30 aprile del 313 si venne a battaglia nei Campi Sereni, tra Eraclea ed
Adrianopoli dove si dice che Licinio facesse ai suoi soldati innalzare una
preghiera al Deus Summus et sanctus :
Dio supremo, noi ti preghiamo, - Dio
santo, noi ti preghiamo. — Ogni giusta causa a te raccomandiamo; a te la
nostra salvezza raccomandiamo, — a te raccomandiamo il nostro impero....
La vittoria fu dell'esercito di Licinio. Massimino in fuga, dovette ripassare il
mare e fuggire in Bitinia; il vincitore non rimase a dormire sugli allori: il 13
giugno entrava a Nicomedia e vi pubblicava l'editto di Milano. Il vinto si era
ritirato in Cappadocia e, mentre si apprestava a raccogliere forze per sbarrare
al nemico i passi del Tauro, mutava la sua politica e cercava con un suo editto
di guadagnarsi le simpatie dell'Oriente cristiano.
Ma era troppo tardi: i Cristiani avevano accolto Licinio come liberatore e non
avevano interesse alcuno di parteggiare per l'antico nemico il cui mutamento reLigioso non era certo sincero.
Poi nel dicembre lo stesso anno Massimino che si trovava a Tarso improvvisamente
morì.
Con la scomparsa di Massimino, Licinio diventava il padrone dell'Oriente. Poteva
essere clemente dopo il trionfo: ma non volle, temendo per sé in un avvenire
prossimo o lontano delle sorprese, così fu spietato contro le tre
famiglie imperiali. La moglie di Massimino la fece perire nell'Oronte e i due
figlioletti e i ministri li mandò a morte; poi fece uccidere anche il figlio di
Galerio e il figlio di Valerio Severo. Né qui si arrestò la ferocia del
vincitore: perirono pure nella strage di Tessalonica la moglie e la figlia
dello stesso Diocleziano che erano nella città.
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